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Bullismo a scuola: come riconoscerlo, che cosa fare

scritto da Maria Garofalo

Il bullismo a scuola (e non solo!) è diventato un problema serio, tanto da necessitare di una giornata nazionale (il 7 febbraio). Ed è sempre problematico e doloroso affrontarlo, anche solo preventivamente, con i propri figli. Se si è poi genitori soli la cosa si fa anche più ardua perché dobbiamo fidarci solo del nostro sguardo, della nostra capacità di osservazione e di protezione.

Tra l’altro il fenomeno è cresciuto negli anni (incentivato anche dalla fluidità delle relazioni oggi imperante) e colpisce soprattutto gli individui percepiti come più deboli o “diversi”, anche se spesso vittima e carnefice sono due faccia della stessa medaglia.

È inoltre più diffuso tra i maschi e tra gli studenti provenienti da un contesto socio-economico più debole, pur non dimenticando il cosiddetto cyberbullismo, dilagante tra le ragazze, cioè la possibilità di essere presa di mira attraverso la rete.

La probabilità di subire azioni violente con cadenza settimanale o giornaliera aumenta, ad esempio, per i figli dei disoccupati e di coloro che hanno un basso livello di istruzione. Inoltre, a parità di condizioni socio-economiche, gli studenti immigrati (con genitori nati all’estero) tendono a essere vittime del bullismo più spesso degli studenti italiani.

Ma cos’è il bullismo e come riconoscerlo?

accanimento costante e prolungato di vessazione nei confronti di bambini e adolescenti, spesso fragili, condizionandone la vita quotidiana

così gli psicologi concordano nel definirlo. E non si riesce sempre ad intervenire in tempo per sottrarre il bambino e/o adolescente alle vessazioni a cui viene sottoposto, perché la vittima, per paura o vergogna, tace.

Il Minotauro (organizzazione di psicologi che operano a Milano e si occupano dell’età evolutiva) ha individuato alcuni segnali che possono aiutare i genitori a riconoscere il problema. Ecco quando insospettirsi:

  • il bambino /adolescente improvvisamente non ha più voglia di andare a scuola né di essere accompagnato;
  • salta spesso la merenda perché “l’ha persa” o “l’ha dimenticata”;
  • l’umore cambia vistosamente, diventa molto introverso, perde gli amichetti, perde stima in sé stesso e manifesta sempre meno capacità di difendersi;
  • presenta graffi o lividi o strappi nei vestiti.

Poiché il bullismo, al contrario della solidarietà, è improntato essenzialmente sulla prevaricazione, la scuola (luogo di socializzazione per eccellenza) può svolgere un ruolo fondamentale. Ad esempio, mediare i rapporti sociali in modo da evitare pregiudizi e discriminazione, sviluppando quel senso di appartenenza a una comunità che getta le basi per una società solidale che oggi va ricostruita.

Sicuramente anche in passato, quando le notizie non si diffondevano alla velocità della luce, esistevano forme di prevaricazione tra i coetanei, ma oggi il fenomeno ha assunto dimensioni spaventose e più cruente.

A mio modesto parere, il problema va affrontato tenendo conto di un fatto incontestabile: vittima e carnefice reagiscono ad un disagio interiore e ad un malessere psicologico solo che lo fanno in modo diverso e opposto.

Compito della scuola è fare i conti con l’autolesionismo di bambini e adolescenti che si percepiscono come nullità e, conseguentemente, tentare di favorire un atteggiamento di rispetto e di solidarietà fra i ragazzi, valorizzando il loro stare al e nel mondo.

 

 

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

autore

Maria Garofalo

Avvocata del Foro di Milano e madre di un giovane uomo, mi occupo da tempo di diritto di famiglia e di minori. Ho seguito un corso di psicologia, che si è rilevato un ottimo strumento per sondare quel vissuto di maltrattamenti e violenze di solito taciuti dai soggetti più deboli. Faccio parte della rete dei servizi convenzionati con l’associazione Smallfamilies®.Già autrice del racconto “Un Natale particolare” per l’antologia smALLchristmas, per questo sito scrivo su questioni relative al diritto di famiglia.

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