Un padre di Macerata, che chiedeva l’affidamento congiunto del figlio neonato, si è visto respingere il suo ricorso dalla Corte di Cassazione. La motivazione di tale rigetto è la seguente: la prevalenza della figura materna e la stabilità abitativa sono elementi imprescindibili in tenera età. Per questo motivo, fino ai tre anni d’età i figli di genitori separati -a meno di casi del tutto eccezionali- devono dormire nella casa della mamma.
L’iter processuale che ha portato a tale decisione è iniziato due anni fa, quando il figlio della coppia aveva 16 mesi.
Nel 2022, il tribunale di Macerata stabilisce che il padre ha il diritto di visita del bambino e che deve pagare per gli alimenti 150 euro mensili. Tale decisione viene contestata dalla madre con un ricorso alla Corte d’Appello di Ancona che in seguito aumenta l’assegno di mantenimento portandolo a 250 euro, in ragione del suo “modesto reddito”, e stabilisce una diversa organizzazione delle modalità di visita.
Ritenendo “eccessivamente prolungato il periodo di permanenza settimanale con il padre”, si legge nell’ordinanza, viene stabilito un calendario più rigido: “due pomeriggi alla settimana dalle ore 16.00 alle ore 20,30, da concordare fra le parti o, in mancanza, da individuarsi nei giorni di martedì e giovedì, nonché alternativamente il sabato pomeriggio, dalle ore 16 alle ore 20.30, o la domenica dalle ore 9.30 alle ore 20.30”. Eccezion fatta per il periodo estivo, quando il minore può vedere il padre anche per due settimane consecutive. Durante le festività Natalizie, invece, l’obiettivo è di raggiungere una divisione il più possibile equa tra i due genitori, con un’alternanza tra il giorno di Natale e Santo Stefano e tra il primo e l’ultimo giorno dell’anno. Ma, in ogni caso, “senza pernottamento presso il padre”.
Tale condizioni, secondo il padre, rappresenta un ostacolo per “la crescita serena e armoniosa del figlio” perché lo allontana dall’abitazione in cui ha vissuto fino alla separazione. Dopo ogni visita, inoltre, spetta a lui il compito di riaccompagnare il bambino nella casa materna che si trova a un’ora di distanza dalla propria. A suo parere, un tempo eccessivo, tale da “costringere padre e figlio a frequentarsi nell’autovettura, lungo il tragitto, o in alternativa all’interno di un centro commerciale o in abitazioni promiscue”. Aggiunge, inoltre, come le condizioni a lui imposte rappresentino un ostacolo all’applicazione del principio della “bigenitorialità”.
I giudici della Corte, nel rifiutare la posizione del padre ritengono, al contrario, che l’interpretazione del tribunale sia “chiara, comprensibile e congrua”. Evidenziano anche come i tempi della bigenitorialità “paritetica” e le notti passate nella casa del padre non siano “conciliabili con la tenera età del figlio, che al momento della presentazione del ricorso in primo grado ha appena mesi 16 di vita ed è ancora allattato al seno dalla madre”. La sentenza prevede anche che queste limitazioni si allentino dopo il compimento dei tre anni, quando verrà concesso un pernottamento infrasettimanale e uno nel fine settimana in casa del padre, oltre che durante le vacanze natalizie e nel periodo estivo.