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Il fondo di solidarietà per il coniuge separato in stato di bisogno

scritto da Chiara Masera

Il fondo di solidarietà per il coniuge separato in stato di bisogno è stato istituito in via sperimentale nella Legge di Stabilità 2016. Il Fondo attualmente ha una dotazione di 250.000 euro per l’anno 2016 e di 500.000 euro per l’anno 2017, successivamente dovrebbe funzionare un meccanismo di autoalimentazione.

In che cosa consiste: lo Stato anticiperà l’importo dell’assegno di mantenimento, non pagato dal coniuge obbligato, al coniuge beneficiario che si trovi in stato di bisogno, facendosi poi carico di recuperare il credito nei confronti del coniuge inadempiente.

Scopo del Fondo: intervenire non in qualsiasi caso in cui il coniuge che ha diritto a percepire l’assegno di mantenimento, ai sensi dell’art. 156 c.c., non lo abbia ricevuto, ma solo quando il titolare del diritto si trovi in stato di bisogno, non essendo in grado di provvedere, da solo, al mantenimento proprio e dei figli minori, o dei figli maggiorenni portatori di handicap, con il medesimo conviventi.

Chi ha diritto di accedere al Fondo: può ottenere il mantenimento a carico del Fondo di solidarietà il coniuge che sia (i) separato; (ii) in stato di bisogno; (iii) a favore del quale sia già stato stabilito e quantificato un assegno di mantenimento ex art. 156 c.c. (con sentenza, provvedimento presidenziale provvisorio, verbale di separazione consensuale, provvedimento di modifica delle condizioni della separazione); (iv) convivente con figli minorenni o maggiorenni portatori di handicap; (v) è necessario che sia provata l’inadempienza (per qualsivoglia ragione) del coniuge obbligato. A contrario, quindi, e per chiarezza, non può avere accesso al Fondo: chi ha già ottenuto il divorzio; chi non ha contratto matrimonio (ex conviventi); il coniuge separato che non ha figli; il coniuge separato ed in stato di bisogno i cui figli non convivano con lui; il coniuge separato che convive con figli maggiorenni non disabili; il coniuge che non si trovi in stato di bisogno.

Come funziona: il coniuge che ha i requisiti sopra menzionati può presentare istanza da depositare nella cancelleria del tribunale del luogo ove ha residenza, chiedendo l’anticipazione di una somma che non può essere superiore all’importo dell’assegno stabilito. Il presidente del tribunale o un giudice dal medesimo delegato, ritenuti sussistenti i presupposti, assunte ove occorra informazioni, nei trenta giorni successivi al deposito dell’istanza, valuta l’ammissibilità dell’istanza e la trasmette al Minsterio della Giustizia ai fini della corresponsione della somma. Il Ministero della Giustizia si rivale poi sul coniuge inadempiente per il recupero delle somme erogate. Quando il presidente del tribunale o il giudice delegato non ritiene sussistenti i presupposti per la trasmissione dell’istanza al Ministero, provvede al rigetto della stessa con decreto non impugnabile.

Stato di bisogno: si configura come la mancanza o insufficienza di mezzi atti ad assolvere le necessità primarie della vita: alimenti, vestiario, abitazione per il coniuge e per i figli (minorenni o maggiorenni affetti da handicap) conviventi. Occorrerà quindi dimostrare, con ogni mezzo, di non possedere un reddito o di avere un reddito minimo (al momento non è indicata alcuna soglia, in attesa del decreto attuativo).

Inadempimento del coniuge obbligato: in assenza di previsioni specifiche (ad oggi) nella legge e non essendo possibile la prova di un fatto negativo, dovrebbe essere considerata sufficiente la dichiarazione del coniuge beneficiario, o meglio l’atto formale di intimazione di pagamento al coniuge debitore, o eventualmente la documentazione bancaria (estratti conto) da cui si possa evincere l’assenza degli accrediti.

Costi: il procedimento introdotto con la presentazione dell’istanza (redatta su carta semplice) non è soggetto al pagamento del contributo unificato e può essere avviato dalla parte personalmente senza l’assistenza di un legale.

Documenti (presumibilmente) da allegare all’istanza: in attesa del decreto attuativo che potrà chiarire il punto, si può suggerire l’allegazione all’istanza dei seguenti documenti: 1) provvedimento nel quale è stato disposto l’assegno di mantenimento per il coniuge ex art. 156 c.c.; 2) documentazione che attesti il mancato pagamento; 3) documentazione che attesti lo stato di bisogno; 4) certificazione anagrafica dei componenti della famiglia (certificato di residenza e stato di famiglia).

Entrata in vigore: la legge di Stabilità prevede che, entro trenta giorni dalla entrata in vigore della legge (1 gennaio 2016), il Ministero della Giustizia, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, adotteranno con decreto attuativo, le disposizioni necessarie per l’attuazione del Fondo, con particolare riguardo all’individuazione dei tribunali presso i quali avviare la sperimentazone, alle modalità di pagamento delle somme, alle modalità di riassegnazione al Fondo delle somme recuperate dal coniuge inadempiente.

Aspettiamo di conoscere dai decreti attuativi i dettagli della nuova misura nonché eventuali modifiche all’impianto complessivo (ad esempio in termini di auspicabile inclusione dei divorziati ed ex conviventi) per poter procedere ad una valutazione più completa delle criticità già evidenti.

immagine: tratta da sito Jusdicere.it

autore

Chiara Masera

Avvocata civilista in Milano con formazione in diritto di famiglia e minorile. Propongo, ove possibile, un approccio improntato ad un controllo della conflittualità, ad una ricerca di collaborazione tra parti e legali che permetta di valutare tutte le strade possibili al fine di trovare un accordo, in particolare nell’interesse dei figli. Formata alla negoziazione assistita e alla pratica collaborativa, sono iscritta all’elenco degli Amministratori di Sostegno presso il Tribunale di Milano. Faccio parte della rete dei servizi convenzionati con l’associazione. Per questo sito scrivo su questioni relative al diritto di famiglia.

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