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Una proposta e una richiesta per aiutare i genitori single in difficoltà.

scritto da Gisella Bassanini

Le storie di fragilità e le richieste di aiuto che all’associazione Smallfamilies stanno giungendo da numerosi genitori single, che intercettiamo nelle nostre reti di amici e conoscenti o leggiamo sui giornali, mostrano con drammatica evidenza i vuoti  che  esistono all’interno del sistema  territoriale di assistenza socio-sanitaria e, più in generale, nelle reti sociali di aiuto e mutuo-aiuto attivate negli anni per stare vicino a chi ha bisogno. Alle famiglie monogenitoriali non si pensa anche perché salvo rari casi non si è mai pensato.

Eppure, siamo il 16% dei nuclei familiari italiani. È in atto da molti anni un aumento costante di separazione e divorzi. La vita di molti genitori single è sovente precaria ed accompagnata da condizioni di fragilità e povertà (come documentano i dati europei e nazionali anche riportati dal nostro Osservatorio). Molte smallfamilies soffrono per la mancanza di aiuti e iniziative di sostegno (anche economico), per la scarsità di servizi a loro dedicati, per l’isolamento in cui vivono. E questo già prima del coronavirus.  Inoltre notizie dalla Cina ci dicono che la convivenza forzata a causa della quarantena domestica pare stia provocando un’impennata di divorzi e questo fenomeno, che ovviamene non auspichiamo, potrebbe anche riguardarci nel prossimo futuro.

Questa emergenza ci ha trovati impreparati, lo sappiamo tutti molto bene, ma è altrettanto chiaro che dobbiamo fare qualcosa già da ora; ognuno facendo la propria parte: le istituzioni ad ogni livello, il terzo settore, i gruppi auto-organizzati, i singoli cittadini e cittadine.

Riceviamo quotidianamente notizie di genitori soli che non riescono a fare la spesa o andare in farmacia perché non possono lasciare i proprio figli piccoli da soli in casa e ci chiedono come fare. C’è chi ha lasciato i propri bimbi, tra mille angosce e apprensioni, giusto il tempo di andare nel negozio sotto casa (sperando che la coda da fare non sia troppo lunga); chi non ha vicini che possano dare una mano; chi cerca disperatamente qualche associazione di volontariato di zona che gli porti la spesa; chi ha chiamato il proprio  Comune sentendosi dire che  l’unica soluzione “nel caso in cui si ci trovi disperati è di chiamare i carabinieri e informare loro della situazione”; c’è anche chi si è portato i figli con sé al supermercato e si è sentito dire: “lasci suo figlio a casa con suo marito, si organizzi!”,  oppure è stato obbligato ad abbandonare il minore  fuori dall’edificio, dove normalmente si lasciano i cani.

Vanno anche ricordate tutte quelle famiglie monogenitoriali  che non hanno  soldi sufficienti per ordinare la spesa online e pagare il servizio di consegna a domicilio (ammesso che si riesca a trovare uno slot libero).

E poi ci sono tutti quei genitori, non pochi, purtroppo, che hanno problemi di salute e non riescono ad essere visitati a casa, a  ricevere le cure di cui necessitano, a trovare il modo di essere ricoverati per accertamenti. Molti di questi sono assistiti  dai vicini di casa o  da amici che fanno quello che possono, con grande senso di solidarietà ed empatia, ma anche  un profondo sentimento di  impotenza e disperazione.

Forse in molti hanno letto in questi giorni la triste  vicenda di quei  due fratellini (che hanno perso la nonna con la quale abitavano e la loro mamma, operatrice sanitaria, è  risultata positiva al covid-19 ed è ora ricoverata) che sono  rimasti soli in casa ed ora vengono aiutati dall’intero paese in cui risiedono. Oppure la lettera di quella  madre di 38 anni, vedova da quattro, con tre bimbi piccoli che racconta il suo calvario -perché altra espressione non mi viene- dal ricovero al ritorno a casa, e che ora sta, per fortuna, guarendo.

Cerchiamo di intervenire, e quando tutto sarà finito troviamo anche il tempo e l’interesse per fare tesoro delle sofferenze vissute da molti e molte  in questo periodo, per trasformarle in reti che funzionano,  servizi che rispondono, opportunità che ci aiutino a vivere meglio. Fuori dalla cultura dell’emergenza e dell’improvvisazione, per quanto ammirevole sia.

 

Una possibilità per cercare di aiutare queste famiglie, ORA, potrebbe essere quella di estendere ANCHE ai genitori single gli aiuti e il sostegno che diverse realtà territoriali stanno offrendo efficacemente alle persone anziane.

 

SEGNALATECI inoltre le iniziative che ci sono sul territorio, in città, nei singoli quartieri, e che possono essere d’aiuto per quelle famiglie monogenitoriali in affanno. GRAZIE.

 

 

 

NOTA:

L’immagine che accompagna il post è un’opera dell’artista giapponese Ayumi Shibata

autore

Gisella Bassanini

Docente e ricercatrice, ho una figlia, Matilde Sofia. Coordino le attività di  Smallfamilies aps di cui sono fondatrice e presidente.  Seguo in particolare  l’area  welfare e policy, le questioni legate all’abitare e per il nostro Osservatorio mi occupo dello sviluppo  di  progetti di ricerca sulle famiglie monogenitoriali e più in generale sulle “famiglie a geometria variabile”.

Abito a Milano (città che amo) e, dopo la laurea in architettura al Politecnico di Milano,  ho trascorso molti anni  impegnata  in università (dottorato di ricerca, docenza, scrittura di libri) e nella libera professione (sviluppo di processi partecipativi,  piani dei tempi e degli orari della città, approccio di genere nella progettazione architettonica e nella pianificazione urbana). Ora insegno materie artistiche nella scuola pubblica e continuo nella mia attività di studio e ricerca in modo indipendente. La nascita di mia figlia nel 2001 ha trasformato profondamente (e in meglio) la mia vita, nonostante la fatica di crescerla da sola. Da allora, il desiderio di fare qualcosa per-e-con chi si trova a vivere una condizione analoga è diventato ogni giorno più forte. Da questa voglia di fare e di condividere, e dall’incontro con Michele Giulini ed Erika Freschi, è nata Smallfamilies aps, sintesi ideale della mia storia personale e del mio percorso professionale.

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