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Bigenitorialità: le recenti applicazioni in materia scolastica

scritto da Chiara Masera

L’applicazione corretta del principio di ‘bigenitorialità’ è un argomento molto ‘caldo’ e discusso costantemente, a tutti i livelli, sociale, giuridico, amministrativo, psicologico.

Smallfamilies ha già pubblicato altri due post in proposito:

Bigenitorialità: facilita le relazioni?
Diritto di “bigenitorialità”: indicazioni per le scuole

Resta comunque difficile scrivere sull’argomento senza cadere in contrasto con le diverse ‘scuole di pensiero’ che a volte si contrappongono anche duramente.

Non è mia intenzione, in questa sede, entrare nel merito della polemica molto accesa in merito alla ritenuta (da più parti) disapplicazione di fatto del principio di bigenitorialità sia a livello giudiziale che amministrativo.

L’intento di questo post è innanzitutto di delineare i concetti di base sull’argomento e di informare circa una novità recente introdotta dalla Circolare n. 5336 del 2.9.15, con la quale è stato varato il decreto attuativo sull’affido condiviso nella scuola italiana.

Partiamo dai principi e dalle definizioni generali per comprendere appieno di che cosa si tratta.

Il principio di bigenitorialità è il principio etico in base al quale un bambino ha una legittima aspirazione e altresì un diritto a mantenere un rapporto stabile con entrambi i genitori, anche nel caso questi siano separati o divorziati e ciò come regola generale, a meno che non esistano specifici impedimenti che giustifichino l’allontanamento di un genitore dal proprio figlio.

Tale diritto del minore si basa sul fatto che essere genitori è un impegno che si prende nei confronti dei figli e non dell’altro genitore, per cui esso non può e non deve essere influenzato da un’eventuale separazione, in quanto sul figlio non devono ricadere negativamente le responsabilità di scelte separative dei genitori.

Il concetto di bigenitorialità o di genitorialità condivisa (in inglese coparenting e in francese coparentalité) è un principio consolidato da tempo in altri ordinamenti europei ed è presente nella Convenzione sui diritti del fanciullo” sottoscritta a New York il 20.11.1989 e resa esecutiva in Italia con L. 176 del 1991.

Il principio di bigenitorialità è stato ufficialmente introdotto in Italia con la L. 54/2006, che ha previsto come regola, in caso di separazione, anche di coppie non sposate, l’affidamento dei figli ad entrambi i genitori, riconoscendo all’affido esclusivo una funzione residuale, di eccezione, per il caso che l’affido condiviso possa costituire pregiudizio per il minore.

E’ bene ricordare i principali articoli del nostro Codice Civile che regolano la materia dell’affidamento, della responsabilità genitoriale e del mantenimento dei figli, in caso di separazione, anche di coppie non coniugate e di divorzio: gli artt. 337 ter, 337 quater e 337 quinquies del Codice Civile.

Art. 337-ter (Provvedimenti riguardo ai figli). Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.

Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, nei procedimenti di cui all’articolo 337-bis, il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole, ivi compreso, in caso di temporanea impossibilità di affidare il minore ad uno dei genitori, l’affidamento familiare. All’attuazione dei provvedimenti relativi all’affidamento della prole provvede il giudice del merito e, nel caso di affidamento familiare, anche d’ufficio. A tal fine copia del provvedimento di affidamento è trasmessa, a cura del pubblico ministero, al giudice tutelare.

La responsabilità genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la responsabilità genitoriale separatamente. Qualora il genitore non si attenga alle condizioni dettate, il giudice valuterà detto comportamento anche al fine della modifica delle modalità di affidamento.

Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando:

1) le attuali esigenze del figlio;

2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori;

3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore;

4) le risorse economiche di entrambi i genitori;

5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.

L’assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice.

Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi.

Art. 337-quater (Affidamento a un solo genitore e opposizione all’affidamento condiviso). Il giudice può disporre l’affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore.

Ciascuno dei genitori può, in qualsiasi momento, chiedere l’affidamento esclusivo quando sussistono le condizioni indicate al primo comma. Il giudice, se accoglie la domanda, dispone l’affidamento esclusivo al genitore istante, facendo salvi, per quanto possibile, i diritti del minore previsti dal primo comma dell’articolo 337-ter. Se la domanda risulta manifestamente infondata, il giudice può considerare il comportamento del genitore istante ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare nell’interesse dei figli, rimanendo ferma l’applicazione dell’articolo 96 del codice di procedura civile.

Il genitore cui sono affidati i figli in via esclusiva, salva diversa disposizione del giudice, ha l’esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale su di essi; egli deve attenersi alle condizioni determinate dal giudice. Salvo che non sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i genitori. Il genitore cui i figli non sono affidati ha il diritto ed il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al giudice.

Art. 337-quinquies (Revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli). I genitori hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli, l’attribuzione dell’esercizio della responsabilità genitoriale su di essi e delle eventuali disposizioni relative alla misura e alla modalità del contributo.

