Dati e Analisi sulle famiglie in trasformazione OSSERVATORIO - dati ricerche & policy

La famiglia oggi: come cambia in Lombardia e in Italia secondo una ricerca Éupolis Lombardia

scritto da Gisella Bassanini

“La famiglia oggi. Come evolvono i suoi bisogni, anche in rapporto alla crescita delle famiglie monogenitoriali. Come adeguare le politiche”. È questo il titolo del policy paper redatto nell’ottobre 2015 da Éupolis Lombardia (Istituto superiore per la ricerca, la statistica e la formazione) per conto del Consiglio regionale della Lombardia – Ufficio di Presidenza.

Il lavoro, coordinato da Daniela Gregorio con la collaborazione di Simona Guglielmi, raccoglie anche i contributi emersi del workshop con studiosi ed esperti realizzato con lo scopo di individuare indicazioni di policy. Hanno partecipato al workshop: il demografo Alessandro Rosina, la sociologa Carla Facchini, la ricercatrice Valentina Ghetti, e chi scrive in rappresentanza dell’Associazione Smallfamilies. I risultati del lavoro sono stati presentati il 16 dicembre 2015 presso il Consiglio regionale della Lombardia, in seduta congiunta delle Commissioni consiliari I “Programmazione e Bilancio” e III “Sanità e Politiche sociali”, e sono scaricabili al link riportato.

Lo studio, che ci si augura venga presto presentato pubblicamente, fornisce un utile e approfondito quadro sulle trasformazioni demografiche e sociali delle famiglie lombarde, con particolare attenzione ai nuclei monogenitoriali: “tendenzialmente più fragili e più esposti a fenomeni di deprivazione economica e sociale”. E si propone, con uno sguardo allargato al contesto europeo, di individuare indicazioni di policy al fine di “riorientare le attuali politiche rispetto alle esigenze e ai fabbisogni di queste nuove realtà, nella prospettiva di ottimizzare l’azione istituzionale regionale in materia”. Di seguito, in sintesi, ciò che emerge dal policy paper.

Tante famiglie e sempre più piccole

“Come ampiamente evidenziato da studi e ricerche sulle trasformazioni demografiche e sociali della famiglia, il modello ‘tradizionale’ composto dai due genitori e da uno o più figli, pur essendo tuttora prevalente, è sempre più spesso affiancato da nuclei monogenitoriali, da famiglia ricostituite e soprattutto da singleness”. Nel Rapporto annuale 2014 – La situazione del Paese (Istat) gli indicatori sociali e demografici confermano l’andamento che vede un aumento del numero di famiglie a fronte di una diminuzione della loro dimensione. A diminuire sono anche le coppie con figli, mentre crescono le coppie senza figli, e soprattutto segnano un incremento costante le famiglie monogenitoriali, i nuclei formati da single non vedovi e le unioni libere. “Ne consegue un ‘assottigliamento’ delle famiglie, con una riduzione non solo del numero medio di componenti interno al nucleo, ma anche delle figure che appartengono alla rete familiare allargata”. Le famiglie dunque risultano sempre più piccole e diversificate, data la diffusione di strutture familiari quali: single non vedovi, monogenitori non vedovi, coppie non coniugate e famiglie ricostituite.

Le politiche per le famiglie nel nostro paese: a macchia di leopardo, settoriali e insufficienti.

Nel nostro paese esistono “approcci diversi a seconda che si consideri la famiglia, assunta come ‘idealtipo’ universale, sia pur letta nella sua evoluzione storica, o invece le famiglie, osservate nella varietà e pluralità delle forme che assumono, anche nello stesso spazio e tempo. E può anche tendere a considerare e trattare prioritariamente la famiglia come insieme, o invece le persone che compongono l’insieme famiglia”. In genere, se si pensa alle politiche per la famiglia, si pensa innanzitutto ai servizi sociali diretti ad assicurare servizi e interventi di cura, sostegno e promozione adeguati alle funzioni assistenziali ed educative che gravano sulle famiglie. Ma il soddisfacimento dei fabbisogni delle famiglie passa anche attraverso politiche di conciliazione di ruoli lavorativi e familiari e dei tempi delle famiglie, del lavoro, della città; la redistribuzione degli impegni familiari con l’incentivazione all’utilizzo dei congedi familiari anche dei padri; il sostegno al lavoro femminile; la revisione dell’organizzazione e della gestione delle relazioni nei servizi sanitari in funzione dell’utenza delle famiglie, dei bambini; le politiche per la casa. Vanno poi annoverate tra le politiche per le famiglie, le misure di sostegno al reddito realizzate attraverso contributi economici, detrazioni fiscali, accesso a prestazioni e servizi a titolo gratuito o a condizioni agevolate rispetto all’universo della popolazione.

