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Single perché vedovi. Come imparare a dire addio/I

scritto da Carla di Quinzio

Single si può essere anche perché vedovi e vedove. E la condizione di monogenitorialità a seguito di un lutto richiede uno sguardo e una cura eccezionali. Con l’aiuto di una delle nostre collaboratrici di Philo (anche nostro servizio amico) affrontiamo in alcune puntate questo tema estremamente delicato perché il genitore vedovo si trova nella condizione dolorosa del lutto per la propria compagna, o per il proprio compagno, con cui aveva avviato un progetto di vita e contemporaneamente nella situazione di sostenere, proteggere, confortare i figl* orfan*.

Da un lato quindi si ha bisogno di ricevere cure, si prova un sano desiderio di rallentare le attività, di stare con il proprio dolore, dall’altra si sente tutta l’urgenza e la responsabilità verso chi è più indifeso e inesperto ossia verso il proprio figliolo. È urgente prodigare accudimenti, ma come e con quali energie? Molto dipende dalla rete parentale e amicale su cui si può contare, ma tanto dipende dalla capacità di comprendere che le energie non sono infinite e che questo è il momento di chiedere e di lasciarsi proteggere, per poter curare è necessario lasciarsi curare.

Nella mia esperienza personale – e in situazioni che ho seguito come consulente pedagogica – ho potuto notare che, sempre, in situazioni estreme si attivano i genitori degli amici dei figli, gli insegnanti, i vicini di casa: è importantissimo capire di cosa si ha maggiormente bisogno e lasciarsi aiutare! Questa premessa è fondamentale poiché alcune responsabilità non possono essere delegate e su quelle occorre concentrare le proprie energie, mi riferisco alla necessità di stare vicino ai propri figli con il corpo e con la mente. In particolare vorrei approfondire, qui, la gestione del lutto che ha investito anche i bambini.

Vediamo alcuni esempi concreti

Spesso la morte è preceduta da un periodo più o meno lungo di malattia in cui è già diagnosticata l’inguaribilità del genitore, questa condizione può essere un’occasione per condividere i sentimenti dolorosi. Ma come dirlo ai bambini? A volte si pensa di proteggerli evitando di raccontar loro la verità; ma è una scelta che rischia di provocare più dolore, certo occorre aver cura delle parole che si usano. Teniamo sempre presente che il bambino percepisce la menzogna, ciò lo disorienta mettendolo nella spiacevolissima condizione di dover scegliere se fidarsi delle proprie emozioni, e in questo caso perdere fiducia nei genitori, oppure se fidarsi di loro e perdere la stima nella propria capacità di cogliere la realtà.

La cosa più ragionevole è parlarne delicatamente, ma con chiarezza, condividendo il sentimento doloroso che accomuna lui ai suoi genitori. Stringersi nel dolore e permettere agli attori di salutarsi, per quanto doloroso, permetterà al bambino di trovare in seguito figure sostitutive e di “adottare” altri adulti significativi: un insegnante o i genitori dell’amichetto del cuore o prendere quel che c’è di buono nei tanti adulti che incontrerà e fra questi, un giorno, anche il futuro partner del genitore vedovo.

Anche se può apparire, all’inizio, impensabile, tuttavia la scelta di non denegare la verità con il figlio significa progettare e proteggere il suo futuro, dargli altre possibilità, si tratta di un grande segno di generosità che pur senza togliere nulla al ricordo del genitore naturale, gli permetterà di amare e di lasciarsi amare senza inutili sensi di colpa.

Come parlare della morte a un bambino, come ascoltare il suo dolore senza sentirsi devastati?

Condivido l’esempio concreto di Paolo, un papà rimasto vedovo che mi sono trovata a sostenere nel suo lutto e che, mentre il suo bambino piangeva accorato per la recente morte della mamma, lo aveva stretto a sé raccontandogli quel che lui provava in quel momento: “anche a me accade di sentire la mancanza della tua mamma, questa notte per esempio l’ho sognata; eravamo al mare tutti insieme ed eravamo felici. Quando mi sono svegliato questa mattina ero molto triste ed ho pianto, dopo aver pianto mi sentivo un po’ meglio, forse anche tu hai bisogno di piangere”. A me sembra che Paolo in questa circostanza abbia trovato un modo amorevole di stare vicino a suo figlio, è una modalità che pian piano aiuterà padre e figlio a ritrovare i fili per creare una storia coerente e integrata del loro presente, del loro passato, della loro vita.

nella foto: Gustav Klimt – Morte e Vida

autore

Carla di Quinzio

Filosofa, faccio parte dell’Associazione PHILO pratiche filosofiche e dei servizi convenzionati con l’associazione Smallfamilies®. Sono tra le fondatrici dello “Sportello per madri e padri soli”, iniziativa nata in partnernariato con Smallfamilies®. Per questo sito scrivo consigli/interventi/risposte/ per l’area “Corpo-Spirito-Mente”.

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