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Kamala Harris, portabandiera di un nuovo modo di essere famiglia

scritto da Laura Lombardi

Kamala Harris, ovvero Mom Kamala, Mamma Kamala, ovvero Momala, pochi mesi prima di essere eletta vicepresidente degli Stati Uniti ha dichiarato:

Ho avuto molti titoli nel corso della mia carriera e, certamente, vice presidente sarà grandioso, ma Momala sarà sempre quello che conta di più per me”

E Momala, in effetti, che rappresenta primati ben rimarcati  dai media  (prima donna procuratrice generale della California, prima donna vicepresidente Usa, prima donna con questi incarichi di origine afroamericana, prima donna con questi incarichi di origine asioamericana) ai nostri occhi è soprattutto la prima persona – prima ancora che donna – che si autoconferisce, implicitamente, il “titolo” dirompente, emblematico – di portata e rottura epocali – di portabandiera di un nuovo modo di essere Famiglia.

È la prima persona di potere vero, addirittura planetario, che si mostra al mondo, trionfalmente, orgogliosamente, felicemente, come parte di una famiglia melting pot a cui la definizione “a geometria variabile” non potrebbe adattarsi meglio.

 

Il 20 gennaio, alla cerimonia di insediamento presidenziale c’erano tutti. In primis il marito, Doug Emhoff, sposato nel 2014, a cinquant’anni – avvocato disposto a rinunciare alla sua carriera per stare vicino a lei – poi i figli di lui, Cole, 26 anni, che lavora in una casa di produzione di Los Angeles, ed Ella, 21 anni, studentessa d’arte a New York. Sono loro che la chiamano Momala. Ma anche – sorpresa! – Kerstin Emhoff, la ex moglie di lui, mamma di Cole ed Ella, perché sì, loro tre sono amici, anzi, buoni amici.

Quindi la sorella Maya, il marito Tony West – afroamericano – le nipoti, la sua migliore amica, Chrisette Hudlin, e Regina Shelton, “la mia seconda madre – così l’ha definita Momala nel suo discorso di accettazione dell’incarico – che viveva due piani sotto di noi e che ha aiutato a crescermi.”

Kamala Harris ha prestato giuramento con la mano sulla Bibbia della famiglia Shelton – oltre a quella usata dal giudice della Corte Suprema – portata appositamente a Washington dalla nipote maggiore di Regina Shelton, che vive a Oakland, la città dove anche lei è nata e cresciuta.

Durante il suo discorso, ha anche dichiarato che sua madre

ci ha insegnato a mettere la famiglia al primo posto – la famiglia in cui sei nato e la famiglia che hai scelto.” 

Kamala Harris è stata cresciuta insieme alla sorella dall’adorata madre Shyamala Gopalan, morta nel 2009. Immigrata dall’India, Shyamala è stata attivista per i diritti civili, biologa e ricercatrice pioneristica sul cancro al seno, attiva con diversi incarichi e riconoscimenti in molti istituti di ricerca universitari. A sua volta cresciuta, in India, da una madre sostenitrice dei diritti delle donne.

Nella sua autobiografia del 2018, Kamala ha così riassunto, riguardo a Shyamala: “Sapeva che la sua patria adottiva avrebbe visto me e Maya come ragazze nere, ed era determinata ad assicurarsi che saremmo diventate donne nere sicure di sé.”

Il divorzio dei genitori, del 1972, quando Kamala aveva sette anni, ha rappresentato invece una rottura totale definitiva con il padre Donald Harris che, ancora in vita, non era infatti presente alla cerimonia.

Anch’egli attivista per i diritti civili negli anni Sessanta, anch’egli immigrato molto giovane negli Usa – dalla Giamaica – il padre, nato nel 1938, è ora professore emerito di Economia alla Stanford University.

Intervistati dal New York Times, i figli acquisiti di Kamala Harris, Cole e Ella, alla domanda “Come li descrivereste (Kamala e il loro padre) come coppia?” Cole ha risposto che sono disgustosamente carini, che “ti aspetteresti che prima o poi l’effetto debba finire”, e Ella ha rincarato: “è come se la fase della luna di miele durasse per sempre.” Mentre riguardo la dinamica genitoriale a tre, riferendosi alla coppia e alla loro madre Kerstin, hanno detto:

Sono davvero un’unità, come una squadra genitoriale a tre. È davvero cool.”