Per completare il quadro è opportuno sottolineare come negli interventi per le famiglie, nonostante siano considerati un obiettivo prioritario nei programmi di governo, l’Italia occupa la penultima posizione tra i Paesi Europei per le risorse destinate alle famiglie: pari al 4,8% della spesa totale.

Nel panorama nazionale gli interventi sociali rivolti ai nuclei monogenitoriali sono pochi, frammentati e diversificati rispetto ai destinatari (con diverse definizioni della platea dei beneficiari), rispetto al tipo di sostegno: (trasferimenti vs. offerta di servizi/integrazione di servizi) ed anche rispetto al grado di selettività.

Le due leggi regionali a sostegno delle famiglie monogenitoriali

In Italia, esistono solo due leggi a livello regionale e una proposta di legge:

• Regione Veneto, legge regionale n. 29 del 10 agosto 2012 “Norme per il sostegno delle famiglie monoparentali e dei genitori separati o divorziati in situazione di difficoltà”;

• Regione Lombardia, legge regionale n. 18 del 24 giugno 2014 “Norme a tutela dei coniugi separati o divorziati, in condizione di disagio, in particolare con figli minori”;

• Regione Calabria, proposta di legge n. 17: “Interventi per il sostegno delle famiglie monogenitoriali in difficolta” (il cui iter è in corso, con il parere positivo terza commissione consiliare).

Le due leggi regionali ad oggi approvate hanno definito in modo molto diverso i beneficiari: in Lombardia i contributi sono destinati solo a situazioni di monogenitorialità derivanti dalla rottura di una unione matrimoniale, mentre in Veneto la platea dei beneficiari non prevede distinzioni in base alla “causa” della monogenitorilità.

Diversi sono anche i tipi di interventi:

La Regione Veneto prevede un Fondo per le famiglie monoparentali e per i genitori separati o divorziati in situazione di difficoltà economica e un Fondo per la locazione di immobili (contributo totale o parziale per affitto);

La Regione Lombardia prevede progetti personalizzati, per i quali le ASL autorizzano la spesa massima di € 2.400 pari a € 400 per un massimo di 6 mesi. Il contributo è erogato ad uno solo dei genitori, quello più fragile, identificato a mezzo dell’ISEE più basso e della graduatoria risultante dall’applicazione dei criteri di valutazione.

Di cosa parliamo quando parliamo di famiglia

La definizione di “famiglia” è cambiata nel tempo. Le istituzioni del sistema statistico nazionale sono state nel tempo impegnate, da un lato, a registrare i cambiamenti socio-demografici in atto; dall’altro, ad approntare gli strumenti metodologici più adeguati a misurare tali mutamenti. Le prime rilevazioni censuarie nel 1861 e 1871 riguardavano i cosiddetti “focolari” e non distinguevano tra famiglie e convivenze. La definizione del censimento del 1871 recita: “Per famiglia […] si vuol intendere […] la convivenza domestica, sia abituale, sia precaria, di tutte quelle persone che mangiano, per così dire,assieme, e si scaldano al medesimo fuoco, o ciò che si suol chiamare un focolare. Là onde il servo che abita col padrone e dorme sotto il suo tetto, l’ospite, colui che trovasi alloggiato a dozzina e simili, concorrono a formare, insieme coi membri della famiglia naturale, il focolare. E di pari i soldati che vivono in uno stesso quartiere, gli alunni di un convitto, i ricoverati in un ospedale o in un ospizio, i detenuti di una casa di pena ecc. s’intendono formare un unico focolare insieme col loro capo e con gli assistenti e persone di servizio addetti allo stabilimento” (Istat, Le famiglie nei censimenti generali della popolazione, 2010, p.1). Nel 1881 si decide di distinguere tra membri presenti conviventi sotto lo stesso tetto definiti “naturali” (quelli uniti tra loro da vincoli di parentela o affinità) o “estranei” (ospiti, dozzinanti – coloro che versano una quota in cambio dell’ospitalità-, domestici). Nei successivi censimenti le modalità di rilevazione delle famiglie vengono ulteriormente perfezionate, fino ad arrivare alla definizione del nuovo regolamento anagrafico (d.p.r. n. 229 del 1989) che all’articolo 4 recita: “1. Agli effetti anagrafici per famiglia si intende un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune. 2. Una famiglia può essere costituita da una sola persona”. Questa definizione è stata incorporata nel censimento del 1991 ed è stata mantenuta fino ad oggi.

