STORIE

Rossella • Adolescenza di una figlia con papà part time

scritto da Rossella Boriosi

L’apocalisse ha avuto inizio nel pomeriggio di un giorno primaverile quando, nell’accompagnare mia figlia nel borgo umbro dove si sarebbe tenuta la festa, la ragazza era più volte esplosa in scene isteriche a causa del ritardo accumulato nel traffico, scoppiando poi a piangere quando avevo sbagliato strada la prima volta. La ragazza aveva trattenuto un bestemmione quando l’avevo fatto per la seconda (io le ho letto nel pensiero) e, infine, mi aveva costretta a parcheggiare nel luogo convenuto in modo che l’auto fosse visibile ai suoi amici ma non ai suoi nemici.

Ad attenderla non c’era nessuno.

Ormai in preda all’angoscia e al senso di abbandono Erika aveva tentato di chiamare le amiche senza ricevere alcuna risposta, ululando di stizza e nervosismo, per ricomporsi all’improvviso e illuminarsi tutta vedendo comparire un gruppo di sciamannate camminare pieno di flemma e indolenza, tutte con la stessa giacca e lo stesso modello di scarpe addosso, solo declinato in colori diversi. A quel punto si era sistemata i capelli e tolta il mascara che le era colato sulle guance, aveva indossato la sua solita espressione da diva capitata lì per caso e si era preparata a scendere dall’auto con falcata da modella. “Adesso puoi anche andartene al diavolo” aveva sibilato prima di uscire dall’abitacolo.

La scena successiva non la racconterò, abbiate pazienza. Dovrete immaginarla.

Tre ore dopo ero con suo padre su skype.

È in momenti come questi che si apre il confitto interiore del genitore con compagno lontano: è il caso di rendere l’altro partecipe dei triboli che si stanno attraversando – consapevoli che questi comunque non può far nulla – o è meglio tacere? E in questo caso, fino a che punto?

Mio marito vive nell’altra pagina dell’Atlante geografico: in India, a Bangalore, a novemila chilometri da qui. Non so dire attraverso quale alchimie riusciamo a tenerci insieme – io, lui e i nostri tre figli. O meglio, saprei dirlo, ma annoierei.

Ci vediamo per due settimane ogni tre mesi ed è difficile per tutti, ma sappiamo anche di vivere nella migliore delle epoche possibili, quella in cui si può viaggiare low cost e si può condividere la propria quotidianità con chiunque nel mondo in tempo reale “Mentre una volta una simile distanza avrebbe significato solo una cosa: farewell goodbye” ha chiosato Simona che insegna inglese e tiene che si sappia.

La sola differenza tra la mia famiglia e quella di Simona è che loro si ritrovano la sera a cena, mentre noi siamo costantemente connessi con messaggerie e Voip per cercare di non perderci di vista.

Va tutto bene finché va bene, ma quando va male.. È quando va male che si misura la tenuta della famiglia.

Il dilemma, quando uno dei due è lontano, è capire se sia il caso di raccontare i problemi all’altro e fino a che punto. È scegliere cosa rivelare e cosa tacere, è individuare i fatti sui quali glissare, consapevoli che l’altro può comunque fare poco o nulla.

Ma è giusto tenere il genitore lontano estraneo ai deragliamenti per tutelarne la serenità? Non è disonesto lasciarlo nell’ignoranza, decidere noi per lui quali informazioni dare? Non è paternalistico, scorretto, fazioso?

La scenata tra me e mia figlia aveva alzato il livello dello scontro generazionale portandolo a vette ancora inesplorate. Avrei dovuto dirlo a suo padre o sarebbe stato meglio lasciarlo tranquillo per evitargli frustrazioni?

Alla fine, dopo molti sospiri, avevo deciso: avrei detto a mio marito cosa era accaduto tra me e la sedicenne. Troppo tardi, però: Erika aveva già parlato con papà raccontandogli tutto cosicché, nel pantano dei sentimenti che si agitavano nei nostri cuori, almeno una cosa era certa: era colpa mia.

autore

Rossella Boriosi

Blogger, smallfamily “a tempo” (sposata ma con il coniuge che vive all’estero e lontano otto mesi l’anno), ho tre figli. Già autrice del racconto "La stagione dei monsoni" contenuto nell’antologia smALLholidays, secondo titolo della collana smALLbooks per Smallfamilies® edita da Cinquesensi Editore in Lucca e autrice del libro "L'ultima volta che ho avuto sedici anni". Per il sito di Smallfamilies® collaboro al “Diario d'Autori”.

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