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Angelo Casati: una teologia del cuore per le famiglie, tutte

Angelo Casati, sacerdote, poeta, scrittore, è autore di numerose opere da cui sempre emerge una personale “teologia del cuore” in linea con il suo stile di vita: “farsi prossimo” degli altri, chiunque essi siano e qualunque siano le loro condizioni e scelte di vita, in un costante sforzo sia di comprensione sia di condivisione della sua visione della vita davvero “larga”. Vive a Milano, è persona nota ed è anche un mio caro amico. Con gioia ha accettato la mia richiesta di condividere sul nostro sito, di cui ben conosce gli intenti, le parole della sua più recente omelia, scritta in occasione della festa della Santa Famiglia di Nazaret (che nel rito romano si celebra la prima domenica dopo il Natale, ma che nel rito ambrosiano è celebrata l’ultima domenica di gennaio) e che qui proponiamo integralmente.

Famiglia di Nazaret

Omelia del 25 gennaio 2015 di Don Angelo Casati

I nostri occhi oggi vanno alla famiglia di Nazaret e contemporaneamente alle nostre famiglie. E il plurale è doveroso. Qualcuno oggi sommessamente va dicendo che andrebbe messa in questione l’idea della famiglia di Nazaret come modello delle nostre famiglie. Perché? Proprio a partire da una sostanziale diversità dell’esperienza: una famiglia, quella di Nazaret – dice qualcuno – un po’ sui generis.

Ma a me vien fatto di pensare che, da un certo punto di vista, è bene che sia così, perché questo ci salva da ingenue pretese: dalla pretesa di avere, nella famiglia di Nazaret, non tanto, come è bello, un orizzonte cui ispirarci, ma un calco, un calco da riprodurre. Quell’esperienza è unica, come unica è l’esperienza di ogni nostra famiglia, irrepetibile, come irripetibile la vita di ciascuno di noi. Non esiste un modello unico. E questo porta subito a dire che, accostandoci alle famiglie, dobbiamo liberarci da ogni pregiudizio. Non c’è una esperienza sovrapponibile a un’altra. Non c’è un unico modello di famiglia, ogni famiglia è chiamata a scoprire il suo, a immaginare la sua strada.

È una verità questa da non dimenticare. Declamare con enfasi modelli irraggiungibili di famiglia non può avere altro effetto che fomentare le nostre depressioni: tutti depressi perché non si può essere così. Nella storia della famiglia di Nazaret noi non andiamo dunque a cercare un calco da riprodurre, ma un’ispirazione, un orizzonte a cui ispirarci. Dopo di che siamo chiamati a chinarci su ogni cammino, e se ne abbiamo grazia, ad accompagnare ogni cammino.

Ebbene della Famiglia di Nazaret io vorrei ricordare oggi – risulta evidente non solo da questo brano di Vangelo, ma da molti altri – che era una famiglia in viaggio: “I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua” – è scritto –. “Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa”.

Il viaggio, il pellegrinaggio! È segno di una ricerca, la ricerca di un “altrove”: non ci basta la casa, “inquieti, dietro un mistero, che sempre ti seduce da un’altra valle”.

Salirono a Gerusalemme. E non era solo un cammino esteriore – voi mi capite –: era il desiderio di mettersi in viaggio dietro Dio, dietro i pensieri di Dio: “Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto”.

E quel figlio, pensate, quel figlio non è che si sia smarrito, come si andava dicendo un tempo nella recita del rosario, non si è smarrito. Rimane, per decisione sua, a Gerusalemme. Perché? Potremmo forse dire perché è un figlio in viaggio, in ricerca di un “altrove”. “Non sapevate” – dice a Maria e Giuseppe – “che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”. C’è un “altrove”. È in ricerca di un “altrove”.

E quei genitori anche loro, pensate, si mettono in viaggio interiormente, se pur a fatica, in cerca di quell’“altrove”. Ho detto: “se pur a fatica”, perché nel brano di Luca si sente questa difficoltà di uscire, di capire, di mettersi in viaggio. È scritto: “Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro”.

Forse era proprio questa la verità che Maria e Giuseppe andavano a poco a poco scoprendo, ripensando a ciò che era accaduto: su quel figlio non potevano mettere le mani. Aveva il suo viaggio. E non capirono una volta per tutte, se è vero, come è raccontato dai vangeli, che, già grande, un giorno, saputo che non avanzava nemmeno il tempo per mangiare, andarono per prenderlo e portarlo a casa. Dicevano: ”E’fuori di sé”

È il nostro istinto di possesso! Ma, come abbiamo detto per Dio, così dobbiamo dirlo per ogni rapporto umano: l’altro, l’altra — che sia una moglie, un marito, un figlio, una figlia, un amico, un’amica — l’altro, l’altra, puoi cercarlo, cercarla, ma non puoi mettere le mani su di lui, su di lei.