L’applicazione di tali articoli da parte della giurisprudenza ha prodotto indirizzi a volte poco uniformi e decisioni spesso poco rispettose del principio di bigenitorialità che dovrebbe improntare l’attuazione concreta dell’affido condiviso. Per tale ragione, da più parti, si è parlato di una sostanziale disapplicazione dei principi sottesi alla L. 54/2006.

In sintesi, il dato critico principale è il seguente: perché sia rispettato il diritto del minore alla bigenitorialità, non basta stabilire ‘sulla carta’ un affidamento condiviso, se poi la regolamentazione concreta della frequentazione genitore non collocatario/figlio, dell’assunizone delle scelte scolastiche, di salute e di educazione, non è improntata ad una seria condivisione. Se non si pone attenzione e se non si attuano misure per evitare il rischio di ‘predominio’ di un genitore sull’altro, il rischio di avere nell’affido condiviso un ‘contenitore vuoto’ è alto.

Con riferimento all’ambito scolastico, da anni si attendeva una disciplina dei profili, anche amministrativi, che consentisse al genitore non collocatario prevalente, di essere informato, di partecipare e di essere presente nella vita scolastica dei figli.

E’ stata quindi accolta con favore la Circolare n. 5336 del 2.9.15 del MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) che ha sancito l’attuazione dell’affido condiviso e del principio di bigenitorialità nella scuola italiana, riconoscendo che la L. 54/2006 “non ha mai trovato una totale e concreta applicazione anche nella quotidiana ordinarietà della vita sociale dei minori”.

Con la citata circolare il MIUR ha dettato le regole su come gestire i rapporti tra gli istituti scolastici e il genitore separato non convivente con lo studente.

Il Ministero, in sintesi, ha invitato i dirigenti scolastici a favorire e incoraggiare i genitori non collocatari dei figli a vigilare sulla loro istruzione e la loro educazione, facilitando l’accesso alla documentazione scolastica e alle informazioni relative a tutte le attività, anche extrascolastiche, previste dal Pof.
Precisamente, a partire dal 2.9.15 il Miur chiede alle scuole:

1) l’inoltro, da parte degli uffici di segreteria delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, di tutte le comunicazioni (didattiche, disciplinari e di qualunque altra natura) anche al genitore separato/divorziato non convivente, o non collocatario dello studente;

2) l’individuazione di modalità alternative al colloquio di persona con il docente o dirigente scolastico e/o coordinatore di classe, quando il genitore interessato risieda in altra città o sia impossibilitato a presenziare personalmente;

3) l’attribuzione di una password, ove la scuola sia dotata di strumenti informatici di comunicazione scuola/famiglia, per l’accesso al registro elettronico, ed utilizzo di altre forme di informazione veloce ed immediata (sms, email);

4) la richiesta della firma di ambedue i genitori in calce ai principali documenti (es. pagella), qualora non siano in uso tecnologie elettroniche ma ancora moduli cartacei;

5) l’inserimento nella modulistica di una dichiarazione sostitutiva di atto notorio da utilizzare nel caso in cui non sia possibile, benché richiesto, l’assenso di entrambi i genitori a una determinata attività.

Nella medesima direzione, di attuazione concreta del principio di bigenitorialità, si colloca anche l’iniziativa per l’istituzione del Registro della Bigenitorialità. L’istituzione del Registro, pur senza alcuna rilevanza ai fini anagrafici, è stata realizzata, per il momento solo in alcuni Comuni italiani, per consentire ad entrambi i genitori di legare la propria domiciliazione a quella del proprio figlio residente nel comune. In questo modo le istituzioni che si occupano del minore (ad es. scuola e strutture socio-sanitarie) possono conoscere i riferimenti di entrambi i genitori, rendendoli partecipi delle comunicazioni che riguardano il figlio.

Ritengo che entrambe le iniziative vadano senz’altro condivise e sostenute, in quanto coerenti con lo spirito della L. 54/2006 e con i principi contenuti nelle Convenzioni internazionali. Ogni strumento che possa facilitare, incrementare e rendere effettiva la condivisione dei genitori separati con riferimento ai vari aspetti della vita dei figli è da considerare un passo positivo verso l’attuazione concreta del principio di bigenitorialità. E’ tuttavia presto per valutare l’effettiva portata concreta di tali innovazioni e l’impatto sostanziale che potranno avere nelle situazioni più delicate e conflittuali.

autore

Chiara Masera

Avvocata civilista in Milano con formazione in diritto di famiglia e minorile. Propongo, ove possibile, un approccio improntato ad un controllo della conflittualità, ad una ricerca di collaborazione tra parti e legali che permetta di valutare tutte le strade possibili al fine di trovare un accordo, in particolare nell’interesse dei figli. Formata alla negoziazione assistita e alla pratica collaborativa, sono iscritta all’elenco degli Amministratori di Sostegno presso il Tribunale di Milano. Faccio parte della rete dei servizi convenzionati con l’associazione. Per questo sito scrivo su questioni relative al diritto di famiglia.

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