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Testamento biologico: Europa chiama Italia

scritto da Maria Garofalo

Prima di esaminare il vuoto legislativo del nostro paese sul testamento biologico,vediamo come il problema sia stato affrontato in alcune legislazioni straniere

Gli Stati Uniti sono stati i primi a riconoscere il living will(testamento di vita), cioè la dichiarazione di colui che dispone della propria vita nelle ipotesi in cui, a causa di una grave malattia, generalmente terminale, non sia capace di manifestare in futuro la propria volontà.

Lo stesso si inserisce nel più ampio contesto delle cd. advanced directives, vale a dire, quell’insieme di dichiarazioni rivolte al medico circa le cure verso le quali si presta il consenso o il rifiuto.

In Inghilterra, il living will non è espressamente riconosciuto dalla legge ma è un istituto ormai consolidato nella pratica, tanto che la giurisprudenza ne ha enucleato le condizioni, statuendo che il testamento biologico si reputa valido quando: 1) il soggetto sia capace di intendere e volere nel momento in cui manifesta la volontà di rifiutare determinate cure per il futuro; 2) abbia avuto ben presente la situazione, clinica e psichica nella quale si verrà a trovare; 3) non sia stato influenzato da alcuno.

In Spagna nel 1989 la conferenza episcopale ha proposto una forma di testamento vital , cioè la dichiarazione in ordine alle terapie da praticare in caso di bisogno, senza che il paziente sia sottoposto a trattamenti medici sproporzionati. Iltestamento vital non è espressamente disciplinato dal legislatore spagnolo, però di fatto si riconosce ad un soggetto, capace di intendere e volere, la possibilità di rifiutare l’accanimento terapeutico.

A livello europeo, più in generale, non c’è ancora una disciplina uniforme che stabilisca la rilevanza delle direttive anticipate e del testamento biologico nei singoli Stati membri, ma sono state adottate norme di principio.

Ricordiamo all’uopo la raccomandazione del 1976 del Consiglio Europeo, dei diritti dei malati e dei morenti, nella quale si afferma che i diritti da garantire ai malati sono: dignità, integrità, informazione, cure, il rispetto della volontà ed il diritto a non soffrire inutilmente.

Nel 1997 è stata adottata la Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina, sottoscritta anche dall’Italia, nella quale vengono fissate norme di principio relative alla protezione della persona in tutte le sue condizioni esistenziali, salute, malattia ecc. In particolare, l’art. 9 prevede la validità della volontà espressa anteriormente da un paziente.

E in Italia?

Nell’attuale carenza di una specifica disciplina legislativa è intervenuta la Corte di Cassazione ( Cass. n.21748 del 2007 sul caso Inglaro) che ha sottolineato come il diritto all’autodeterminazione terapeutica del paziente non può essere disatteso neppure quando “da esso consegua il sacrificio del bene della vita”.

I giudici di merito sono stati ancora più espliciti. Tra tutti ricordiamo il decreto emanato dal giudice Tutelare del Tribunale di Modena (maggio 2008) che ha inquadrato la problematica con riferimento alle norme della Costituzione: viene ribadito il concetto che gli artt. 2, 13 e 32 , vietano al medico di eseguire trattamenti sanitari senza il consenso libero e informato del paziente,presupposto espressivo del suo diritto primario di accettazione, rifiuto e interruzione della terapia.

Anche il Codice di deontologia medica prevede che il medico debba fornire la più idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive ed eventuali alternative diagnostico- terapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte operate; dispone inoltre di non intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l’acquisizione del consenso informato.

Nonostante gli sforzi della giurisprudenza, legiferare sul testamento biologico serve a riconoscere espressamente il diritto di disporre della propria vita e di fare chiarezza sugli obblighi in capo ad altri soggetti che se ne prendono cura, come per esempio i sanitari. In attesa che si colmi questo vergognoso vuoto legislativo, 150 Comuni italiani hanno rimesso al centro i diritti civili, munendosi di una legge ad hoc ed attivando il registro sul testamento biologico.

Il consiglio comunale di Milano (a cui si è associato recentemente quello di Roma) ha approvato nel luglio 2013 la delibera di iniziativa popolare che istituisce il registro delle attestazioni delle dichiarazioni anticipate di fine vita. Le indicazioni contenute nel testamento confluiranno in un registro che potrà accogliere disposizioni anticipate anche su prelievi e trapianti di organi o tessuti e sulla cremazione e dispersione delle ceneri.

Le dichiarazioni anticipate si riferiscono ai trattamenti sanitari che il cittadino intende o non intende consentire, in situazione di perdita di coscienza definibile come permanente e irreversibile.

Il dichiarante può inoltre indicare anche i soggetti fiduciari incaricati per l’esecuzione delle proprie volontà. In questo caso, anche i fiduciari dovranno depositare una propria dichiarazione all’ufficio dell’assessorato alle Politiche sociali.

autore

Maria Garofalo

Avvocata del Foro di Milano e madre di un giovane uomo, mi occupo da tempo di diritto di famiglia e di minori. Ho seguito un corso di psicologia, che si è rilevato un ottimo strumento per sondare quel vissuto di maltrattamenti e violenze di solito taciuti dai soggetti più deboli. Faccio parte della rete dei servizi convenzionati con l’associazione Smallfamilies®.Già autrice del racconto “Un Natale particolare” per l’antologia smALLchristmas, per questo sito scrivo su questioni relative al diritto di famiglia.

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