Diritti e Doveri ESPERTI - consigli & convenzioni

Le convivenze di fatto: ricapitoliamo

scritto da Chiara Masera

La legge Cirinnà, approvata l’11 maggio 2016 che regolamenta le Unioni Civili e disciplina le Convivenze di fatto, nella seconda parte (art. 1 comma 36 ss DDL Cirinnà) si addentra nella Convivenza di fatto tra due persone maggiorenni, sia eterosessuali che omosessuali, unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile. Delle Unioni civili ho riassunto nel post del 24 maggio scorso. In questa puntata sintetizzo i passaggi più importanti relativi alla Convivenza di fatto.

Elemento costitutivo

Elemento costitutivo della convivenza di fatto è la ‘stabile convivenza’; strumento di accertamento di questo requisito è la verifica anagrafica. La dichiarazione anagrafica (art. 4 e art. 13, comma 1 lett b, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30.5.89, n. 223) non ha valore costitutivo della convivenza.

Contratto di convivenza: i conviventi di fatto possono disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza (art. 1 comma 50). Nel contratto deve essere indicato l’indirizzo di ciascuna parte al quale devono essere effettuate le comunicazioni inerenti al contratto medesimo.

Il contratto può contenere:

  • l’indicazione della residenza
  • le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, in relazione alle sostanze di ciascuno e alla capacità di lavoro professionale o casalingo
  • il regime patrimoniale della comunione dei beni, come regolato nel codice civile.

Nozione e funzione: il contratto di convivenza è il negozio con cui i conviventi disciplinano i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune. Il contratto non ha efficacia costitutiva della convivenza di fatto, è una facoltà dei conviventi.

Forma: Il contratto di convivenza, le sue modifiche e la sua risoluzione sono redatti in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato che ne attestano la conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico.

Opponibilità: ai fini dell’opponibilità ai terzi, il professionista che ha ricevuto l’atto in forma pubblica o che ne ha autenticato la sottoscrizione, deve provvedere entro i successivi dieci giorni a trasmetterne copia al comune di residenza dei conviventi per l’iscrizione all’anagrafe.

Validità ed efficacia: il contratto di convivenza non può essere sottoposto a termine o condizione. Nel caso in cui le parti li inseriscano, si considerano per non apposti.

Nullità: il contratto di convivenza è affetto da nullità insanabile, che può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse: a) se concluso in presenza di un vincolo matrimoniale, di un’unione civile o di un altro contratto di convivenza; b) se contratto da persone che non hanno conseguito la maggiore età; da persone vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione; se contratto da più di due persone; c) se contratto da persona interdetta giudizialmente; d) in caso di condanna per omicidio consumato o tentato sul coniuge dell’altra (art. 88 c.c.).

Cause di risoluzione del contratto di convivenza

  • l’accordo delle parti
  • il recesso unilaterale
  • la morte di uno dei conviventi
  • il matrimonio o l’unione civile tra i conviventi o tra un convivente ed un’altra persona.

Risoluzione per recesso unilaterale: il professionista che riceve o che autentica l’atto è tenuto, oltre che agli adempimenti previsti dall’art. 1 comma 52 ai fini dell’opponibilità ai terzi (trasmissione nei dieci giorni al comune di residenza dei conviventi per l’iscrizione all’anagrafe), a notificarne copia all’altro contraente all’indirizzo risultante dal contratto. Nel caso in cui la casa familiare sia nella disponibilità esclusiva del recedente, la dichiarazione di recesso, a pena di nullità, deve contenere il termine, non inferiore a novanta giorni, concesso al convivente per lasciare l’abitazione.

Risoluzione per matrimonio o unione civile: il contraente che ha contratto matrimonio o unione civile deve notificare all’altro contraente, nonché al professionista che ha ricevuto o autenticato il contratto di convivenza, l’estratto di matrimonio o di unione civile.

