STORIE

Giorgia • Perché fare un figlio?

scritto da Giorgia Corti

Per il suo sorriso nel sonno quando la poggio nel lettino e le rimbocco la coperta. Tanti pensano che una donna con un bambino abbia bisogno di aiuto, ma a dire il vero io mi sento fortunatissima e completa: come madre e come donna.

A volte e’ dura conciliate le tensioni di questi due esseri che convivono in me, ma detto tra noi non so quanto un uomo migliorerebbe la situazione! Mia figlia riesce con un battito di ciglia a sciogliermi i nodi alla gola, i mal di schiena e senso d’inadeguatezza.. ha solo tre mesi e mezzo e dei poteri enormi: rende le persone autentiche.

Ho imparato che con lei non servono tutte le stupide consuetudini che si scambiano gli adulti,

lei ha bisogno di sincera attenzione e impegno. Quando non capisco cosa le succede:

mi fermo, la osservo e ascolto cosa cerca di dirmi. E’ tanto piccola che ancora non sa di avere i piedi o

qual’e il loro utilizzo, i suoi occhi cominciano a vedere oltre i 5 metri e in maniera non sfuocata,

per non parlare della pancia che ancora non sa gestire e di cui e’ un po succube:

tutti quei muscoli addominali da così poco tempo e neanche un libretto d’istruzioni.

Finisce in pianti sconsolati di paura per un pancino fuori controllo.

Ho provato lo stesso sconforto quando dopo anni sul pc ho provato a fare copia ed incolla con un Mac:

volevo spaccare tutto nonostante la mia visione fosse perfetta,

avessi i piedi e la mia pancia funzionasse come ci si aspetta.

E così per lei quando abituata ad un luogo perfetto, è stata stravolta da un cambiamento totale.

Digerire è un impresa senza un ruttino di sicurezza o comandare le dita che scappano in tutte le direzioni. Per noi sono banali automatismi: ma avevo dimenticato la fatica di apprenderli.
Son passati 3 mesi e mezzo da quando e’ nata, 12 da quando son rimasta incinta e no.

Non mi ricordo un solo attimo in cui non l’ho amata!

Son passati 3 anni e mezzo da quando è nata, un infinità di tempo da quando son rimasta incinta.

E resto attonita nel vederla passare senza fatica alcuna da una lingua all’altra:

dopo un solo anno di francese è già bilingue. E come lei tre quarti dei bambini della sua classe.

Ha legato molto con una bimba cinese e una araba, simpatizza per un maschietto di origini congolesi.

Tutti francesi, come lo sarà lei. Per ora la sola cosa che la turba è quando uno di loro non si professa più suo amico.

Al parco quando si ritrovano tutti insieme, seguono dinamiche semplici e

mi piacerebbe dire che son specchio delle diverse culture che respirano a casa, ma non è così, non ancora.

Son curiosi, vogliono essere partecipi e coinvolti, se uno mangia lo vogliono far tutti, se uno scopre una nuova attrazione tutti ci vogliono dare una sbirciata, nessun pudore a far pipì tutti insieme e se uno si fa male s’interessano e lo consolano per poi ripartire a giocare.

Siamo noi adulti che inneschiamo dinamiche di competizione e regole insulse di peccato, debito e miseria..

fosse per i bambini potrebbero giocare ore autogestendosi e scambiandosi i ruoli senza avanzare pretese di potere.

Ultimamente la nostra società si trova a scontrarsi con il multiculturalismo: tiriamo su muri, marchiamo il territorio e respingiamo persone. Per anni abbiamo usato senza ritegno risorse altrui per costruire la migliore delle società possibile, abbiamo esportato armi dal cuore pulsante del nostro nord industrializzato, fomentato guerre e primavere arabe.

Ora che i loro figli bussano alle notre case non ci sentiamo più cittadini del mondo, ma ferventi nazionalisti sotto invasione. Sarebbe bello tornare a giocare insieme, magari inventando nuove regole di mercato per un economia al servizio dell’uomo, non di pochi. Se non si può tornare ad essere splendidi bambini, almeno restare umani.

Perché fare un figlio allora? Per avere davanti agli occhi, tutti i giorni, un impegno con il futuro.

Questo post è dedicato ad Aylan, 3 anni, e a tutti i bambini che come lui muoiono mentre, con altri migranti, scappano dalle guerre. Per cercare un futuro.

autore

Giorgia Corti

Fotografa, classe 1987, mamma single di Bianca ho in progetto un giro per il mondo per realizzare un libro sulle madri sole. Gli scatti saranno realizzati da me e dalla mia bambina perché desidero vedere la realtà anche attraverso i suoi occhi. Per realizzarlo raccolgo fondi con il crowdfunding: puoi vederlo al link del mio sito. Per Smallfamilies® collaboro alla sezione “Diario d’autori”.

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