Segnaliamo un articolo apparso recentemente sul quotidiano Domani dal titolo: “L’Italia lascia sole le madri single: gender gap, precarietà e servizi per l’infanzia proibitivi”.
L’autrice, Flavia Bevilacqua, riesce già dal titolo a richiamare alcuni dei principali problemi che coinvolgono quelle madri che, per i motivi più vari, si ritrovano a dover crescere da sole figli e figlie.
L’articolo incrocia testimonianze dirette, dati e considerazioni su ciò che manca e andrebbe fatto richiamando in modo più o meno diretto alcune questioni sulle quali noi di Smallfamilies aps da anni andiamo scrivendo: dalle azioni a supporto della genitorialità spesso discriminatorie nei confronti dei genitori soli, alla scarsità di misure e sostegni economici rivolti a questa tipologia familiare; dalla poca attenzione nei confronti dei bisogni di conciliazione famiglia-lavoro dei nuclei monogenitoriali (che va a sommarsi alla mancanza di una capillarità territoriale di servizi e politiche) a bonus che escludono anziché includere, fino al mancato riconoscimento della maggiorazione dell’Assegno Unico Familiare ai genitori soli, per ricordare solo alcune.
Questioni che raccontano di un sistema del welfare inadeguato.
Questioni sulle quali, molto spesso in questi oltre dieci anni di vita della nostra associazione, abbiamo rilevato una diffusa indifferenza, soprattutto da parte del mondo della politica e delle istituzioni.
Riprendiamo alcuni stralci dell’articolo:
Con un gap di genere che ne limita le risorse economiche, le madri single si ritrovano a fronteggiare da sole la gestione del tempo, del lavoro e delle finanze. In Italia esistono dei bonus destinati a loro, ma spesso neanche queste misure sembrano sufficienti a compensare i problemi strutturali di un sistema di assistenza all’infanzia e di un mercato del lavoro ancora discriminanti.
Nel 2023 in Italia l’82 per cento delle famiglie composte da un solo genitore sono madri single con figli a carico, per un totale di circa due milioni e 400mila donne. Ma di tutte queste mamme sole, nubili, vedove, separate o divorziate, una su dieci (11,5 per cento) vive in condizioni di povertà assoluta.
I genitori single in Europa trovano con più probabilità lavori poco stabili, ma ad aggravare la “povertà lavorativa” delle madri single c’è il divario di genere, registrato in quasi tutti i paesi Ue.
Secondo gli ultimi dati Istat, in Italia circa il 42 per cento delle mamme sole sono inattive o disoccupate. E anche quando trovano un’occupazione, le lavoratrici italiane guadagnano in media solo 8,3 euro l’ora.
La legge di Bilancio 2025 sembra potenziare ad esempio le misure a sostegno dei congedi parentali, che però sono limitate ai lavoratori dipendenti: per una mamma single, spesso con contratti precari o autonomi, non c’è lo stesso accesso ai benefici.
Tra gli interventi sociali, viene rinnovata anche la Carta “dedicata a te”, riservata ai nuclei di almeno tre persone, e vengono ricalibrate le detrazioni fiscali sul “quoziente familiare”, che quindi considera il numero di figli a carico. Ma entrambe le misure lasciano fuori più della metà delle madri sole (il 52,9 per cento) in Italia, che invece hanno un figlio soltanto.
Gli Stati con congedi ben retribuiti e aiuti statali riescono meglio a contrastare la povertà delle mamme sole. Ma nei paesi in cui queste misure non sono disponibili, le mamme single sono costrette a pagare alte quote del loro reddito, già basso rispetto a quello di altre tipologie di famiglie, per l’assistenza all’infanzia.
L’articolo completo si trova QUI.
Foto di apertura di Pixabay