Risoluzione per decesso del convivente: il contraente superstite o gli eredi del contraente deceduto devono notificare al professionista, che ha ricevuto o autenticato il contratto di convivenza, nonché all’anagrafe del comune di residenza l’estratto dell’atto di morte.

Alimenti: in caso di cessazione della convivenza di fatto, il giudice stabilisce il diritto del convivente di ricevere dall’altro convivente gli alimenti qualora: 1) versi in stato di bisogno e 2) non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento.

Durata, misura degli alimenti e ordine degli obbligati: gli alimenti sono assegnati per un periodo proporzionale alla durata della convivenza e nella misura determinata ai sensi dell’art. 438, II comma, c.c. L’obbligo alimentare del convivente è adempiuto con precedenza sui fratelli e le sorelle.

Profili processuali: è competente il giudice ordinario in composizione monocratica, senza l’intervento del PM. La competenza territoriale è del giudice del luogo in cui ha domicilio o residenza chi chiede gli alimenti; è comunque competente anche il giudice del luogo di residenza del convenuto.

Casa familiare in caso di interruzione della convivenza per recesso unilaterale: nel caso in cui la casa familiare sia nella disponibilità esclusiva del recedente, la dichiarazione di recesso, a pena di nullità, deve contenere il termine, non inferiore a 90 giorni, concesso al convivente per lasciare l’abitazione.

In caso di morte del convivente proprietario della casa familiare: il convivente ha diritto di abitazione nella casa per un periodo di due anni, se la convivenza ha avuto durata inferiore a due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni. Se nella casa coabitano figli minori o figli disabili del convivente superstite, il medesimo ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni.

Il diritto del convivente superstite ad abitare nella casa familiare viene meno qualora il medesimo cessi di abitare stabilmente nella casa oppure contragga matrimonio o stipuli una unione civile o intraprenda una nuova convivenza di fatto.

Locazione: nei casi di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto di locazione della casa di comune residenza, il convivente di fatto ha facoltà di succedergli nel contratto.

Malattia o ricovero: i conviventi di fatto hanno diritto reciproco di visita, di assistenza nonché di accesso alle informazioni personali, secondo le regole di organizzazione delle strutture ospedaliere previste per i coniugi e i familiari.

Direttive anticipate di trattamento terapeutico e direttive post mortem: ciascun convivente di fatto può designare l’altro quale suo rappresentante con poteri pieni o limitati: a) in caso di malattia che comporta incapacità di intendere e di volere, per le decisioni in materia di salute; b) in caso di morte, per quanto riguarda la donazione di organi, le modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie. La designazione è effettuata in forma scritta e autografa oppure, in caso di impossibilità a redigerla, alla presenza di un testimone.

Impresa familiare: al convivente di fatto che presti stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro convivente, spetta una partecipazione agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquisiti con essi nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, commisurata al lavoro prestato.

Amministrazione di sostegno e altre misure di protezione: il convivente di fatto può essere nominato tutore, curatore o amministratore di sostegno, qualora l’altra parte sia dichiarata interdetta o inabilitata.

Danno parentale: in caso di decesso del convivente di fatto, derivante da fatto illecito di un terzo, nell’individuazione del danno risarcibile alla parte superstite, si applicano i medesimi criteri individuati per il risarcimento del danno al coniuge superstite.

autore

Chiara Masera

Avvocata civilista in Milano con formazione in diritto di famiglia e minorile. Propongo, ove possibile, un approccio improntato ad un controllo della conflittualità, ad una ricerca di collaborazione tra parti e legali che permetta di valutare tutte le strade possibili al fine di trovare un accordo, in particolare nell’interesse dei figli. Formata alla negoziazione assistita e alla pratica collaborativa, sono iscritta all’elenco degli Amministratori di Sostegno presso il Tribunale di Milano. Faccio parte della rete dei servizi convenzionati con l’associazione. Per questo sito scrivo su questioni relative al diritto di famiglia.

lascia un commento