Nell’immaginario collettivo italiano e mondiale la scala dei valori sul tema Famiglia è cambiato.
La genitorialità è sempre un aspetto percepito come importante, all’interno di una famiglia ideale, ma il numero effettivo di figli non conta. Contano molto di più qualità delle relazioni, comunicazione e rispetto, rapporti egalitari nella coppia, buona conciliazione tra famiglia e lavoro, comunicazione frequente con altri membri stretti della famiglia, in particolare i nonni, rispetto nella comunità.
Queste le conclusioni di un approfondito e ampio sondaggio online condotto in Italia, Spagna, Norvegia, Cina, Giappone, Stati Uniti, Singapore, Corea del sud, ovvero in otto paesi “a bassa fertilità”, selezionati in quanto molto diversi fra di loro a livello sociale, politico, istituzionale e culturale.
“Family ideals in an era of low fertility”, è lo studio pubblicato sulla rivista americana Proceedings of National Academy of Sciences (Pnas) ed è stato condotto da Letizia Mencarini e Arnstein Aassve, demografi dell’Università Bocconi di Milano insieme a colleghi delle università di Harvard, Princeton, Pennsylvania, Tokyo, Singapore al fine di fare il punto sugli ideali familiari percepiti dagli individui alla luce dei cambiamenti sociali tuttora in corso che hanno modificato le famiglie stesse. Si tratta di un coraggioso tentativo di “concettualizzare” la famiglia ideale.
Nel tempo sono stati realizzati numerosi studi approfonditi, ma sempre su elementi specifici, quali matrimonio, convivenza o divorzio oppure ruoli di genere, educazione dei figli etc. Fino ad ora non era mai stata realizzata un’analisi comparativa sistematica delle implicazioni teoriche ed empiriche nel tentativo di considerare in modo olistico gli attributi della famiglia ideale.
Ma quali sono le caratteristiche che dovrebbe avere la tua famiglia ideale?
Per realizzare questa prima esplorazione completa delle caratteristiche multidimensionali di una famiglia ideale sono stati definiti gli ideali di famiglia in base a dieci fattori, individuati in base alle teorie classiche del comportamento familiare: numero di figli, stato civile dei genitori, reddito familiare, rispetto da parte della comunità, ruoli di genere, equilibrio tra lavoro e famiglia, istruzione dei figli, qualità della comunicazione tra i membri della famiglia, contatti con la famiglia allargata e sostegno finanziario per i figli.
Ai partecipanti al sondaggio sono state sottoposte delle vignette che descrivono un ipotetico profilo di famiglia in cui i fattori sono variati in modo casuale – con quindi un numero imponente di combinazioni – ed è stato chiesto in che misura fossero d’accordo o in disaccordo nel descrivere la descrizione di ogni vignetta come una famiglia “di successo”.
Il campione analitico finale è composto da 20.141 intervistati e 120.846 osservazioni di risposte e vignette. Per ogni Paese è stato utilizzato un campionamento a quote stratificate basato sull’età e sul sesso, un quarto del campione costituito da donne tra i 25 e i 39 anni, un quarto da uomini della stessa età, un quarto da donne tra i 40 e i 50 anni e l’ultimo quarto da uomini della stessa età. Con un sovracampionamento per etnia negli Stati Uniti e a Singapore.
Sono stati condotti due esperimenti separati. Nel primo le vignette descrivono profili di coppie conviventi e sposate con o senza figli, escluse le coppie divorziate, al fine di esaminare in che misura avere figli è considerato un attributo importante. Nel secondo le famiglie descritte includono sempre uno o più bambini ed anche coppie divorziate, in modo da poter esaminare anche gli effetti del divorzio e delle caratteristiche del figlio/figlia sugli ideali familiari.
La difficoltà principale nel concettualizzare una famiglia sta chiaramente nella sua natura multidimensionale. La sfida è stata quella di incorporare molteplici caratteristiche familiari in un quadro concettuale unificato per comprendere meglio l’importanza relativa di diversi attributi familiari, tra cui la convivenza, l’educazione e la crescita dei figli, i vari vincoli materiali, la divisione del lavoro domestico e gli obblighi familiari e di carriera.
La differenza dei cambiamenti familiari nei vari contesti sociali e culturali conduce infatti a una serie di domande pertinenti. In primo luogo, quali sono le caratteristiche percepite di una famiglia ideale e la loro importanza relativa? In secondo luogo, in che misura le percezioni degli ideali familiari differiscono tra società che variano nelle tradizioni culturali, nelle istituzioni sociali e politiche e nelle strutture del mercato del lavoro? Infine, come si correlano i risultati relativi agli ideali con l’effettivo comportamento demografico individuale e con le tendenze a livello di Paese?
Ma, nonostante le divergenze di percezione emerse – fra Occidente e Asia – su temi quali matrimonio, convivenza, e monogenitorialità, l’aspetto principale che risulta da questo studio è la valutazione ampiamente condivisa di specifici attributi familiari ideali.
Le divergenze emergono infatti soprattutto rispetto alle dimensioni materiali quali il reddito familiare. Ad esempio, le famiglie con un reddito familiare inferiore alla media hanno ricevuto valutazioni più basse in tutti i casi, mentre le famiglie con un reddito superiore alla media sono state valutate meglio in tutti i paesi tranne Italia, Norvegia e Spagna e questo potrebbe essere motivato dal maggiore sostegno statale su cui i genitori europei possono contare, a volte.
I risultati suggeriscono quindi che, sebbene gli ideali siano condivisi, in particolare sulla non rilevanza del numero dei figli (anche in Norvegia, nota per il forte sostegno alla famiglia e per i ruoli egualitari tra i sessi, non si notano differenze evidenti per quanto riguarda il numero di figli in una famiglia ideale), i calcoli che regolano i compromessi tra le diverse dimensioni della famiglia possono variare a seconda delle configurazioni economiche, sociali e istituzionali locali.
Ciò che è emerso in modo significativo è lo status dei genitori. Il matrimonio è considerato un fattore importante in Corea del Sud, Giappone e Singapore, mentre non lo è negli altri Stati considerati, Italia compresa.
Un altro dato interessante riguarda il nostro Paese dove alla priorità di investire sull’educazione dei figli viene dato un peso minore rispetto a chi ha risposto alle stesse domande ma vive per esempio a Singapore dove anche chi ha un titolo di studio basso, desidera che i figli facciano l’università. Un bisogno che nelle risposte italiane vale soprattutto per il laureati, mentre per chi ha un titolo di studio più basso non è poi così fondamentale. Su questo aspetto c’è materia su cui riflettere.
“Sebbene la famiglia continui a essere un’unità fondamentale dell’organizzazione sociale, i modelli familiari sono cambiati radicalmente”. Questa affermazione, rintracciata all’interno dello studio, è la premessa, ma dal nostro punto di vista, anche, in definitiva, la conclusione che si dovrebbe tenere in considerazione sempre, a livello istituzionale e giuridico. Cosa che, ahinoi, accade raramente.
La pubblicazione citata è reperibile, in inglese, qui: https://www.pnas.org/doi/10.1073/pnas.2311847121
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