Donatella B. si è separata dal marito ed è genitore collocatario della piccola Alice.
A suo marito, il Presidente del Tribunale ha concesso un termine per il rilascio della casa coniugale, scaduto il quale avrebbe dovuto trasferirsi altrove. Il coniuge, nonostante sia stato invitato a farlo, continua a permanere nell’immobile, dicendo che non sa dove andare. Donatella disperata mi chiede se deve ricorrere nuovamente al giudice della famiglia.
Cara Donatella, l’ordinanza che ti ha attribuito il diritto di godimento della casa familiare ex art. 155-quater c.c. contiene in sé, implicitamente, la condanna al rilascio nei confronti di tuo marito.
Infatti, per legge, alla scadenza del termine stabilito dal giudice, il genitore non assegnatario (invitato a lasciare la casa) va qualificato come occupante sine titulo e, pertanto, verso lo stesso, la parte assegnataria ha titolo esecutivo (l’ordinanza ex art.708 cpc) per ottenere il rilascio o comunque l’allontanamento.
Giova ricordare che ai sensi degli artt. 708 c.p.c. e 189 disp. Att. c.p.c., il provvedimento anticipatorio e provvisorio, exart. 708 c.p.c. costituisce titolo esecutivo, anche e soprattutto relativamente all’assegnazione della casa familiare: l’ordinanza attributiva del diritto ad uno dei coniugi di abitare la casa familiare soggetta, in mancanza di spontaneo adempimento, ad esecuzione coattiva.
Ne consegue che lo strumento rimediale è da intravedersi nell’esecuzione e non nel ricorso al giudice della famiglia che ha, sul punto, consumato i suoi poteri (salve successive valutazioni in merito al comportamento di colui il quale abbia violato l’ordinanza presidenziale).