STORIE

Questo è tuo padre naturale

scritto da Ebbi K.

Una serata così, quella di oggi, autunno inoltrato, freddo fuori caldo dentro, il divano, imcartoni animati alla tv, camomilla…

Mamma ma noi un papà lo abbiamo?

Rabbrividisco un po’… poi la solita studiata storia: – Certo, lo sai, vive a Madrid, per arrivarci devi prendere un aereo. Ci sei stato due volte da piccolino, ma non puoi ricordare. Lui vive e lavora lontano…

Per la prima volta in questi rivoluzionari anni mi chiede di vedere una foto di suo padre. Una tua foto. Gliela mostro. Una di quelle dove sei particolarmente spettinato…La guarda con attenzione e birichino come solo lui sa essere, si rotola sul tappeto ridendo con gusto.

Amore perché ridi?
Mamma, lui è buffo!

Ora, tra tutti gli aggettivi, i nomi, gli epiteti con cui ti penso, buffo non mi era mai passato per la testa. E detto con così allegra spensieratezza. Che regalo ti ha fatto! Per ora. Sappiamo che le cose cambieranno. Sappiamo bene che non te lo meriti.
Tu che hai avuto paura. Tu che hai ascoltato tenendomi per mano, fatto qualche promessa e poi sei sparito. Tu che non volevi sapere quando è nato e che non hai ancora voluto incontrarlo. Tu che parli e non mantieni. Tu che ignori, eviti, raggiri, posticipi, cancelli, giustifichi, dimentichi. So che devi provare tanto rancore nei miei confronti, noi siamo l’imprevisto e il non voluto nella tua vita programmata di talento. Non siamo i benvenuti. Mi hai dato colpe: sono colpevole di non essere io la donna amata da cui avere un figlio. Sono colpevole di non rientrare nella cerchia dei tuoi cari, dei tuoi interessi. Sono colpevole di non appartenere al tuo mondo. Forse non ti capaciti ancora della mia testarda, univoca scelta. Siamo colpevoli di non conoscerci abbastanza, siamo colpevoli dei ruoli che ci stiamo dando: tu stronzo impenitente e senza cuore, io acida e troppo incline al vittimismo… Non concedi mai tu, così glaciale e parco di gesti, al limite del maleducato, spesso. In quattro anni mi hai dato una cena di un’oretta, un drink, un paio di telefonate, una trentina o poco più di messaggi al cellulare… Ci hai chiesto solo una volta come stiamo, non hai mai chiamato D. per nome, non ci hai mai aiutato.

Tu che non sei più gentile. E questo non te lo perdonerò mai.

Mi segue un mediatore familiare, ho parlato con uno psicologo, entrambi concordano che tra i miei compiti di madre ci sia anche quello di farti riconoscere le tue responsabilità di padre naturale. Non mi hanno pienamente convito.
Sei adulto, infondo, hai una coscienza. Certo te lo ricordo che sei suo padre, questo si, più di quanto tu voglia, anche adesso. Ma
sai, mi fa vergognare ed è umiliante. Per molto tempo mi ha schiacciato come un rimorso… come se io ti avessi rubato qualcosa. Ora so che sei tu che hai perso qualcosa, qualcosa di grosso, più grande -per quanto tu possa faticare a crederlo- di te stesso e della tua arte, qualcosa che ti stai perdendo inesorabilmente e che perderai del tutto se non ti fermi e non vieni qui, da noi, a conoscerlo. Anche se non riesco ancora ad immaginarlo, anche se non possiamo essere diretti, anche se la verità va prima ricostruita sulla sua capacità di bambino di accoglierla e capirla: D. questo è TUO PADRE.

 


In apertura: illustrazione di Anna Resmini tratta dall’articolo comparso sulla 27Ora

autore

Ebbi K.

Ho una laurea in storia del cinema, un diploma da operatrice culturale, il tesserino da giornalista. Saltuariamente curo l'ufficio stampa per alcuni festival di cinema. Sono mamma single del piccolo Diego. Spesso provo a mettere tutto insieme. Per Smallfamilies collaboro alla sezione Diario d'autori.

1 commento

  • il mio bambino ha compiuto 1 anno domenica scorsa. tu hai scritto in bella forma la sostanza di ogni mio pensiero, se mi avessi sbobinato il cervello e la vita ne saresti stupita, spero che questo ti sia di conforto. tu lo sei stata per me.
    Non so dove sarò io tra 3 anni, spero di essere un po’ meno arrabbiata di oggi. Mi dai qualche speranza? 🙂

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