STORIE

Lasciar andar via…

Freedom concept. Escaping from the cage

Mi è capitato d’incontrare in strada alcune persone con cui, in precedenza, avevo avuto una relazione sentimentale.

Non mi riferisco a coloro le quali hanno condiviso con me solo qualche drink e il relativo proseguimento di serata, ma alle figure femminili che mi hanno sopportato per il tempo necessario a comprendermi e scoprire, quindi, i miei difetti e fragilità.

Ricordo che alcune le ho amate così intensamente da mancarmi l’aria, altre mi hanno scottato le dita, talune divertito, qualcuna è stata da me delusa, purtroppo.

E il rivederle, dopo tanti anni, e accorgermi che quelle medesime ragazze, adesso donne, per le quali mi ero sciolto in lacrime e disperazione quando ci separammo, ora mi apparivano, affettivamente, quasi estranee, è stata una sorpresa.

Da giovane ero un romantico ingenuo e credevo che il sentimento amoroso tra due amanti potesse anche affievolirsi, ma non scomparire del tutto; ora, invece, mi rendevo conto che, oltre alla cortesia, non c’era niente di più.

Il tempo è un galantuomo, dicono, poiché fa dimenticare le cose più sgradevoli dei rapporti di coppia; ma dovrebbero aggiungere che, inesorabilmente, si porta via anche quelle belle.

Così, il ritrovarmi con chi aveva condiviso con me avvolgenti abbracci notturni e assonnati silenzi mattutini, mi suscitava soltanto una flebile emozione, pari a quella che avrei potuto provare nell’incrociare un amico d’infanzia che non vedevo da decenni.

Eppure quella donna che ora mi stava davanti e mi sorrideva, pur ignorandolo entrambi, avrà di sicuro influenzato molte delle mie scelte nella vita, ma, per quanto a quel tempo non avessimo segreti tra noi, adesso m’ispirava soltanto un tenue interesse.

E dallo sguardo che percepivo, per lei era uguale.

Possibile che si diventi così insensibili e cinici?

Allora tutte le promesse, i giuramenti che c’eravamo scambiati, altro non erano che divagazioni di un tema vecchio come il mondo, lo stare insieme per sempre, al quale ben pochi sono stati in grado di mantener fede… fino a che morte non ci separi; si certo, come no!

Ogni volta che, a quel tempo, m’innamoravo, ero sicuro che fosse l’ultima perché ritenevo che sarebbe durato per tutta la vita, ma anche quando finiva male e il dolore annebbiava sentimenti e raziocinio, mai, neppure per un momento ho pensato che chi mi stava lasciando dovesse soffrire per quello che penavo.

Certo, a volte speravo che qualcuno mi rimpiangesse e tornasse in ginocchio supplicandomi di dimenticare; altre volte, invece, m’inorgoglivo all’idea di riemergere dalla frustrazione dolorosa della separazione come un novello Edmond Dantes, ma questi deliri erano i postumi di qualche drink di troppo ad alimentare quell’ingenua euforia.

Ad ogni modo, è andata diversamente, per fortuna di tutti.

Dopo qualche lacrima “in solitaria”, più alcune decine di scatole di pizza da asporto e svariati film da “ignoranti”, tanto per non farmi mancare nulla, in un modo o nell’altro mi riprendevo e ricominciavo a vivere.

Caratterialmente sono poco attento alla realtà contingente e ancor meno incline, infine, a preoccuparmi del futuro, preso come sono a vivere d’aria, d’amor cantando e perennemente con la testa tra le nuvole.

Le donne della mia vita affettiva, invece, erano concrete, pragmatiche e vitali; volevano costruire qualcosa di solido, duraturo e avevano ambizioni e caparbietà.

Insomma, una marcia in più.

E se l’essere così differenti tra noi suscitava allegria, nei primi tempi, alla lunga, però, rivelava la diversità di obiettivi, facendone affiorare i contrasti.

Così finivano rapporti amorosi che, sulla carta, avevano i requisiti per essere annoverati tra quelli più azzeccati; le nostre diversità, infatti, erano considerate una ricchezza e dove uno era deficitario, l’altro suppliva egregiamente al ruolo.

Può darsi che per molte coppie sia così ancora adesso; non lo è stato per me.

Maturavo a una velocità disuguale alla mia compagna, e quel che a me bastava, a lei non era più sufficiente; e allora lo stare insieme al sottoscritto diveniva faticoso, poiché ero una palla al piede alle sue aspirazioni.