La differenza tra famiglie e nuclei familiari

Nelle statistiche ufficiali oltre al termine “famiglia” vi è anche quello di “nucleo familiare” con il quale si intende: “un insieme di persone tra loro coabitanti che sono legate dal vincolo di coppia e/o rapporto genitore-figlio (sempre che il figlio sia celibe/nubile). Ciò significa che il nucleo familiare, a differenza delle famiglie, comprende sempre almeno due persone: una coppia, un genitore con figlio celibe o nubile. All’interno di una famiglia è dunque possibile trovare nessun nucleo (le persone sole, due sorelle, la madre che vive col figlio separato), un nucleo (una coppia, un nucleo monogenitoriale), due o più nuclei (per esempio due fratelli che vivono insieme con le rispettive mogli e i figli); è possibile individuare anche un nucleo e persone che non ne fanno parte: ad esempio l’anziano che vive nella famiglia del figlio con la nuora: il figlio e la moglie formano un nucleo, l’anziano è un componente aggregato al nucleo, quindi appartiene alla stessa famiglia del figlio ma non al suo nucleo familiare.” (Istat, La misurazione delle tipologie familiari nelle indagini di popolazione, 2010, p. 17).

A partire dagli anni Duemila tutte le indagini sulle famiglie vengono via via armonizzate sulla relazione di parentela che permette la costruzione di ben 41 possibili forme familiari.

In aumento i nuclei monogenitoriali

Nel 2011 rispetto al censimento del 2001 in Italia sono diminuite le coppie con figli, mentre sono cresciute le coppie senza figli e i nuclei monogenitoriali. Nel 2011 in Italia c’erano 5.230.296 coppie senza figli (31,4% del totale dei nuclei familiari), con un incremento di 474.869 (+10%) rispetto al 2001 (4.755.427). I nuclei monogenitoriali sono passati da 2.100.999 a 2.651.827; nel 2011 le madri sole con figli e i padri soli con figli rappresentano, rispettivamente, il 13,1% e il 2,8% del totale dei nuclei.

In Lombardia si riscontra una maggiore incidenza rispetto alla media nazionale del numero di coppie senza figli (34,1% rispetto al 31,4% in Italia), mentre il numero di nuclei monogenitoriali è leggermente inferiore alla media nazionale. I padri soli sono il 2,5% rispetto al 2,8% a livello nazionale, le madri sole il 12,1% rispetto al 13,1% a livello nazionale.

Nell’ultimo censimento 2011 si contavano ben 404.574 nuclei monogenitoriali. Il fenomeno è fortemente femminilizzato: le madri sole sono 315.997 e i padri soli 66.219. Nella sola Lombardia si concentra ben il 15,3% del totale nuclei monogenitoriali composti da madri con figli presenti in Italia (il Lazio ne raccoglie l’11,6% e la Campania il 10,2%; dati relativi al Censimento 2011; Cfr. ISTAT, 2014, p. 2). I nuclei con madre sola con figli rappresentano l’82,6% del totale dei nuclei monogenitoriali.