Guai sequestrare l’altro, guai trattenerlo nell’immobilità. È perderlo, perderlo per sempre.

Forse abbiamo sorvolato su questa condizione essenziale al costituirsi di un buon rapporto, tra genitori e figli, tra marito e moglie, tra una generazione e l’altra: la condizione del viaggio, dell’andare “insieme” altrove.

Pensate quanti rapporti si rompono perché uno dei due non si muove, o perché né l’uno né l’altro si muovono. Perché l’altro, l’altra è tua proprietà. E se è tua proprietà, ne puoi disporre. E, se non ci sta, se sfugge alla tua proprietà, se non è più disponibile, uccidi, è cronaca, cronaca quasi quotidiana, storia di femminicidi. E ci sono tanti modi, e voi lo sapete, di uccidere.

Ebbene l’altro, l’altra, non è una proprietà immobile, l’altro è una creatura in viaggio. Grazia sarebbe sapere e raccontarsi i viaggi: “Dimmi dove vai. Dove vai con i tuoi pensieri!”. Grazie è il rispetto tenero del volto dell’altro, dell’altra, del mistero che abita l’altro, l’altra.

Perdonate, mentre indugiavo su questi pensieri mi è ritornata alla mente una delle tre parole che

Papa Francesco chiama “parole chiave” per il cammino di una famiglia. Voi forse sapete che le tre sue parole sono: “permesso, grazie, e scusa”. Ebbene la prima di queste parole “permesso” rientra in quello che stavamo dicendo. L’altro non è uno a tua disposizione, tu non puoi azzardarti a dire “Io posso!”, puoi solo fare la domanda: “posso?”, “permesso?”.

Osservate con quale concretezza ne parla il papa: “Posso-Permesso? E’ la richiesta gentile di poter entrare nella vita di qualcun altro con rispetto e attenzione. Bisogna imparare a chiedere: posso fare questo? Ti piace che facciamo così? Che prendiamo questa iniziativa, che educhiamo così i figli? Vuoi che questa sera usciamo?… Insomma, chiedere permesso significa saper entrare con cortesia nella vita degli altri. Ma sentite bene questo: saper entrare con cortesia nella vita degli altri. E non è facile, non è facile. A volte invece si usano maniere un po’ pesanti, come certi scarponi da montagna! L’amore vero non si impone con durezza e aggressività. Nei Fioretti di san Francesco si trova questa espressione: «Sappi che la cortesia è una delle proprietà di Dio … e la cortesia è sorella della carità, la quale spegne l’odio e conserva l’amore» (Cap. 37). Sì, la cortesia conserva l’amore. E oggi nelle nostre famiglie, nel nostro mondo, spesso violento e arrogante, c’è bisogno di molta più cortesia. E questo può incominciare a casa”.

Don Angelo Casati ha scritto numerosi libri. L’elenco completo si trova a questo link

autore

Laura Lombardi

Scrittrice, con un passato televisivo. Coordinatrice dell’area culturale ed eventi. Madre separata di una figlia, sono curatrice, insieme con Raethia Corsini, del progetto smALLbooks. Per il sito scrivo per la sezione “Magazine” e “Diario d’Autori”. Condivido con Giuseppe Sparnacci il progetto “Riletture in chiave smallfamily”.

Sono nata nel 1962, scrivo e ho un’unica adorata figlia nata nell’anno 2000. Con Susanna Francalanci ho scritto alcuni libri per ragazzi pubblicati dall’editore Vallardi e il giallo Titoli di coda, per Eclissi editrice. Per parecchi anni ho lavorato come autrice televisiva, soprattutto in Rai, soprattutto con la vecchia RaiTre. Prima ancora c’era stato il periodo russo, quello in cui ho frequentato Mosca, l’Unione Sovietica e la lingua russa.Il canto, la ricerca attraverso il suono e la voce, il tai chi, sono gli strumenti privilegiati con cui mi oriento. Amo camminare, soprattutto nel silenzio denso di suoni dei boschi dell’Alta Valmarecchia, dove ho la fortuna di avere una casa che saltuariamente apro per ospitare incontri, corsi e altre iniziative: Croceviapieve. Vivo il progetto Smallfamilies come parte fondamentale del mio percorso evolutivo.

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