STORIE

Giovanna e Andrea

scritto da SF storie

Io, Andrea e il suo papà siamo una “famiglia con due case” e Andrea è sereno e felice.

Questo è la fotografia di oggi ma per arrivare qui, ci sono state fasi diverse alcune delle quali accompagnate da lacrime e sofferenza e, per ognuna sicuramente, tanta forza da parte di tutti e tre.

Io e il mio ex-compagno ci siamo conosciuti due anni prima della nascita di Andrea , un amore fulminante fin da subito (col senno di poi forse un pò immaturo ma comunque importante) e Andrea è stato fortemente voluto e cercato da entrambi.

Purtroppo la storia di noi come coppia non ha un lieto fine; fin da quando rimango incinta e proseguendo fino a dopo la nascita di Andrea, inizia un lento inesorabile declino, prima come coppia e poi come singoli individui che erano arrivati al punto di condividere ormai solo un tetto e l’amore per nostro figlio.

Abbiamo provato a cambiare il contesto per far diventare realtà quella “famiglia felice” che avevamo entrambi sognato e per ridare vigore alla nostra storia ma a nulla sono serviti né i nostri sforzi, né i molteplici traslochi.

Ad un certo punto siamo diventanti due infelici cronici in una relazione malsana, senza sorrisi, senza amore, senza neanche più la voglia di stare insieme; iniziavano le discussioni, che anche se cercavamo di tenere fuori dalla portata d’orecchio di Andrea comunque ammorbavano l’aria.

Non volevo e non potevo permettere che quello fosse il terreno nel quale Andrea avrebbe trascorso la sua infanzia, del quale avrebbe avuto i suoi ricordi; lui, splendida piantina, aveva tutto il diritto di crescere nel sole, nel calore e nei sorrisi.

Cosi ho deciso di troncare di netto la relazione con il mio compagno e nel giro di pochi giorni siamo rimasti soli a Como io e Andrea, che non aveva neanche due anni ai tempi. E’ stato un gesto estremo che non rimpiango, perché, arrivati a questo punto della storia, so che ha permesso a me e a suo papà di evolvere e diventare due persone felici e quindi due genitori felici. Non so dire se la modalità sia stata quella giusta, sicuramente il papà di Andrea direbbe di no ma così è stato e forse il modo ha avuto il merito di essere stato un grande urto per scuotere entrambi.

All’inizio mi sembrava di essere tornata a respirare ma subito dopo sono stata assalita dalla paura; mi sentivo persa e sola in quella città che sentivo ostile e così ho organizzato il rientro a Milano. Io non ho una famiglia alle spalle e non avere lì neanche qualche faccia conosciuta mi mandava letteralmente in ansia.

Nel giro di 4 mesi quindi rientro nel mio vecchio lavoro, chiudo la mia attività a Como e organizzo la nuova vita mia e di Andrea a Milano, dove mi sentivo meno sola e più a casa, anche solo perché erano i luoghi della mia infanzia.

Avevo comunque una paura enorme ad essere sola con il mio piccolo bambino da accudire e mantenere; il mio lavoro da manager mi serviva per crescere Andrea (o almeno così pensavo ai tempi) ma questo implicava viaggi e trasferte che, adesso che ero sola, erano ogni volta una stilettata nel cuore e richiedevano di avere una persona fidata che potesse anche dormire con lui. Non riuscivo a fare pace non questa cosa, le evitavo finchè potevo e quando dovevo farle, partivo che il dolore nel cuore.

In quella fase della vita comunque ero tutta efficienza e gestione di Andrea, un vero marine! Tutta mamma e niente donna: mi trascinavo a sera senza sorrisi, senza spazio per me, disinteressata a tutto, compresa me stessa.

Stavo perdendo la gioia di Andrea, ero arrivata al punto di vederlo come una limitazione, un problema e a volte avevo quasi paura di noi due da soli se ad esempio si ammalava. A questo si aggiungeva che la nostra socialità come famiglia, in quel momento a due, era ridotta a zero o meglio ero io che non riuscivo ancora a gestire emotivamente il fatto di essere sola….senza negare che molte volte erano gli altri che mi facevano fare fatica con le facce penose e di “misericordiosa compassione”.