Vecchie e nuove monogenitorialità in Lombardia

La coesistenza di “vecchia” e “nuova” monogenitoarilità si deve all’estrema eterogeneità interna ai nuclei monogenitoriali che possono vedere la presenza di figli minorenni (il caso più frequente è quello delle madri sole con figli piccoli), ma anche di figli adulti (si tratta in genere della madre anziana con figlio maschio adulto che non è ancora uscito di casa o vi è ritornato), così come la coabitazione con altri nuclei (ad esempio la madre sola con figlio minorenne che vive con entrambi i genitori anziani o con uno di essi).

Anche in Lombardia sembra essersi compiuto il passaggio dalla “vecchia monogenitorialità”, originata dalla vedovanza, alla “nuova monogenitorialità” derivante dalla rottura volontaria dell’unione coniugale anche in presenza di figli piccoli e dalle nascite al di fuori del matrimonio.

La composizione delle famiglie lombarde

Nel 2013 in Lombardia si registrano: le coppie con figli (circa 5 su 10) seguite da coppie senza figli (34,5%) e da monogenitori (12,8%). Il 31,2% della popolazione vive sola (incidenza di poco superiore alla media nazionale che è pari al 30.2%). Considerando esclusivamente le persone con più di 60 anni, la quota di persone sole è pari a 34,2% per i maschi e al 68,4% per le donne. Le famiglie numerose rappresentano il 4,7% della popolazione (in Italia sono il 5,7%); Le famiglie con aggregati o più nuclei sono in Lombardia il 3,8% (la media nazionale è più alta pari 4,9%). In sintesi, secondo l’istat (ultima Indagine Multiscopo sulla famiglia. Aspetti della vita quotidiana) Per ogni 100 nuclei familiari nella stessa zona troviamo:

Italia. Coppie con figli 53,6%, coppie senza figli 31,2%, monogenitori 15,2%;

Nordovest. Coppie con figli 50,8%, coppie senza figli 35,2%, monogenitori 14%

Lombardia. Coppie con figli 52,7%, coppie senza figli 34,5%, monogenitori 12,8%

La capacità di spesa delle famiglie lombarde

I dati relativi alla difficoltà nel far fronte alle spese connesse al soddisfacimento dei bisogni primari mostrano come i nuclei monogenitoriali siano quelli maggiormente esposti: il 18,3% ha dichiarato che nel corso dell’anno ci sono stati momenti o periodi in cui la sua famiglia non aveva i soldi per acquistare generi alimentari, il 15,3% per il vestiario, il 12,5% per sostenere le spese sanitarie, il 15,9% per le spese. Anche le coppie con figli minorenni hanno avuto difficoltà di questo tipo, ma in misura decisamente minore

Le famiglie monogenitoriali presentano anche un maggior disagio abitativo: meno della metà ha una casa di proprietà (45,4% rispetto al 70,5% della media regionale) e più di un terzo vive in affitto (38,2% rispetto al 18,8% della media regionale). Un contributo pubblico per coprire in parte o tutte le spese dell’affitto è stato ottenuto dal 14% di queste famiglie (a fronte dell’1,2% della media regionale e del 1,5% delle coppie con figli minorenni). In generale, hanno dunque accesso con più frequenza a sostegni pubblici per l’affitto ma in misura non sufficiente a coprire il loro fabbisogno.

Vita da smallfamily: rischio povertà ed esclusione sociale

L’elemento che caratterizza le condizioni di vita delle smallfamilies in Lombardia (in linea con il dato nazionale ed europeo) – pur nella loro differente articolazione – è la loro maggiore esposizione al rischio di caduta in povertà ed esclusione sociale. Il disagio economico dei nuclei monogenitoriali si esprime anche in una maggiore insoddisfazione su diversi ambiti della propria vita: dallo stato di benessere alla qualità delle relazioni sociali che si essi vivono. Le difficoltà reali e/o percepite vanno anche al di là del solo aspetto economico: in una scala da 1 a 10 i padri single esprimono un livello di soddisfazione per la vita presa nel suo complesso decisamente basso (pari a 4,5 rispetto ad una media regionale pari a 6,9), mentre le madri single si collocano di poco al di sotto della media (6,2). Le più soddisfatte sono le coppie, con o senza figli (valori pari rispettivamente a 7,2 e 7,3).

