STORIE

A volte ritornano: papà Lele

scritto da SF storie

Non posso certo dire di essere stato un ragazzo padre.

Ho scelto di troncare una relazione malata e me ne sono dovuto andare, come impone la legge che ho seguito anche senza essere sposato, rinunciando alla convivenza coi miei due figli maschi, in cambio di un po’ di quotidiana serenità per me e per loro.

Vivendo la lacerazione dell’anima di un adulto con un bambino orfano dentro, adoloescente orfano di mamma, cresciuto poi in una famiglia a geometria molto variabile, con una nuova mammastra che porta in dote tre figli al mio papà, che aveva una neonata in braccio e altri quattro figli piccoli orfani a cui badare.

Ma siccome tutto fa brodo, comunque, si cresce; e la vita si dipana, si sviluppa e si avviluppa, fa rami e porta frutta.

In Italia la casa coniugale, indipendentemente dalla proprietà, va alla mamma, sempre ed in ogni caso, insieme all’affidamento dei figli.

E quindi, io, come tutti i papà separati italiani, ho cominciato la mia transumanza fra varie case in affitto, fra convivenze ed ospitalità; situazioni a geometria variabile in funzione dell’età dei figli, del lavoro precario e capriccioso e del reddito sempre più basso.

Cercando di ricostruire, week end dopo week end, una smallfamily intermittente, liquida, faticosissima.

Cercando di cogliere nei figli un trama, un racconto sempre interrotto, una continuità impossibile.

E cercando di non credere alle statistiche, che dicono che tu hai mangiato un pollo.

Ma tu non ti ricordi il sapore del pollo, sei sicuro di non averlo mangiato, anche se le statistiche dicono che tu hai mangiato un pollo.

E sai benissimo che cosa vuol dire: che qualcun’altro ne ha mangiati due, di polli.

Ed esattamente come dicono le statistiche, un uomo separato, over 50, con una casa di proprietà data alla ex moglie e ai figli, precario e italiano ha enormi possibilità di finire a dormire sotto i portici.

Come molti degli homeless che si vedono in giro in tutte le città, non più drogati o ubriaconi, ma padri sperduti che per preservare la loro dignità trasformano gli 80 x 200 cm del loro materasso appoggiato sopra i cartoni sul marciapiede in un simulacro di casa, con una cassetta della frutta come comodino, con sopra il libro ed il computer e ai piedi del letto il cappello per le offerte.

Ci vuole in attimo, ve lo assicuro, e non è fiction né reality.

Si chiama realtà.

Quindi, a volte, i padri ritornano.

Con una valigia in mano, aprono la porta della loro casa con il vecchio mazzo di chiavi ripescato in un cassetto, con la determinazione di rivendicare che il ciclo di vita della mamma affidataria è terminato, che i figli in questa società non saranno mai autosufficienti, e che a 25 anni o lo sono o non lo sono, non importa, sono adulti in grado di decidere dove, come e con chi stare.

Con la determinazioni di dire ad una ex compagna che un affidamento non equivale ad una usucapione, che non basta pagare la bolletta della luce per intestarsi una proprietà, che la vita non è fatta di certezze ma di evoluzione costante.

Senza nessun livore, mamme smallfamilies, ma anche i padri hanno diritti e spesso poche colpe.

A volte ritornano. E questa volta tocca a voi traslocare.

foto: Bohocommunity.org

autore

SF storie

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