Si può raccontare in un libro il divorzio così bene con così tanto senso dell’umorismo e capacità al contempo di commuovere da diventare un best-seller e dare fama planetaria all’autrice? È successo a Nina Stibbe diventata notissima in Gran Bretagna nel 2013, quando esplose il caso letterario Love Nina, una raccolta di lettere scritte da Nina alla sorella all’inizio degli anni Ottanta, mentre lavorava come tata a Londra. Il libro, pluripremiato, ha ottenuto critiche e recensioni incredibili.
E molto recentemente, quando tra maggio e giugno 2016 la BBC ha mandato in onda una miniserie comica ispirata al libro, sceneggiata dal noto autore Nick Hornby e interpretata da Helena Bonham Carter, si è tornati a scriverne e parlarne. Per primo proprio da Hornby, che l’ha definito il libro più divertente che abbia letto nell’anno della sua uscita.
Raccoglie le lettere autenticamente scritte da Nina dopo che, nel 1982, quando aveva vent’anni, venne assunta come tata da Mary-Kay Wilmers, direttrice del periodico London Review of Books. Nina arrivò a Londra dalla provincia, precisamente da Leicester, e visse tutto quel periodo totalmente inconsapevole di chi fossero le persone che incontrava regolarmente in quella casa. Non sapeva che il padre dei due bambini di cui si doveva occupare fosse il regista Stephen Frears, da cui Mary-Kay Wilmers era separata da qualche anno, e che l’amico Alan Bennett – che regolarmente arrivava a cena la sera attraversando la strada – fosse un noto scrittore, drammaturgo, sceneggiatore e attore britannico. Naturalmente non aveva neppure idea di chi fossero gli altri abituali frequentatori di casa, che vivevano nella stessa strada, quali il regista Jonathan Miller, o gli scrittori Claire Tomalin e Michael Frayn. Ma Nina era una ragazza eccentrica, punk e totalmente anticonvenzionale. Ed questa era la caratteristica che la rese ideale agli occhi della donna che le avrebbe affidato i suoi figli, uno dei quali afflitto da una rara forma di disturbo al sistema nervoso.
Nel suo blog scrive ad esempio:
Non mi preoccupavo delle pulizie o dello stirare. Non ho mai insegnato loro qualcosa di utile, tranne che devi sostenere la tua squadra di calcio negli alti e bassi e che devi sempre cercare di vedere il lato divertente delle cose. E se in altre famiglie sarei stata giudicata terribile, questo era esattamente quello che la mia famiglia cercava. E che mi rendeva perfetta.
Oppure:
ho portato entrambi i ragazzi alla ricerca di graffiti. Ho distrutto la macchina e ha fatto giurare i ragazzi di non dirlo alla loro mamma. Ho camminato a piedi nudi per strada e li ho portati al pub per giocare a biliardo. Ho fumato e detto parolacce come un soldato.
Non ho mai fatto nessun lavoro domestico. La casa a Gloucester Crescent (che era già piuttosto squallida) è diventato un casino così terribile che la mio capa ha dovuto assumere una persona per fare le pulizie … ero un po’ seccata dalla faccenda ( un miscuglio di colpevolezza e seccatura) ed ero un po’ irritata quando quella persona arrivava.
Il mio comportamento era quello di una sorella maggiore che amava divertirsi. E, come una sorella maggiore, ero protettiva dei ragazzi e volevo il meglio per loro. Non quello che i libri dicono sia il meglio, ma quello che io pensavo fosse davvero importante.
Le lettere in alcuni casi sono esilaranti. E commoventi. Così come commovente è comprendere come questa eccentrica e talentuosa donna oggi 54enne sia arrivata ad essere quello che è oggi proprio grazie alla sua storia totalmente di segno “smallfamily”. Non solo perché Mary-Kay Wilmers, la sua datrice di lavoro – che all’eta’ di 77 anni, e’ ancora uno degli editor del London Review of Books – donna di straordinaria apertura mentale che l’ha sostenuta e spinta a riprendere gi studi abbandonati a 14 anni, fosse una madre single. Ma anche e soprattutto perché sua madre lo era stata.
In un articolo scritto per il Guardian, nel 2014, Nina Stibbe, ricordando la sua storia, racconta che, nel 1966, dopo un matrimonio di sei anni e con quattro figli sotto i sei anni, i suoi genitori si sono separati e hanno divorziato. E tutto quello che è successo ai lei e ai suoi fratelli è stato praticamente a causa o in ragione del divorzio. Non perché questo abbia scatenato un trauma da separazione o delusione, non perché il padre si sia rifatto una famiglia, non perché la madre fosse troppo “ottimista”. No. Tutto è stato legato alla “paura quasi universale e alla sfiducia verso una famiglia senza un uomo al comando”.
