Con il messaggio n. 724 del 17 febbraio 2023 l’INPS prova a rimediare ad una grave discriminazione nei confronti dei genitori vedovi (i genitori unici non vengono neppure tenuti in considerazione), a cui non ha finora riconosciuto la maggiorazione di 30 euro all’assegno unico per ogni figlio a carico, spettante viceversa quando entrambi i genitori lavorano e il nucleo famigliare ha un ISEE pari o inferiore ai 15 mila euro (riducendosi via via, fino ad azzerarsi nei casi di ISEE superiore ai 40 mila euro).
Pur premettendo e riconoscendo la maggiore “fragilità” dei nuclei vedovili, ora assegna il bonus d’ufficio, ma precisa che il decesso del genitore deve essersi verificato nell’anno “di competenza” in cui è riconosciuto l’assegno, e che cesserà entro l’anno successivo.
In sostanza, quindi, a parere dell’ente si tratterebbe di un beneficio da garantire per un tempo molto limitato e da erogarsi solo nell’immediatezza del decesso dell’altro genitore.
Sinceramente, pare evidente che il rimedio individuato non offra alcuna soluzione alla carenza legislativa che non riconosceva, e ancora non riconosce, la maggiorazione dell’assegno unico a chi ne ha veramente bisogno, vale a dire ai genitori che da soli (unici o vedovi) e con il loro unico stipendio, mantengono uno o più figli.
Oltre a ciò, il messaggio non fa alcuna chiarezza riguardo alle compensazioni, che parrebbero effettuate o in via di realizzazione, per i bonus già corrisposti.
Insomma si tratta di un’evidente ingiustizia che, in mancanza di un nuovo ed auspicato intervento legislativo chiarificatore e migliorativo, non potrà che essere risolto attraverso un tortuoso percorso in sede giurisdizionale.