Diritti e Doveri

È possibile separarsi durante la quarantena?

scritto da Carla Marcucci

Chi legge ed ascolta le notizie di questi tempi, magari vivendo una convivenza forzata 24/7 con un partner dal quale, prima di entrare in quarantena, stava decidendo di separarsi, potrebbe avere la sconfortante idea di dover rinunciare per mesi ad “avviare la pratica”.

Potrebbe, allora, sentirsi in gabbia e vivere con lo spirito peggiore questo momento che indubbiamente presenta delle sfide anche per le coppie più felici. Potrebbe rischiare di cedere alla tentazione di comportamenti reattivi assolutamente inopportuni e  creare un clima insostenibile  anche per i figli costretti, pure loro, ad un’inusuale forzata convivenza con i genitori.

Se le cause in tribunale hanno subito uno stop, ulteriormente prorogato con l’ultimo Decreto legge dell’8 aprile 2020, n. 23  , i metodi alternativi di risoluzione dei conflitti possono procedere anche nel periodo del distanziamento fisico avendo già attuato, con la resilienza, la creatività e la velocità di adattamento che è propria della loro cultura, una modalità alternativa di funzionamento. Mi riferisco a tutte le forme di negoziazione e di mediazione che vivono di vita propria e non hanno bisogno del tribunale per funzionare.

Tutte queste, infatti, oggi possono andare avanti attraverso incontri virtuali servendosi di piattaforme come, ad esempio, Zoom.

Con riferimento, in particolare, alla Pratica Collaborativa, ogni fase del procedimento può essere svolta anche on line, incontrandosi in video conferenza anziché di persona.

In questo modo possono essere svolti gli incontri che ciascun avvocato avrà con il proprio cliente, gli incontri del team professionale, quelli congiunti al tavolo collaborativo alla presenza dei due partner, dei due avvocati e dell’esperto neutrale.

La possibilità di organizzare su Zoom la sala di attesa ed anche stanze separate virtuali consente di effettuare il pre-brief, il  de-brief e sessioni separate ogni volta che se ne presenti la necessità.

La realizzabilità tecnica della giustizia alternativa a quella dei tribunali anche in periodi in cui questi ultimi sono risultati di fatto in quarantena, fa capire, più di ogni parola, quanto sia importante che le persone mantengano nelle proprie mani, nel proprio cuore e nella propria mente la capacità di risolvere i propri conflitti scegliendo percorsi che valorizzino la loro autodeterminazione e la capacità di collaborare. Perché collaborare è la cura.

autore

Carla Marcucci

Avvocato con studio in Lucca ed oltre trentacinque anni di esperienza, esercito la professione esclusivamente nel settore del diritto delle persone, delle relazioni familiari e minorile.
Sin dall’inizio della mia attività ho molto investito e mi sono prodigata a favore delle modalità non contenziose di risoluzione dei conflitti, a cominciare dalla mediazione familiare alla quale mi sono formata dai primi anni ‘90.
Da dieci anni sono formata anche alla Pratica Collaborativa e da allora sono particolarmente impegnata nella promozione e diffusione in Italia di questo nuovo metodo di risoluzione dei conflitti nell’ambito dell’attività svolta all’interno dell’AIADC Associazione Italiana Professionisti Collaborativi di cui sono socia fondatrice e Past President.
Sono co-traduttrice dell’edizione italiana del libro di Nancy Cameron Collaborative Practice: Deepening the Dialogue, II Edizione 2014 (Pratica Collaborativa, approfondiamo il dialogo a cura di Cristina Mordiglia, Milano, 2016) e co-autrice del primo manuale pubblicato in Italia sulla Pratica Collaborativa dal titolo La Pratica Collaborativa -Dialogo fra teoria e prassi a cura di Marco Sala e Cristina Menichino, Torino, 2017. Per il sito di SF scrivo nella sezione Diritti e Doveri.

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