Sicché ho veduto bruchi divenire farfalle bellissime e realizzate nei propri desideri, mentre io camminavo ancora in un precario equilibrio tra sogno e realtà.

Non è stato indolore vederle andar via, ma era giusto perché, per quanto volessi bene a loro, ne volevo anche a me stesso.

Non potevo sopportare l’idea che qualcuno fosse costretto a restare con me solo per compassione o altro, e così, a malincuore, abbozzavo.

Il mio carattere tollerante e spensierato, lasciatemelo almeno credere, non è alieno al coinvolgimento emotivo.

Se una donna mi fa palpitare il cuore e ruba sospiri e alberga ogni istante della giornata nella mia testa, ebbene, l’idea che possa andarsene o qualcun altro possa sottrarmi la sua presenza fisica, mi disorienta, m’ingelosisce e mi fa soffrire.

Gli specialisti la chiamano insicurezza o poca fiducia in noi stessi o immaturità o paura di crescere o…via dicendo.

Può darsi che sia proprio così.

Potremmo aprire una discussione infinita sul significato dell’insana possessione, da tutti deprecata, e della naturale gelosia o insicurezza, d’accordo, degli esseri umani a non voler condividere la persona amata con nessun altro della propria specie.

Ho letto ricerche importanti e studi approfonditi redatti da “professionisti del tema”, mi piacerebbe conoscere l’esito delle loro storie d’amore, ma questo è tutt’altro argomento; ad ogni modo, sebbene possa convenire che su alcuni atteggiamenti comportamentali abbiano ragione, una certa perplessità, riguardo alle soluzioni consigliate, non è mai stata fugata del tutto.

Mi sono sempre rifiutato di catalogare in schemi l’amore perché ha nel proprio intimo l’irrazionale, ed è il suo bello; e, in ugual misura, ho diffidato di coloro i quali predicavano rimedi suggestivi per risolvere le controversie che hanno veduto l’umanità intera rompersi la testa alla ricerca di una formula magica che salvasse capra e cavoli.

E non mi riferisco a coloro i quali si affidano alla fattucchiera di turno.

Davanti al divino Otelma, scusate, se proprio devo passare una notte insonne, preferisco un kebab piccante.

Scherzi a parte, è’ probabile che il mio ragionamento sia viziato da un fondo d’ignoranza e superficialità, posso accettarlo, ma non siamo mobili dell’Ikea con le istruzioni da seguire per l’assemblaggio.

Non credo esistano soluzioni universali, poiché ognuno di noi è un mondo a sé; e se taluni vengono da Marte, altri, invece ….

Però, su una cosa banalissima, della quale non ci sarebbe neppure necessità di ribadirlo, possiamo essere tutti d’accordo: nel rapporto amoroso nessuno è proprietario dell’altro.

Se il mettersi insieme è una libera scelta, altrettanto deve essere il poter sciogliere il legame.

Evidentemente non è così da quel che si legge sui giornali.

Quando le relazioni sentimentali terminano, c’è sempre qualcuno “ammaccato” e qualcun altro …”liberato”.

La fine di un rapporto affettivo non si può riportare a una data precisa alla quale fare riferimento, ”…ho smesso di amarti il primo lunedì di marzo!”, perché per quanto grave sia l’errore commesso d’altro, se ancora pulsa qualcosa nel nostro cuore, si troverà sempre il modo di perdonarlo.

E se, inconsapevolmente, senza sapere quando ciò è accaduto, ci accorgessimo che non è più come prima, cosa succede …?

Non è una colpa aver mutato il sentimento!

Essendo un elemento volubile e impulsivo, l’amore, sfugge a regole e segue solo l’ispirazione e il proprio cuore; altrimenti è un’altra cosa che confina tanto, troppo, con l’interesse materiale, fisico ed economico.

Il non vedersi più, quindi, sancisce solo l’epilogo di un percorso intrapreso in solitaria da uno dei due partner.

Il “rifiutato”, a questo punto, si ripara nella scusa del trovarsi impreparato davanti a una decisione maturata a sua insaputa, come se non l’avesse compreso da tanti piccoli ma significativi dettagli, e quand’anche fosse così, non avrebbe lo stesso attenuanti poiché sarebbe l’ammissione che era tutto preso da altre priorità che riteneva più importanti del rapporto di coppia.

E allora, come ultimo “escamotage”, sprofonda nel dolore e nell’atavica paura della solitudine, chiedendo tempo per capire.

Ma era solo già da prima, soltanto che non lo sapeva o fingeva di non saperlo.