Le difficoltà economiche dei nuclei monogenitoriali non sono necessariamente legate alla mancanza di lavoro infatti, e non di rado, essi sperimentano forme di “povertà in work”: nonostante si lavori il reddito percepito non è sufficiente a far fronte a tutte le spese. È questo il caso della Lombardia, che mostra livelli elevati di occupazione femminile, dove le madri sole hanno livelli di occupazione più elevati rispetto a quelle in coppia e più frequentemente hanno un lavoro full time ma ciò non impedisce a molte di loro di vivere in condizioni precarie o di essere a rischio povertà. Per loro il lavoro non basta, anche perché ben sappiamo che le donne guadagnano meno degli uomini a parità di mansione e ruolo.

In generale, le madri sole italiane, che sono in prevalenza più occupate e più istruite delle madri in coppia – come attestano le statistiche – non riescono duque a garantire uno stile di vita dignitoso per sé e per i propri figli. Questo dato è dovuto per lo più alla scarsa incidenza di misure specifiche di sostegno al reddito (European Commission, 2007; 2014). “Va inoltre considerato che tale specificità italiana (madri sole istruite e occupate) è destinata a mutare nel tempo, visto che separazioni e divorzi, si stanno via via estendendo a tutti i ceti sociali. Si assisterà pertanto ad un progressivo aumento di madri sole poco istruite e, conseguentemente, con minori opportunità di lavoro e di reddito autonomo (come già avviene da tempo nei Paesi del Nord e dell’Est Europa)”.

Cosa è opportuno fare

Il sostegno alle famiglie monoparentali pone alcune sfide alla politica, alle istituzioni, alla società.

  • Agire secondo una logica integrata e dinamica per superare la frammentazione degli interventi;
  • Agire per prevenire rischio povertà e esclusione sociale;
  • Superare il carattere emergenziale degli interventi;
  • Superare l’idea stereotipata della ‘genitore solo svantaggiato/sfortunato’ per affermare il principio di: “nucleo portatore di bisogni complessi, ma anche di risorse da attivare in un percorso di integrazione lavorativa e sociale che va accompagnato in diverse fasi della vita”;
  • Garantire equità nell’accesso al sistema di welfare locale;
  • Promuovere interventi e reti di servizi coinvolgendo diverse aree di intervento (lavoro, reddito, conciliazione dei tempi di lavoro e di cura, fisco, coesione sociale, housing, genitorialità, socialità, etc.)

 

Foto di Suzy Hazelwood da Pexels

 

autore

Gisella Bassanini

Docente e ricercatrice, ho una figlia, Matilde Sofia. Coordino le attività di  Smallfamilies aps di cui sono fondatrice e presidente.  Seguo in particolare  l’area  welfare e policy, le questioni legate all’abitare e per il nostro Osservatorio mi occupo dello sviluppo  di  progetti di ricerca sulle famiglie monogenitoriali e più in generale sulle “famiglie a geometria variabile”.

Abito a Milano (città che amo) e, dopo la laurea in architettura al Politecnico di Milano,  ho trascorso molti anni  impegnata  in università (dottorato di ricerca, docenza, scrittura di libri) e nella libera professione (sviluppo di processi partecipativi,  piani dei tempi e degli orari della città, approccio di genere nella progettazione architettonica e nella pianificazione urbana). Ora insegno materie artistiche nella scuola pubblica e continuo nella mia attività di studio e ricerca in modo indipendente. La nascita di mia figlia nel 2001 ha trasformato profondamente (e in meglio) la mia vita, nonostante la fatica di crescerla da sola. Da allora, il desiderio di fare qualcosa per-e-con chi si trova a vivere una condizione analoga è diventato ogni giorno più forte. Da questa voglia di fare e di condividere, e dall’incontro con Michele Giulini ed Erika Freschi, è nata Smallfamilies aps, sintesi ideale della mia storia personale e del mio percorso professionale.

lascia un commento