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Crescere l’amore

scritto da Raethia Corsini

Crescere l’amore è un saggio sulle emozioni umane scritto, con passione (amore) e con una coinvolgente scrittura divulgativa, da Romana Caruso Mariani [1], medico chirurgo, psichiatra e psicoterapeuta, che si occupa del disagio di adulti e bambini. L’editore è il nostro partner Cinquesensi e l’incipit della prefazione, firmata da Walter Veltroni, rende evidenti le ragioni di questo testo: “Essere genitori è il mestiere più difficile, seguito a ruota da un altro mestiere: essere figli”.

Il saggio in meno di 200 pagine ci racconta come nasce, dove e quando si forma il cuore custode delle emozioni che nutrono (o no) la crescita di un bambino e ne determinano l’adulto che sarà.

E quindi anche il genitore che sarà.

Un buon genitore è stato un bambino che ha avuto la possibilità di esprimersi liberamente o che ha conquistato questa libertà; che ha imparato a essere adulto completo. Solo se possiede questa immensa ricchezza potrà a sua volta donarla. Un genitore così sarà capace di trasmettere accettazione e affetto chiunque sia il suo bambino: saprà essere tenero, paziente, interessato, giustamente determinato. Comunicherà la sicurezza necessaria per sviluppare l’individualità del piccolino (biologico o no; che viva con uno o due genitori o in famiglie a geometria variabile, ndr). E il piccino proverà la gioia di scoprire chi è lui, di affermare e formare la sua personalità. Proprio la sua, quella vera.

Attenzione: non è un saggio che mette sotto accusa i genitori, non “ispeziona” il mestiere di madri e padri con il parametro della famiglia perfetta che, anzi, l’autrice ribadisce non esistere, e non c’è mai, in nessuna pagina, un’affermazione accusatoria, mai la negazione di un’altra occasione: […] o che ha conquistato questa libertà; che ha imparato a essere adulto completo […] proprio perché la sua esperienza sul campo dimostra che c’è sempre la possibilità di diventare adulti completi, anche se siamo stati bambini allevati da adulti che non hanno saputo darci gli strumenti per “crescere le emozioni”, per “dare forma al cuore”. Non è un manuale su che cosa è giusto o sbagliato, piuttosto una lunga riflessione sulla necessità di ri-ascoltare l’adulto che si é e il bambino che si è stati, un invito a farlo prima di diventare genitori, fin dall’istante in cui nella mente e nel cuore si genera il desiderio di un figlio, e uno sprone a continuare a restare in contatto con le proprie emozioni (e quelle dei propri figli) fin dal concepimento e durante il mestiere di genitore. E questo anche quando la coppia che ha procreato insieme, per una ragione o l’altra, trova ostacoli nella convivenza o smette di essere coppia.

È possibile essere una vera coppia e fare beni i genitori evitando di litigare? Davvero fa male ai bambini vedere mamma e papà (o altri adulti che li crescono, ndr) che litigano? Una coppia, di qualsiasi natura sia, lavorativa, amicale, coniugale, parentale, non può esistere senza contrasti. Questo, ovviamente, se è una coppia vera e sana, che nasce dalla unione di due che vogliono giungere ad essere un’unità. A un risultato che sia qualcosa di nuovo, bello e “nostro”. Che non esclude nessuna emozione. Che non compie la pericolosa operazione di eliminare dal lessico quotidiano la rabbia. Le emozioni escluse ripetutamente dalla consapevolezza, infatti, prima o poi fanno capolino e, a furia di essere cacciate via, creano complicazioni. Nel caso della rabbia “fare finta” di non possederla costringe a essere succubi […]. Il famigerato litigio è un processo meraviglioso, che porta gli esseri umani a spiegarsi, conoscersi, costruire. E in quanto tale è uno spettacolo strabiliantemente istruttivo per i bambini […] è fondamentale per i piccini imparare dai grandi, osservandoli in azione a gestire le emozioni e le situazioni più importanti e profonde. […] Non litigare di fronte ai figli può perfino creare delle complicazioni. […] tanto percepiscono perfettamente le atmosfere che derivano dagli stati d’animo degli adulti.

