Il romanzo di Annalisa Marinelli* Autopsia di una felicità mancata, pubblicato recentemente da Iacobellieditore, va letto a più riprese. Non solo per la sua struttura simile ad una complessa architettura che può essere indagata e compresa a più livelli (non è dunque una caso che l’autrice sia anche un’architetta) ma per la varietà dei temi che affronta. Al centro vi è l’Amore, ma non quello dei tormentoni estivi (sole-amore-cuore che serve solo a fare rime) bensì quel “concetto tra i più misteriosi e indefinibili dell’esperienza umana sul quale l’umanità ha sempre cercato di interrogarsi”.
Cosa rende così dura la vita alla felicità?
Cosa ci impedisce di vivere l’Amore nella sua dimensione più autentica?
Sono queste le domande essenziali che si pone Giovanna Docra, antropologa di 47 anni trasferitasi a Stoccolma in cerca di una realizzazione professionale con marito e due figli gemelli preadolescenti.
Ad un certo punto della sua vita Giovanna sente che a causa di una mancata storia d’amore “qualcosa” è morto dentro di sé.
Per uscirne trasformata, rinata, dalla profonda crisi esistenziale che la investe; per elaborare il lutto e tornare dunque a nuova vita, chiede aiuto ad Arianna D., anatomopatologa alle soglie della pensione, che si trova così – all’inizio alquanto perplessa per l’inconsueto incarico ricevuto – ad indagare su di una morte, a fare un’autopsia appunto, ma senza che vi sia un cadavere da analizzare.
La dettagliata ricostruzione delle vicende, che utilizza gli strumenti della biblioteca e non quelli abituali del gabinetto medico legale, dura quindici settimane in un continuo e intimo dialogo tra le due donne; un dialogo perlopiù a distanza per i molti chilometri che le separano, e che si trasforma nel tempo in una relazione profonda, un sentimento di sorellanza, un vero e proprio rito iniziatico.
In un doppio io narrante, è di Giovanna la cronaca dei fatti amorosi che Arianna mette a verbale mentre è quest’ultima che racconta la relazione che si sviluppa tra le due donne.
A scatenare tutto ciò è l‘incontro con un giovane svedese, una figura che compare e scompare tra le pagine del romanzo lasciando alla protagonista il gravoso compito di interrogarsi e al contempo interrogare il mondo familiare e quotidiano che la circonda: i figli da crescere, il rapporto con il marito, il lavoro da trovare, una nuova lingua da imparare, un nuovo Paese da conoscere, le convenzioni sociali e i condizionamenti culturali che influenzano, che lo si voglia o no i nostri rapporti, le differenze generazionali, le strutture familiari che definiscono le nostre società.
Separazione, tradimento, fedeltà, monogamia, sensi di colpa, dolore, perdita, conquista, emozioni, sentimenti, voglia di emancipazione, libertà femminile, ricerca di una desiderata felicità. Tutto questo si trova nel romanzo di Marinelli che ci accompagna nei territori impervi dell’Eros in uno stato che oscilla tra razionalità e follia.
L’autrice, competente e sensibile architetta ed urbanista, ci conduce nella città di Stoccolma tra piazze, strade e musei. Ci fa sentire la città, i suoi luoghi, il suo clima, i suoi paesaggi, i suoi infiniti cieli. Sembra di essere lì, a passeggiare con lei e con il giovane svedese.
Il testo è inoltre pieno di rimandi a testi letterali, saggi, poesie, canzoni popolari, e si conclude con una playlist che prende il nome dal romanzo e si può ascoltare sulla piattaforma Spotify di cui viene fornito il link.
* Annalisa Marinelli, vive e lavora in Svezia perché non sta stare dentro i confini. Al suo primo romanzo, in passato ha pubblicato i saggi: Etica della cura e progetto (2002) e La città della cura-Ovvero, perché una madre ne sa una più dell’urbanista (2015).