Autobiografia, ossia narrazione della propria vita attraverso le vicende dello spirito, del pensiero, della ricerca. A questo è dedicata la Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari fondata nel 1998 da Duccio Demetrio, studioso di autobiografia nella formazione degli adulti, e da Saverio Tutino, inventore, animatore, e organizzatore dell’Archivio Diaristico di Pieve Santo Stefano, con l’intento di creare una comunità di ricerca, di formazione e di diffusione della cultura della memoria in ogni ambito.
La LUA propone numerosi e diversificati percorsi di formazione per tutti coloro che avvertano il bisogno di scrivere la propria e l’altrui storia di vita per finalità educative, terapeutiche, sociali e culturali e il suo Centro Studi crea costantemente occasioni di confronto scientifico tra sedi universitarie, centri di ricerca, fondazioni e associazioni con attività inerenti le multiformità dei generi autobiografici.
Il Centro si propone anche come archivio delle storie scritte o trascritte di chi versa in condizioni di fragilità umana in collaborazione con realtà territoriali che rappresentano dei veri osservatori in merito alla domanda e all’ offerta di scrittura senza finalità editoriali.
La LUA ha promosso e promuove svariati progetti a valenza locale, ma anche nazionale ed internazionale, tra i quali ad esempio il progetto Nati per scrivere, rivolto agli studenti della scuola primaria e promosso in collaborazione con l’Associazione Italiana Biblioteche.
I DOVE DELLA VITA.
LUOGHI E NON – LUOGHI PAESAGGI, SVOLTE E SENTIERI DELLA SCRITTURA AUTOBIOGRAFICA
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Per entrare nello spirito dell’evento e del tema di quest’anno, riportiamo il testo introduttivo di Duccio Demetrio pubblicato sulla home page del sito nella sezione dedicata al Festival dell’Autobiografia.
La scrittura di sé non soltanto evoca i luoghi della nostra memoria. Case, giardini, angoli di città o di campagna, spazi indefiniti, interstizi affettivi e orizzonti spaesanti. La scrittura è essa stessa luogo. Offre alla mente la consapevolezza di possederne almeno uno: corporeo, in incessante trasformazione, amato o trascurato. Ci aiuta a fermarci, a raccoglierci, a sostare sulle pagine di cui siamo al contempo autori e giudici. Scrivere “ I dove della vita “ significa esplorarli poi con più attenzione nel vissuto del tempo presente. In viaggio, negli approdi imprevisti, al ritorno. Ma la scrittura autobiografica, nel condurci verso latitudini interiori, fino a quel momento ignote, crea mappe da noi disegnate strada facendo. Per dar un nome ai confini, ai valichi, ai tunnel dell’ esistenza. Tra i luoghi certi, seppur trasfigurati nel ricordo, e i luoghi prosaici della quotidianità, occorre costruire pagina dopo pagina, ponti interiori, almeno fragili passerelle, per oltrepassare il consueto. Alla ricerca delle loro poetiche e ineffabilità. Di cui soltanto noi conosciamo intimamente il senso e il valore. Per ristabilire nessi, laddove si siano lacerati; per riaccogliere in noi territori che preferiremmo obliare. Scrivere e raccontare dei luoghi e non-luoghi ( mancati, mai visitati, ancora possibili ) assegnatici dalla sorte o volutamente cercati, inseguiti, amati, attesi, lasciati, è dunque una tra le più esaltanti esperienze umane e soggettive che l’ esistenza, al singolare o condivisa, possa offrirci. Nel nostro desiderio di mettere radici almeno in noi stessi; nella gratitudine verso chi ci insegnò a non estirparle, a ripiantarle altrove, a scoprirne di nuove. A non ringraziare nessuno, se non i luoghi. Se scrivere è far rinascere quelli più cari, caldi, confortanti o viceversa ingrati; se scrivere è un vicolo o un labirinto per interrogarli, per tentare di conoscere quale educazione ci assegnarono; se scrivere è inventarne di nuovi, allora è un diritto e un dovere che la penna ci sia sempre amica e rabdomante. [Duccio Demetrio]