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La rabbia dei bambini che inquieta i genitori

scritto da Carla di Quinzio

Sempre più spesso mi capita nella stanza di analisi di ascoltare e vedere la rabbia dei bambini che i genitori si trovano a dover gestire, ciò a prescindere dal fatto che i genitori siano o meno separati.

Nei casi di separazione noto che i bambini facilmente provano rabbia nei confronti del genitore che non vive abitualmente con loro. È abbastanza comprensibile il meccanismo psicologico: sente la sua mancanza, vorrebbe che fosse con lui e non riesce a reggere la frustrazione.

Ciò accade nonostante le rassicurazioni dei genitori tese a sottolineare che il papà e la mamma continueranno ad amarlo indipendentemente dal fatto che si sono separati. Proprio questi genitori attenti non si spiegano le ragioni della rabbia, pensano di aver fatto tutto il possibile e invece il bambino si mostra arrabbiato.

Innanzitutto sottolineo l’importanza di tenere presente le capacità del bambino nei vari stadi della crescita. Non ha molto senso dire a un bambino di 2 o 3 anni “ti penso anche quando non sono con te”. Più utile può essere permettergli di portare con sè un oggetto simbolico. Il famoso oggetto transizionale di cui parla Winnicott.

Passiamo brevemente in rassegna i comportamenti che ho avuto modo di osservare nei genitori in fase di separazione e le attese dei figli.

Si tratta a volte di comportamenti apparentemente innocui, non certo dettati da malanimo. Tengo infatti a sottolineare che non parlo di genitori che non hanno a cuore i propri figli, al contrario cercano di dare il meglio. Quel che manca a volte è l’attenzione ai piccoli gesti che appaiono banali e che invece fanno la differenza.

Spesso è l’abitudine alla vita frenetica che induce a fare due cose contemporanemente per ottimizzare i tempi; è l’idea pressante di non “perdere tempo”, a far correre il rischio di perdere, non tanto il tempo, quanto se stessi e la propria presenza.

Pensiamo ad esempio al delicato momento dell’incontro in cui i bambini tornano a casa dopo aver trascorso alcuni giorni con il genitore che non vive con loro, o in cui vengono a lui affidati. Mi è capitato di osservare coppie che utilizzano quel tempo per scambiarsi informazioni economiche che riguardano le necessità dei bambini.

Dobbiamo tenere in grande considerazione il fatto che il passaggio da una casa all’altra, da un genitore all’altro, è un momento di cui occorre prendersi massimamente cura. Il passaggio della soglia di casa, fisica e mentale, è delicatissimo e i genitori devono presidiarlo e proteggerlo. È necessaria la presenza e il pensiero a quel che si sta facendo in quel momento.

Intendo dire che il genitore che si congeda può essere molto generoso se lascia andare il bambino con il cuore aperto, può manifestare la tenerezza con una carezza, con uno sguardo o con l’augurio di buoni giorni secondo il linguaggio cui si è soliti. Non sono necessarie tante parole, è “sufficiente” essere lì con lui nel presente evitando di distrarsi per pensare a quel che si farà un attimo dopo. Il bambino lo sente. Inoltre sarebbe meglio non indugiare in raccomandazioni ansiose e ansiogene.

Il genitore che riceve il bambino, dal canto suo, dovrebbe prepararsi ad accogliere anche un’eventuale lacrimuccia. Lo so può essere frustrante, si desidera incontrare il proprio figlio e sarebbe bello vederlo arrrivare gioioso. Qui è necessario sottolineare che il genitore è l’adulto che deve sostenere il bambino e non viceversa.

È quindi opportuno rassicurarlo dicendo che potrà telefonare, è indispensabile fargli sentire la protezione e la comprensione per il dolore che prova in quel momento, anziché risentirsi perché non gli corre incontro a braccia aperte. Non significa che il bambino ama maggiormente il genitore che sta lasciando in quel momento, a questo proposito mi preme ricordare che sarebbe quantomai opportuno evitare di chiedere al bambino se vuole più bene al papà o alla mamma.

Più raramente, per fortuna, ho visto famiglie in cui era uso chiedere ai bambini di farsi portavoce per ricordare l’ultima spesa sostenuta e sollecitarne il rimborso.

I bambini non dovrebbero assistere a scambi di comunicazioni conflittuali, e tantomeno esserne attori, di cui sentirebbero di esserne la causa. Teniamo presente che spesso essi pensano di essere responsabili dei litigi e della separazione dei genitori, credono di non essere stati abbastanza obbedienti, educati o di aver fatto troppi capricci. Il compito degli adulti sarà quello di non avvalorare queste loro credenze, è questa una delle ragioni per cui insisto nel sottolineare l’importanza di tenere separati gli ambiti e i tempi.

Spesso, per tacitare i sensi di colpa ed evitare conflitti, i genitori che si separano eccedono in regali ai propri figli. Oltre a ciò, in genere il genitore che non ha l’affido prevalente, tende a riempire di attività ludiche il tempo che trascorre con il figlio e ad assecondare ogni sua richiesta.

Il bambino in questo modo non trova più un limite, gli viene negata quella possibilità di scontrarsi che gli serve per crescere. Si trova in un amalgama indifferenziato in cui tutto è consentito. Il problema è che, poiché gli agiti dei genitori in questi casi scaturiscono da un senso di colpa, l’unica possibilità inibita ai figli è quella di esprimere la frustrazione che rischierebbe di mandare in crisi l’autostima dei propri genitori.

Evidentemente non si fa l’interesse del bambino che si trova in un troppo pieno di oggetti, di attività e di parole, mentre avrebbe bisogno di fare il vuoto.

Vorrebbe forse avere la possibilità di confidare che quando è con la mamma gli manca il papà e viceversa. Una dichiarazione liberatoria per il bambino che permetterebbe ai genitori di aiutarlo ad abitare la mancanza e quindi a crescere e a gestire le inevitabili frustrazioni della vita.

Purtroppo quando i genitori sono troppo impegnati a farsi riconoscere la patente di “super-genitore” non sono in grado di reggere la tristezza del bambino, lo vorrebbero sempre felice. Di nuovo cito Winnicott che parla di madre “sufficientemente buona” riferendosi alla figura genitoriale che sa ascoltare il bambino, riconoscendolo empaticamente.

Il bambino crede ai suoi genitori, li ama entrambi e vorrebbe averli al suo fianco come era stato prima della separazione. Lo iato fra quel che sperimenta quotidianamente e quel che le figure di riferimento agiscono è spesso la causa della sua rabbia. Non è in grado di esprimere il suo disagio e quindi si arrabbia. E possiamo festeggiare! Se si arrabbia, vuol dire che è libero di farlo.

Nel prossimo post affronterò il tema della rabbia del bambino e di come imparare a gestirla.


Immagine tratta dal film Inside Out

autore

Carla di Quinzio

Filosofa, faccio parte dell’Associazione PHILO pratiche filosofiche e dei servizi convenzionati con l’associazione Smallfamilies®. Sono tra le fondatrici dello “Sportello per madri e padri soli”, iniziativa nata in partnernariato con Smallfamilies®. Per questo sito scrivo consigli/interventi/risposte/ per l’area “Corpo-Spirito-Mente”.

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