Possibile che in tutta Milano fossi solo io mamma single di un bambino di due anni? Dove si nascondevano tutti gli altri? Ognuno chiuso nella sua casa a tirare avanti ogni singolo giorno come me? O a casa dei nonni per sopravvivere e lenire le ferite?

Ho iniziato perciò a cercare in internet e nella giungla dei siti per chi diciamo “si vuole rimettere sul mercato” come adulto single, mi sono imbattuta in Smallfamilies.

Da donna di comunicazione, “famiglie a geometria variabile” mi è sempre piaciuto un sacco, perché rinforzava l’idea di essere una famiglia e quel sito così semplice e diretto è stato un faro nel buio: quindi esistevano tanti come me e non erano nascosti a casa! Vero la nostra vita è logisticamente più complicata di quella delle famiglie tradizionali ma altrettanto bella. Il meraviglioso viaggio di essere genitori è anche per noi!

In quel momento ho capito che il lavoro da fare era sulla mia identità di mamma single: passata la fase di emergenza del rientro a Milano e della riorganizzazione della vita, adesso era il momento di guardarsi in faccia e accettarsi. Accettare che la famiglia che avevamo sognato e che io sognavo fin da bambina non c’era stata, accettare e superare i sensi di colpa, accettare che alcune cose sarebbero state diverse per noi, accettare che un giorno avremmo dovuto spiegare ad Andrea, accettare le sue domande e le sue richieste.

Questo momento, insieme al confronto con il papà di Andrea, è avvenuto poco dopo quando Andrea aveva risentito fortemente della nuova partenza del papà che si era allontanato da Milano per alcuni mesi; di nuovo, il nostro cucciolo, ci aveva messo davanti alle nostre responsabilità attraverso l’esternazione delle sue fatiche e abbiamo contattato una psicologa-psicomotricista, per mettere ordine nella situazione e nei nostri ruoli. Il percorso è stato relativamente veloce e ha avuto indubbiamente il merito di averci fatto entrare in una nuova dimensione siamo come singoli, che come famiglia.

In quelle stanze, Andrea si è liberato delle domande e dei pesi ed è tornato ad essere liberamente bambino, io ho capito che dovevo partire da Giovanna donna per sistemare tutto il resto e come coppia siamo riusciti a far uscire rancori e dire le parole che non avevamo mai detto per arrivare a essere realmente “una coppia separata ma genitori uniti”.

Da quel momento, abbiamo attraversato la fase di genitori separati senza momenti in comune o di condivisione, perché Andrea aveva bisogno di mettere ordine. Non è stato facile, credo per entrambi, perché comunque volevano preservare la sensazione di famiglia ad Andrea ma sappiamo che è stato giusto così e che sarebbe stata una fase giusta e inevitabile del percorso.

Ad un certo punto infatti abbiamo sentito che era il momento di iniziare di nuovo a fare delle cose insieme e ad avere anche una socialità come famiglia; abbiamo iniziato con delle cene a casa nostra (alle prime io e il mio ex compagno abbiamo fatto fatica ad intavolare qualsiasi discussione) per poi procedere con attività fuori, feste di amici di Andrea e quest’anno abbiamo addirittura passato Natale e Santo Stefano, noi tre soli.

Abbiamo fatto errori e arrivare a questo punto non è stato facile, ci sono stati avvocati,

vagonate di rospi da ingoiare, lacrime e sorrisi a tentare di coprire la rabbia ma adesso siamo qui e continuiamo il nostro cammino come famiglia.

L’altro giorno Andrea guardava un cartone animato nel quale i pupazzi si dicevano a vicenda cosa piaceva loro della rispettiva famiglia, io ho chiesto ad Andrea cosa gli piace della sua e lui ha risposto “mi piace giocare con papà, leggere e andare in giro con la mamma e poi fare delle cose tutti e tre insieme”. Confermato: siamo una famiglia.

Il lieto fine posso dire che c’è stato anche se era diverso da quello che avevamo immaginato all’inizio. Il viaggio continua “a geometria variabile”.

Foto tratta dal sito www.solidarietaveneto.it

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SF storie

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