Nel mio precedente post ho analizzato alcuni comportamenti che i genitori separati adottano nella vita quotidiana; ho sottolineato in modo particolare come gli atteggiamenti incoerenti degli adulti significativi disorientano il bambino, rendendolo insicuro. Proprio l’insicurezza, e la scarsa autostima che ne consegue, possono a volte provocare scoppi di collera nel bambino, esattamente come accade all’adulto.
In questo post cercheremo di capire che cos’è la rabbia e come aiutare i propri figli a gestirla e a trasformarla in azioni creative e non violente.
Il bambino arrabbiato non è cattivo, sta semplicemente tentando di dire le sue ragioni è pertanto utile provare a capirle.
Se un genitore sta sbagliando, o se tale è il vissuto del bambino, è importante che quest’ultimo abbia la possibilità di comunicarlo, anche arrabbiandosi se non è in grado di farlo in altro modo. Il compito degli adulti sarà poi quello di educare il bambino alle emozioni aiutandolo peraltro ad esprimere i sentimenti in modo più adeguato.
È necessario a questo punto fare un passo indietro per provare a capire perché la rabbia spaventa e destabilizza innanzitutto gli adulti. Ritengo infatti che per affrontare il tema sia utile che i genitori riflettano sul proprio vissuto. Se non si contestualizza la relazione con la propria rabbia sarà più difficile accettare che i figli possono arrabbiarsi. Inevitabilmente si sarà portati a vivere l’evento come espressione di rifiuto perdendo così di vista il nucleo della questione che addolora il bambino. Può essere utile per esempio chiedersi se ciò che spaventa è la sensazione di perdere il controllo o che l’altro vicino a noi lo perda.
È probabile che da bambini ci si sia sentiti inadeguati quando si era arrabbiati. Ottima ragione questa per non fare ripetere l’esperienza ai propri figli.
La rabbia è un sentimento che tendenzialmente viene assimilato alla violenza: è questo uno dei motivi per cui fa paura. È importante imparare, e insegnare ai bambini, a distinguere fra sentimenti e azioni.
È vero, la rabbia può portare ad assumere comportamenti violenti. Teniamo presente che ciò accade ogni volta che la neghiamo, non la lasciamo emergere e in genere quando non sappiamo come gestirla. Viceversa, utilizzare l’energia e la potenza insiti nella rabbia, anziché esserne agiti, diventa un prezioso stimolo per il cambiamento e per la crescita.
Da quanto detto fin qui dunque è necessario prendere in considerazione la rabbia fin dai primi sintomi affinchè non diventi violenza e lasciarla emergere riconoscendo i contenuti ovvero le cause che la provocano.
Il bambino non dovrebbe essere lasciato solo a gestire un sentimento che lo sovrasta, che lo fa sentire in colpa e che potrebbe portarlo a fare del male a sé e agli altri o indurlo a danneggiare oggetti.
Se i genitori riusciranno ad accogliere la rabbia del proprio figliolo potranno aiutarlo nell’esperienza di consapevolezza emotiva prima che si trasformi in agiti violenti e a gestire in modo creativo il conflitto interiore.
Che cosa fare dunque quando il bambino è arrabbiato?
Innanzitutto non negare, al contrario provare a rendere esplicito quel che sta accadendo.
Un’idea potrebbe essere quella di rispecchiare il bambino semplicemente dicendo qualcosa del tipo: “mi sembra che tu sia arrabbiato”. Nominare infatti è una modalità per aiutare il bambino a conoscere, in seguito a ri-conoscere e infine a diventare competente. Detto diversamente significa educarlo.
Se il bambino è al colmo della rabbia non è in grado di ascoltare, sarebbe fuori luogo chiedergli di essere ragionevole. Neppure gli adulti lo sono quando hanno un accesso di collera.
In queste evenienze la cosa più intelligente che può fare l’adulto è infondere quella calma che il bambino non riesce a trovare da solo, a questo scopo potrebbe essere necessario porre il limite che egli non riesce a darsi dicendo semplicemente, ma in modo deciso: “Basta!”; rinviando a un secondo momento altri discorsi. Anche in questo caso ritengo opportuno esplicitare quel che sta accadendo e le proprie intenzioni dicendo: “Ne parleremo quando ti sarai calmato”, naturalmente si userà un tono rassicurante, non deve infatti sembrare una minaccia.
Sottolineo che contenere le emozioni di un bambino come ho descritto non significa sgridarlo, non deve essere questo l’approccio dell’adulto, significa invece essere l’aiuto esterno che col tempo il bambino imparerà ad interiorizzare.
Il bambino arrabbiato sta soffrendo ed è spaventato. Sta soffrendo perché pensa di aver subìto un’ingiustizia ed è spaventato perché si accorge di aver perso il controllo.
Per aiutare il bambino a ritrovare la calma può essere utile fornire la possibilità di sfogarsi in modo innocuo: prendere a calci un pallone se le condizioni ambientali lo permettono, ma anche dare pugni a un cuscino o fare a pezzi dei fogli di carta.
In un secondo momento si proverà a lasciare emergere le ragioni che stanno alla base della rabbia. Per farlo sarà bene parlarne disponendosi a un ascolto attivo e partecipe.
Sarà bene dunque ritagliarsi uno spazio fisico e mentale. Eviterei di proporre l’ascolto mentre si è impegnati con un bambino più piccolo o quando si sta facendo la spesa. È bene trovare invece uno spazio e un tempo dedicati all’ascolto e alle coccole. Occorre creare il setting, come diciamo noi analisti. Allora si può dire: “vieni siediti qui, stiamo vicini e raccontami che cosa hai provato e che cosa ti ha fatto soffrire.”
Il bambino potrebbe non avere voglia, oppure non riuscire a trovare le parole per esprimere i propri sentimenti, in questi casi può essere di grande aiuto proporgli di disegnare e colorare la rabbia. È questa una modalità molto utile per oggettivarla, portarla fuori di sé e renderla visibile. Il bambino ne sarà meno spaventato, perché avrà mostrato quel che lo inquieta ai suoi genitori.
I bambini imparano più da quel che gli adulti fanno che da quel che dicono, è importante quindi far sentire loro di esserci, di non essere spaventati e di essere in grado di sostenerli ascoltandoli attentamente.
Naturalmente potrebbe emergere che a causare la rabbia sono stati i comportamenti dei genitori. Questa sarà un’ottima occasione di riflessione sugli agiti e di revisione delle relazioni. Come accade spesso i bambini ci offrono opportunità di crescita e di maggiore consapevolezza, sta a noi decidere se coglierle o meno.