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Assegno di mantenimento: è arrivata l’ora dell’addio al “tenore di vita”

scritto da Cristina Mordiglia

L’assegno di mantenimento che garantisce al coniuge più debole erogato lo stesso tenore di vita goduto durante il periodo di matrimonio è stato archiviato a seguito delle ultime sentenze dei vari Tribunali italiani, che si sono sostanzialmente adeguati ai principi dettati dalla Corte di Cassazione nella nota sentenza del 10 maggio 2017 n. 11504.

La recente sentenza della Corte di Appello di Milano sul caso Berlusconi-Lario, pur trattando un caso del tutto fuori dal comune se osservato sotto l’aspetto dei redditi e patrimoni, ha però chiaramente dettato i nuovi principi applicativi. In particolare ha sottolineato la differenza tra il periodo di separazione personale, ove “il dovere di assistenza materiale conserva la sua efficacia e la sua pienezza in quanto costituisce uno dei cardini del matrimonio e fonda quindi l’assegno di mantenimento”, dalla fase del divorzio, il cui l’eventuale assegno divorzile può essere riconosciuto solamente in forza di un principio di solidarietà post coniugale.

Si passa quindi dal parametro del tenore di vita tenuto durante il matrimonio (nella fase di separazione) a quello dell’autosufficienza economica (dalla fase del divorzio in poi).

È certamente un cambiamento destinato ad incidere sui rapporti economici tra ex coniugi in essere e su quelli futuri, ma non si tratta tuttavia di un fulmine a ciel sereno in quanto già da tempo i mutamenti sociali e i vari differenziati modelli familiari stavano orientando la giurisprudenza a disegnare nuovi criteri di interpretazione dell’assegno divorzile sulla base del principio che con il divorzio si torna ad essere singoli individui, con la possibilità di nuovi progetti di vita e anche di nuove famiglie.

Questo non vuole dire l’abbandono del coniuge più debole e del generale principio solidaristico e assistenziale, ma piuttosto che la persona venga considerata nella sua totalità: nelle sue effettive condizioni di vita, nei suoi progetti come individuo singolo, tenendone presente l’età, le condizioni di salute, patrimoniali e quant’altro. In sostanza credo che si possa archiviare l’idea della “sistemazione” definitiva per il solo fatto di aver contratto un “buon matrimonio” per una visione più ottimistica e rigenerativa dell’idea stessa del divorzio.

Ma vediamo nel dettaglio e in estrema sintesi i principi sanciti:

  1. Quello dell’autoresponsabilità economica. Per valutare il riconoscimento o meno del diritto all’assegno (an debeatur), bisognerà valutare la mancanza di messi adeguati. Questo tuttavia deve avvenire con una visione a largo raggio, tenendo in considerazione rendite di qualunque specie: proprietà immobiliari, capacità patrimoniali e lavorative, oltre all’effettiva impossibilità di procurarsi autonomamente un lavoro (età, residenza e quant’altro).
  2. superato positivamente questo passaggio la quantificazione dell’assegno (quantum debeatur) sarà improntato al solo principio della solidarietà economica (senza quindi alcun riferimento al precedente tenore di vita).

In conclusione il nuovo innovativo orientamento parrebbe orientato ad una visione più moderna ed attuale, che considera la parità di genere e gli individui della coppia come due persone singole, libere di ricercare individualmente le proprie soddisfazioni personali e professionali.

Ciò avviene nell’ambito di un generale diritto/dovere alla responsabilizzazione individuale che sta diffondendosi nella società e che deve trovare, proprio nel matrimonio e nella famiglia, che dovrebbero essere i luoghi di maggior sviluppo di queste capacità, il terreno più fertile ove formarsi e crescere. Questa indipendenza non può che svincolarsi da un rapporto matrimoniale, tanto più se ormai definitivamente estinto.

 


Immagine di apertura tratta da questo sito

autore

Cristina Mordiglia

Curatrice del libro “Pratica collaborativa, approfondiamo il dialogo” di J. Nancy Cameron (Bruno Mondadori 2016), sono avvocato milanese con esperienza trentennale in ambito del diritto di famiglia e civile in generale. Pur utilizzandoanche i metodi tradizionali per affrontare il conflitto familiare, mi sono formata alla Pratica Collaborativa e sono impegnata per la diffusione in Italia di questo metodo innovativo, finalizzato a valorizzare le persone come risorse attive nell'ambito del loro conflitto. Sono mamma di due figli in una famiglia allargata, direi ben riuscita, ed ora nonna di quattro nipoti. Per Smallfamilies@ scrivo nella sezione Diritti e Doveri.

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