Sono Claudia, divorziata da sette anni, e la mia è una famiglia monogenitoriale. Vivo a Roma con mio figlio dodicenne in un bilocale, ovviamente con un solo bagno. Il papà si è fatto un’altra vita e, sebbene abbastanza presente, però non è qui. E se ci penso bene non c’era neanche prima quando era mio marito.
Mio figlio e la sua classe (una seconda media) entrano in quarantena e la Asl ci invia una mail che in un passaggio così recita: “Il contatto stretto (l’alunno in questo caso) a casa dovrà essere posto in una stanza con bagno dedicato. Non può condividere con il resto della famiglia spazi comuni (es: cucina, salone) e non può consumare con i conviventi i pasti. Se l’abitazione ha solo un bagno, questo dovrà essere sanificato ad ogni utilizzo (così da proteggere gli altri). Per gli alunni minori di età posti in quarantena, un genitore dovrà rimanere in quarantena con il figlio, come previsto dalla normativa vigente, avvalendosi del DL 111 del 2020.”
Non sapevo se ridere o piangere.
Il BAGNO DEDICATO… UN GENITORE che deve rimanere con il ragazzo….e io come avrei fatto? NON CONDIVIDERE gli spazi comuni…
La nostra piccola casa è tutta uno spazio comune, io ho dato l’unica stanza da letto a mio figlio e mi sono creata un letto-divano nella sala. È lì che si svolge tutta la nostra vita. Alcuni genitori hanno ceduto la loro camera da letto ai figli con il loro bagno privato, a questa notizia io un po’ mi sono vergognata.
Ora, nella classe sono tutti negativi e a fine quarantena ho smesso di disinfettare ogni volta che fa pipì o si lava i denti.
Lo ammetto, in questi giorni ho sognato una casa grande con due bagni e il balcone che non abbiamo. Ma, sogno era e sogno è rimasto. E sono costretta a constatare , una volta di più, che questo mondo è ancora pensato per famiglie di una sola tipologia. Che non è la mia.
Però, la prima cosa che mi ha chiesto mio figlio una volta avuto l’esito negativo del tampone è stata “e ora ci possiamo abbracciare sul divano, mamma?”.
Immagine di Smallfamilies