Tutto qui.

La persona alla quale era abituato, e che lo accompagnava al cinema, in vacanza o gli si concedeva, in verità, con la mente era altrove da chissà quanto tempo, e lui, ignaro o fintamente tale, ne fruiva in modo abusivo.

Ribaltiamo lo schema e proviamo a immaginarci al posto dell’altro.

Quando è toccato a noi chiudere certe storie, abbiamo esitato a lungo, ci siamo macerati nel dubbio e abbiamo addotto a mille scuse pur di procrastinare la decisione e sperare che la soluzione apparisse da sola.

Poi, quando “quella” frequentazione l’abbiamo vissuta come una costrizione, una prigionia insopportabile, ci siamo fatti coraggio e abbiamo affrontato la questione.

Non dovremmo mai dimenticare che, almeno una volta nella nostra vita, quelli che si sentivano in gabbia e cercavano di “volare” via, siamo stati noi.

E se in quel momento la persona “ferita” ci avesse ostacolato, tormentato o minacciato, ebbene credo proprio che non avremmo rivisto la nostra decisione, ma a gambe levate saremmo fuggiti il più lontano possibile, anche solo per ripicca o per non sentire più le lagne o le proteste o per evitare di essere additati come colpevoli dell’altrui infelicità.

Non a caso ho usato il termine “prigionia”.

In un rapporto che non funziona, uno dei due è costretto a fare quello che non vorrebbe, senza la libertà, invece, verso ciò che più desidera.

Ma stiamo parlando della nostra vita, composta di una serie successiva di giorni, uno dopo l’altro, che per quanto tutti noi ci si auguri siano molti, non saranno mai troppi e prima o poi…

Allora ogni giorno diventa importante e preziosissimo, e vorremmo viverlo al meglio, godere dell’unica esperienza terrena, con tutto il rispetto per le credenze religiose e filosofiche, e non rinunciarvi a causa di impedimenti, minacce e paure a noi imposte.

E quando questo accade, per quanto qualcuno possa definirlo un rapporto amoroso conflittuale influenzato dalla gelosia, sta mentendo.

Quella relazione di sentimentale ha ben poco, ma è pura possessione, un vincolo coatto e niente più.

Il mio non è un invito alla sfrenata promiscuità, anche se ho consigliato ai miei figli di “conoscere” molte persone prima di prendere decisioni importati che potrebbero essere sbagliate in virtù dell’inesperienza, ma un richiamo a considerare che siamo già abituati a veder andar via coloro ai quali eravamo legati da un sentimento di affetto, familiarità, amore.

Ricordiamoci degli amici dell’infanzia, i compagni di classe, le conoscenze occasionali delle vacanze, i flirt estivi, i commilitoni per chi come me ha svolto il servizio militare, i colleghi del primo impiego e quelli successivi, e infine noi quando, giustamente, siamo usciti dalla casa dei familiari per fare la nostra vita.

Sarà così anche per i nostri figli.

La natura è perfetta, e se qualcosa della nostra esistenza deve essere lasciata indietro perché noi siamo cresciuti, evoluti e cambiati, ebbene, è giusto che sia così.

Non aggrappiamoci con le unghie e i denti a qualcuno che ha esaurito la propria missione.

Accettiamo di veder andare via, seppur con dispiacere, coloro i quali non vogliono più condividere un tratto di strada con noi, senza rancore anche se ci farà soffrire, ma con la gratitudine di aver trascorso giorni importantissimi della loro singola esistenza al nostro fianco.

Potrebbero dimenticarci, forse, ma nel loro inconscio tutto rimane, e il nostro sorriso, voce e nome non sono stati inutili, non è stata una perdita di tempo, poiché grazie alla nostra frequentazione sono giunti dove si trovano adesso.

Vale lo stesso per noi.

“La musica è troppo breve per danzarla sempre con lo stesso stupido cowboy”, lessi su di un cartello appeso al muro di un bar, uno di quelli con il toro meccanico, in un paesino sperduto nel deserto del Nevada.

C’era della saggezza persino in quel luogo circondato dalla sabbia.

Il che è tutto dire!


Immagine tratta dal sito Cammina nel sole

autore

Claudio Barbagallo-barbecoq

Autore, creativo, padre separato di due figli, fondatore del gruppo Gli ammaccati (sentimentali). Autore di uno dei racconti di smALLholidays, il secondo titolo della collana smALLbooks, edita da Cinquesensi Editore in Lucca. Per il sito collaboro alla sezione “Diario d’autori”.

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