Nella narrazione della dottoressa Caruso Mariani c’è uno sguardo capace di portarci verso il “senso non comune” delle cose. Quello che, evidentemente, è il più difficile da acchiappare, il più faticoso da attuare. Così quando arriva al paragrafo della separazione lo apre dicendo:

Separiamoci, ossia, quando litigare non serve più. Sempre che si sia stati capaci di litigare sul serio, per amarsi e costruire. […] È auspicabile che quando si arriva fin qui (separarsi, ndr) ai bambini sia stata evidente una civile e rispettosa storia del disaccordo. Il travaglio dei genitori deve essere accompagnato da un percorso con i bambini in modo che acquisiscano piano piano una sana confidenza con questa difficoltà […] che per loro è un lutto da superare non facile da elaborare. Tutti i bimbi vorrebbero una famiglia unita. Per stare tutti insieme, come, salvo eccezioni, ci siamo conosciuti alla nascita.

Il punto non è se è giusto o no separarsi e se fa male o no ai figli: è ovvio che sia un dolore per tutti, quello che conta è come impari ad affrontare quel dolore.

I bambini, poi, possono addirittura aiutare gli adulti a comprendere che cosa non va in quella convivenza, famiglia, relazione (tra adulti e tra adulti e bambini) e questo a prescindere dalla composizione famigliare, da una separazione, una perdita, o un’assenza (mancanza di uno dei due genitori per volontà). A questo proposito risulta decisivo il capitolo dedicato ai sintomi con i quali i bambini possono esprimere il loro disagio. Paragrafo dopo paragrafo l’autrice richiama chi legge all’esercizio dell’osservazione e dell’ascolto, invitandolo a considerare con attenzione le difficoltà che i piccoli esprimono in modo manifesto o attraverso particolari importanti o apparentemente secondari (da malattie psicosomatiche a quelle fisiche; da comportamenti eccentrici a quelli estremi come ritirarsi nel silenzio, o diventare bambini modello “buoni che non si sentono mai”, per esempio). E con un elenco, che l’autrice stessa precisa non essere esaustivo, mette insieme causa ed effetto rilevando l’importanza che un aiuto esterno e professionale può avere sia per intercettare il disagio e valutarne la gravità, sia per disinnescare un processo di emozioni tossiche che, se non comprese, potranno in futuro essere fonte di altrettanti relazioni malsane o comunque capaci di generare disagio e infelicità.

Quando è bene chiedere aiuto? L’autrice suggerisce di farlo

ogni volta che si ha un dubbio sulla serenità di un piccolo o si soffre per condizioni personali o di coppia che possano contagiare un piccino. Vietato accontentarsi di spiegazioni generiche e mai tranquillizzanti come “crescerà”, “passerà”, “non è importante”, “non sia ansiosa/o”. […] La psichiatria perinatale è uno strumento in più per non dimenticarsi del tesoro più prezioso che abbiamo, le nostre emozioni – imparare a utilizzarle bene regala benessere dal pancione in poi.

cover

[1] Romana Caruso Mariani in Italia è tra i pionieri della psichiatria perinatale applicata alla clinica, campo in cui continua a creare e sperimentare nuove tecniche di osservazione e di prevenzione del disagio tanto nei setting tradizionali che nei contesti della quotidianità. È tra i fondatori dell’associazione no profit Ilsorrisodeibimbi di cui è responsabile scientifico e coordinatore dell’attività clinica, divulgativa e culturale.

autore

Raethia Corsini

Giornalista, autrice, consulente di comunicazione. Figlia di smallfamily, sposata, childfree ma con un numero imprecisato di "figli che mi adottano" e zia di due bimbe bionde alle prese con due genitori separati, per Smallfamilies® sono responsabile di linea e contenuti editoriali del sito, referente per la stampa e sono curatrice, insieme con Laura Lombardi, del progetto editoriale smALLbooks.

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