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Animali domestici e conflitti tra padroni

scritto da Cristina Mordiglia

La sentenza della giustizia spagnola, che ha riconosciuto a Tuco, un cane di cinque anni e mezzo, il diritto di rimanere in affidamento presso la persona che si è presa cura di lui da quando il suo proprietario dichiarato si è trasferito all’estero nel 2018, ha messo in evidenza l’esistenza di un frequente vuoto normativo, anche italiano, riguardante non solo il rispetto e la dignità, ma spesso anche la stessa felice sopravvivenza degli animali domestici nei casi di conflittualità tra i proprietari o comunque tra le diverse persone con le quali l’animale ha trascorso buona parte della sua vita.

Si tratta del primo caso giurisprudenziale conosciuto nel Paese iberico di riconoscimento degli animali domestici come “esseri viventi” dotati di sensibilità e non come cose.

Molti casi possono riguardare le separazioni personali e le trasformazioni familiari, nelle quali, se c’è attenzione, anche legislativa, al cercare di mantenere la serenità dei figli minori appartenenti alla famiglia, nessuna attenzione è stata fino ad oggi riscontrata nel regolamentare chi deve continuare a prendersi cura degli animali domestici e per quale motivo una persona piuttosto che l’altra.

Se il Tribunale di Milano con una sentenza del 2 marzo 2011 ha ritenuto assolutamente inammissibile, in sede di separazione giudiziale, la domanda volta all’assegnazione di animali di “affezione” all’uno o all’altro dei coniugi, proprio per il fatto che l’Ordinamento italiano non prevede nulla circa la possibilità di affidamento  degli animali domestici in caso di trasformazioni familiari, recentemente la Giurisprudenza ha poi fatto qualche spontaneo passo in avanti, legittimandosi interpretazioni estensive della cornice normativa che riguarda l’affidamento dei figli minori.

Il Tribunale di Varese ha riconosciuto un vero e proprio diritto soggettivo ad un animale di compagnia, ma lo ha fatto alla luce dei bisogni dell’uomo. La motivazione della sentenza ha messo in evidenza infatti come vada attribuito il diritto di frequentare il suo animale “…. al soggetto anziano e “vulnerabile”, beneficiario di amministrazione di sostegno, allorché ad esempio, egli esprima chiaramente e con determinazione il desideroso e il bisogno di poter continuare a frequentare il proprio cane anche dopo il ricovero in struttura sanitaria assistenziale”. Per nulla viceversa è stato considerato il bisogno del cane di continuare a frequentare il padrone….

Ancora nel 2016 il Tribunale di Como in un caso di separazione consensuale ha dichiarato l’incompetenza del Giudice riguardo all’assegnazione del cane e alla sua relazione con i coniugi.  Questo significa che quand’anche le stesse parti raggiungano un accordo fuori dal Tribunale su chi si prenderà cura dell’animale domestico il Giudice non può recepire quella clausola nel verbale di separazione, ritenendo curiosamente che non si possa equiparare l’assegnazione di un cane all’affidamento dei figli e che quindi non sia possibile inserire nell’accordo di separazione una clausola che la regolamenti.

Fortunatamente nello stesso anno il Tribunale di Roma, al contrario, e con una sentenza molto innovativa ha ritenuto, per la prima volta, che: “in assenza di una disciplina normativa ad hoc, all’animale di affezione è applicabile analogicamente la normativa prevista per i figli minori, cosicché il Giudice deve assumere provvedimenti che lo riguardano tenendo conto esclusivamente dell’interesse materiale – spirituale – e affettivo dell’animale”. Nella stessa sentenza viene ribadito ancora che questo principio dovrebbe essere applicato anche qualora i proprietari dell’animale non siano sposati, in quanto il legame per l’animale è indipendente dal regime giuridico che lega i proprietari.

Anche in Parlamento sono state presentate, in un recente passato, proposte di modifica del Codice Civile volte a regolamentare l’affido degli animali presenti in famiglia (da ultimo, nel 2018, a cura dei parlamentari De Petris, Gianmarco e Cirinnà) ma allo stato non si è ancora riusciti a dare dignità di esseri viventi dotati di sensibilità anche agli animali domestici, lasciando di conseguenza al buon cuore dei padroni e alle individuali inclinazioni dei Giudici considerazioni in merito, considerazioni che, come abbiamo visto, non sono sempre né univoche né coerenti perché troppo spesso legate alla particolare sensibilità della persona giudicante.

Un vero riconoscimento di dignità all’amico dell’uomo sarebbe oggi quanto mai opportuno, soprattutto alla luce del fatto che, oggi più che mai, cani e gatti sono accolti nelle abitazioni come veri e propri membri della famiglia a tutti gli effetti.

autore

Cristina Mordiglia

Curatrice del libro “Pratica collaborativa, approfondiamo il dialogo” di J. Nancy Cameron (Bruno Mondadori 2016), sono avvocato milanese con esperienza trentennale in ambito del diritto di famiglia e civile in generale. Pur utilizzandoanche i metodi tradizionali per affrontare il conflitto familiare, mi sono formata alla Pratica Collaborativa e sono impegnata per la diffusione in Italia di questo metodo innovativo, finalizzato a valorizzare le persone come risorse attive nell'ambito del loro conflitto. Sono mamma di due figli in una famiglia allargata, direi ben riuscita, ed ora nonna di quattro nipoti. Per Smallfamilies@ scrivo nella sezione Diritti e Doveri.

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