Traduciamo qui alcuni stralci dell’articolo:
Qualche tempo dopo il divorzio, ci siamo trasferiti in campagna per trovare un nuovo inizio. Eravamo eccitati e in attesa di avere un campo dietro casa, con prezzemolo, mucca e allodole.” (…)
Tuttavia, il divorzio ha cominciato a definirci. È stato come avere sopra la testa una nuvola giallo-grigio a forma di divorzio. È stato come la nube cartone animato che insegue l’uomo assillato e costantemente gocciola su di lui pioggia mentre il sole splende su tutti gli altri. La gente non aveva voglia di venire sotto la nostra nuvola o di avere i loro figli sotto la pioggia. Così, dopo un buon inizio, nostra madre dovette soccombere a una delle condizioni più spaventose note al genere umano: la solitudine. (…)
Un giorno, mentre camminavamo a casa da scuola elementare, ho chiesto a Sally Jackson se le sarebbe piaciuto tornare a casa mia a guardare la televisione e magari disegnare alcune foglie. Ha detto che non poteva. Ho suggerito il giorno successivo, ma lei ha detto che non avrebbe mai potuto perché mia madre stava divorziando. Ho detto che potevo andare io a casa sua. No, lei ha detto che non si poteva. Per la stessa ragione. In sostanza, la signora Jackson, a causa del divorzio, non voleva davvero che Sally fosse troppo gentile con me, a prescindere dalla mia capacità di identificare gli alberi dalla loro foglia. (…)
Ho cominciato a pregare che altre persone divorziassero. Ma non lo hanno mai fatto. Non ho contato Elizabeth Taylor e Richard Burton – visto che non vivevano nel nostro villaggio.
La nuvola-divorzio si è finalmente spostata nel 1975, quando nostra madre ha miracolosamente incontrato qualcuno che si è rivelato non solo essere l’amore della sua vita, ma che era disposto a prendersi anche noi. (…)
Proprio quando la necessità era diventato meno urgente, le cose hanno cominciato a cambiare. Un pomeriggio nella primavera del 1976 ero nei bagni a scuola quando la sorella maggiore di Sally Jackson, Chrissie, ha sbirciato nel mio cubicolo, mi chiese un tiro di sigaretta e mi disse che i suoi genitori stavano divorziando. «Si erano quasi separati a San Valentino, pochi anni fa», mi disse, «ma hanno deciso di rimanere insieme per noi.» (…)
«Abbiamo vissuto sotto una nuvola per anni» (…) «Eravamo così gelose di te, sai, per il divorzio e perché avevate sempre le patatine». (…)
Li maledissi per aver messo su un fronte invece di venire dalla nostra parte a gonfiare il numero di divorzi. E poi provai ad immaginare di vivere sotto la nuvola dei Jacksons e alla fine mi resi conto che preferivo la nostra.
Oggi sembra incredibile pensare quanto forte e dura fosse l’opposizione in quei giorni. Quando la gente pensa agli anni ’60 e ’70 pensa all’amore libero, ai Sex Pistols. Per noi i ricordi più chiari di quel periodo erano quelli delle madri ansiose (vicine di casa come la signora Jackson) che non volevano che i loro bambini giocassero con i bambini di una famiglia divisa; le mogli che si preoccupavano che nostra madre potesse avere rapporti sessuali con i loro mariti (…) gli insegnanti che pensavano che potessimo avere un’influenza negativa o semplicemente non prosperare senza la guida di un uomo.
E ‘stata la seconda moglie di mio padre a trovare preoccupante che i suoi figli fossero occasionalmente esposti ai loro fratellastri senza padre…
Queste vicende familiari sono state spunto e materiale per i sui due libri successivi a Love, Nina, pubblicati nel 2014 e nel 2016 (Man at the helm – L’uomo al timone , e Paradise lodge – Alloggio Paradiso)
Nel romanzo L’uomo al timone i genitori divorziano e le due figlie cercano disperatamente di trovare un uomo per la madre creando una lista di possibili candidati. Visto che gli abitanti del villaggio evitano la madre in quanto divorziata, le ragazzine pensano che l’unico modo per risolvere il problema sia quella di trovarle un compagno. La storia e’ raccontata attraverso gli occhi di Lizzie che ha 9 anni in stile parodistico-umoristico. Nina comincio’ a scrivere questo libro proprio mentre era babysitter a Londra e ne aveva mostrato degli stralci a Alan Bennett che lo aveva trovato divertente. Ma poi il testo era rimasto nel cassetto.
In Paradise Lodge la storia prosegue e ritroviamo Lizzie Vogel a 15 anni, quando si ritrova a lavorare in una casa di riposo per anziani. È il 1970 e il posto è nel caos. Non sembra proprio essere un lavoro adatto per una studentessa punk che non sa quale sia il modo giusto per tirare qualcuno fuori da una vasca da bagno. Ma di fatto, grazie a incontri con personaggi incredibili come l’infermiere timido che comunica solo tramite piccoli grugniti o il figlio attraente di manager cinesi, Paradise Lodge si trasforma in un’occasione straordinaria per comprendere quanto sia importante essere autenticamente se stessi, vecchi o giovani che si sia.
La domanda è: come mai i tre libri di Nina Stibbe non sono ancora stati tradotti in italiano?