Chiarisco subito, a scanso di equivoci, che questo non è un post promozionale su Ikea. L’idea di parlarne mi è stata suggerita dal recente articolo apparso su Wired firmato da Michele Boroni, esperto di mass media, comunicazione e cultura pop, il quale si è cimentato in una interessante “Lettura antropologica del catalogo Ikea 2016”. L’autore infatti da circa otto anni si prende la briga, nelle prime settimane di settembre, di analizzarne il catalogo cartaceo e digitale ben sapendo che questa pubblicazione tra le più lette al mondo con 219 milioni di copie,
70 versioni diverse in 39 lingue (superato solo da: La Bibbia, le citazioni del presidente Mao ed Harry Potter) oltre alla mera funzione commerciale rappresenti “un leggero saggio antropologico sulle dinamiche dei nostri stili di vita e, ovviamente, dei modelli abitativi globali”. Pagine e pagine di oggetti per la casa, elementi d’arredo, stanze, cibo, che registrano, con una sensibilità non comune, quel che accade ogni giorno tra le pareti domestiche. Inutile negarlo, Ikea è stata, ed è, una delle prime e poche aziende ad essere in sintonia con lo spirito del tempo, capace di ben interpretare le configurazioni che casa e famiglia stanno via via prendendo. Ogni anno il catalogo racconta scene di vita familiare e quotidiana, tenendo conto pur nella dimensione globale delle diversità locali. E così, per esempio – fa notare Boroni – la copertina del catalogo Ikea 2016 in mezzo mondo ha come concept “le piccole cose che contano”: lo è in Usa e Uk o in Francia , mentre in Italia (e in Spagna) pur non cambiando la foto di copertina si punta sulla cucina e sul gusto (in Italia è tempo di EXPO 2015, come dimenticarlo) e quindi il claim è “Gustati la vita. Ogni giorno”.
Ma è la capacità di leggere i cambiamenti sociali ciò che ha destato il mio interesse. Non è questa una novità, certo, visto le numerose tesi di laurea e studi che sul “fenomeno Ikea” si sono fatte nel corso degli anni anche in Italia un po’ in tutte le facoltà . La novità sta nell’abilità che questa azienda ha nell’accompagnare i processi di mutamento che animano le nostre comunità, la nostra società. A noi di Smallfamilies questo aspetto interessa molto, ovviamente. Ci piace vedere che ci siamo anche noi accanto alle altre famiglia, qualsiasi siano le loro taglie e combinazioni. Sarà per questo che nelle trecentoventisei pagine del catalogo non vi è la “famiglia canonica” quella formata da madre-padre-bambini (in genere ben rappresentata nella comunicazione di molte altre aziende dei settori più disparati), ma padre-figlio, madre-figlia, bambini, giovani, nonni -bambini, single, etnie diverse e gruppi intergenerazionali di amici. L’autore dell’articolo sottolinea poi come le case siano sempre più piccole e le stanze multifunzionali (ma questa non è una novità va detto perché è da anni che ciò sta accadendo), mentre le camere dei figli, a differenza del passato, sono caratterizzate dalla presenza di 2-3 letti. Non so se come scrive Boroni è perché si preveda un aumento delle nascite. Dati alla mano, complice la crisi e la mancanza di sostegno alle famiglie, sembrerebbe proprio il contrario, almeno da noi (ma il catalogo e mondiale e in altri Paesi la tendenza è diversa). A me, italiana, viene piuttosto da pensare che lo sguardo sia rivolto al fenomeno delle famiglie ricostituite o ai sempre più numeri casi di famiglie di genitori single che a seguito di una separazione non possono permettersi di predisporre una stanza per ogni figlio ma, quando lo possono fare, al più attrezzano uno spazio dove far stare tutti i figli insieme magari anche con il genitore di turno. Perché due famiglie, due case hanno costi che pochi si possono permettere oggi. Case più piccole, stanze multifunzionali per famiglie a geometria variabile. Questa è la realtà.
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