Il tema è molto variegato per la pluralità delle situazioni relazionali che arrivano alla rottura. Non potrò quindi che rimanere su un piano generale.
Quando comunicarlo
Sicuramente quando i genitori hanno già preso la decisione, non durante la maturazione della decisione stessa. Perché la decisione di separarsi è dei genitori. I bambini non devono esserne coinvolti.
La relazione che si decide di interrompere è quella tra i genitori, fa parte della loro storia, nata prima del figlio e che è stata portata avanti come rapporto tra due adulti. Il figlio è nato da questa relazione, ma questa, in quanto tale, è assolutamente “cosa” dei genitori. Quando si fa entrare il figlio nei meccanismi della relazione tra genitori, quasi inevitabilmente si coinvolge chiedendogli di prendere parte a favore dell’uno o dell’altro partecipante alla relazione. Con una serie di conseguenze negative che indagheremo in futuro.
Il figlio fa parte di un altro tipo di relazione, quello tra genitori e lui. Una relazione tra adulti e bambino, nella quale il bambino ha bisogno di cure e di essere favorito nel suo processo di crescita dalla dipendenza all’autonomia. Questa relazione dovrebbe rimanere con entrambi i genitori, anche dopo la separazione. Quando si decide la separazione sarebbe bene decidere anche le modalità di come occuparsi del figlio: nel tempo e nei luoghi (casa propria, dei nonni, ecc.).
Come e cosa comunicare
Il come comunicare quello che sta avvenendo (la separazione) ai figli è strettamente legato a come fino a quel momento si è costruito il rapporto con loro. Per esempio: quale dei due genitori è stato quello che si è preso cura per più tempo e con maggior investimento relazionale del figlio, quanto le decisioni educative nel tempo sono state o meno condivise e così via.
Premesso quanto sopra, la comunicazione sarà quella di un dato di fatto. Il contenuto comunicativo, in sintesi, non potrà essere che La mamma e il papà hanno deciso di non stare più insieme. Questa affermazione potrebbe suonare semplicistica e dura. Con i bambini però, e tanto più sono piccoli tanto più credo sia vero quanto sostengo, non occorre fare lunghe dissertazioni e dare molte spiegazioni.
Da parte degli adulti, il momento della separazione è (spesso) frutto di un percorso difficoltoso, di vissuti (spesso) di fallimento di un progetto comune, (spesso) di rancori reciproci e di reciproche attribuzioni di responsabilità. Non sono questi ovviamente i contenuti da comunicare al bambino.
C’è da tener presente che i bambini (almeno fino ai sette – otto anni, ma con periodi di tempo anche più dilatati) vivono nel presente, utilizzano un pensiero del tipo qui e ora, hanno bisogno di sicurezze immediate per costruirsi una fiducia solida nei confronti degli adulti che si prendono cura di loro.
Anche la padronanza e l’utilizzo del linguaggio ha notevoli diversità tra adulti e bambini. Il controllo del significato delle parole e l’utilizzazione del grado di astrazione concettuale non sono le stesse da parte dei bambini rispetto agli adulti.Cercare di “spiegare” ai bambini il perché i genitori si stanno separando rischia così di rivelarsi contrario alle intenzioni.Più che le spiegazioni verbali saranno i fatti a rendere chiaro al figlio che la relazione dei genitori con lui rimane salda, che i genitori hanno saputo trovare lo spazio per lui e che, pur separati, seguitano ad amarlo, sono capaci di riservargli il tempo e le attenzioni e sono capaci di dare risposta ai suoi bisogni.
Foto: Edvard Munch, La separazione