Ma la cosa davvero cool di tutto questo, è che non si tratta di facciata, non si tratta di ruoli pubblici. Si tratta di reale libertà dal pregiudizio, libertà dalla retorica sulla famiglia tradizionale, come si può intuire anche da semplice dettagli. I ragazzi ad esempio chiamano la loro madre “mamma”, la loro madre acquisita “Momala, alias mamma Kamala”, ma il loro padre semplicemente “Doug”, sostenendo di averlo sempre fatto. Il figlio Cole l’ha spiegata così: “Doug e dad (papà) sono entrambe parole di una sola sillaba; suonano simili così sembrava quasi un soprannome.”

O ancora: “Ella, tuo padre non ha mai non-lavorato, giusto? Come pensi che sarà per lui?”
Riposta: “Spero che si dedichi a un altro hobby. Spero che inizi a lavorare a maglia, come faccio io.” Oppure, riguardo al divorzio dei genitori: secondo Cole “ci ha avvicinati”, e secondo Ella si tratta di “un buon modello per dimostrare che si può avere una buona dinamica (relazionale), e che non è strano. Come non è strano essere amici o avere un buon rapporto con il tuo ex. In realtà è molto sano.”

Prescelta nel dicembre 2020, dal settimanale statunitense Time, quale “persona dell’anno”, insieme al Presidente eletto Joe Biden, la Momala dei primati, insieme a tutte le altre donne presenti, comprese quelle della famiglia Biden, oltre a lady Gaga e a Jennifer Lopez, ha determinato un cambio di segno all’Inauguration Day, trasformandolo in una giornata dove il femminile, colorato, dinamico, potente, allegro, multietnico, ha nettamente prevalso sul maschile, piuttosto impaludato, fermo, ingrigito. Simbolicamente, un enorme passo avanti.

E, non da ultimo, a fare da cassa di risonanza a questo passo avanti, a distanza di poche ore dall’elezione, ecco la diffusione di un video a sostegno di Girl Up, l’iniziativa giovanile per l’uguaglianza di genere della Fondazione delle Nazioni Unite, in cui donne, ragazze e bambine di oltre trenta famiglie americane sono state riprese da una rete di registi volontari mentre osservano in tv il giuramento solenne di Kamala Harris, di cui si sente soltanto la voce. E che si conclude con il messaggio: Quando una ragazza si alza, tutte le ragazze si alzano.
Impatto, speranza, potenziale. Melissa Kilby, direttrice esecutiva di Girl Up ha dichiarato:

Le ragazze che la vedono oggi ricorderanno il momento in cui hanno creduto per l prima volta di poter are qualsiasi cosa, grazie a quello che hanno visto fare a lei”

 


Vedi anche questi articoli

People By Diane Herbst – January 20, 2021 12

The New York Times

 

 

Foto di Alexas_Fotos da Pixabay

autore

Laura Lombardi

Scrittrice, con un passato televisivo. Coordinatrice dell’area culturale ed eventi. Madre separata di una figlia, sono curatrice, insieme con Raethia Corsini, del progetto smALLbooks. Per il sito scrivo per la sezione “Magazine” e “Diario d’Autori”. Condivido con Giuseppe Sparnacci il progetto “Riletture in chiave smallfamily”.

Sono nata nel 1962, scrivo e ho un’unica adorata figlia nata nell’anno 2000. Con Susanna Francalanci ho scritto alcuni libri per ragazzi pubblicati dall’editore Vallardi e il giallo Titoli di coda, per Eclissi editrice. Per parecchi anni ho lavorato come autrice televisiva, soprattutto in Rai, soprattutto con la vecchia RaiTre. Prima ancora c’era stato il periodo russo, quello in cui ho frequentato Mosca, l’Unione Sovietica e la lingua russa.Il canto, la ricerca attraverso il suono e la voce, il tai chi, sono gli strumenti privilegiati con cui mi oriento. Amo camminare, soprattutto nel silenzio denso di suoni dei boschi dell’Alta Valmarecchia, dove ho la fortuna di avere una casa che saltuariamente apro per ospitare incontri, corsi e altre iniziative: Croceviapieve. Vivo il progetto Smallfamilies come parte fondamentale del mio percorso evolutivo.

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