Correva l’anno 2013. Una figlia, 12 anni, quasi 13. Adorata. La sveglio tutti i giorni baciandole le pieghe ai lati della bocca, là dove si rapprende quel concentrato odoroso di sonno, di notte, di sogni. Prima che lei ceda e apra agli occhi, e non accade mai subito per fortuna, ne approfitto per inspirare forte e fare bottino per la giornata. Niente è più inebriante per il mio naso di mamma innamorata. Quando non c’è, quando dorme dal papà, questo risveglio profumato di figlia mi manca terribilmente.La scorsa estate non ci siamo viste per un mese E’ tornata in aereo, volando sola, per la prima volta. Io ero all’aeroporto, emozionata, carica di quell’aspettativa sorridente e un pizzico ansiosa. In anticipo, ovviamente. E lei? Si apre la porta scorrevole ed eccola. Espressione neutra, andatura lenta, mi vede e solleva appena il braccio per salutarmi con un gesto piccolo della mano. Ciao. Un ciao a mezza voce, laconico.
Ho inghiottito, sorvolato. E l’ho comunque travolta di abbracci, ignorando quell’evidente invito alla compostezza.
Il papà ha vissuto con noi fino a quando lei ha compiuto sei anni. Fino a quel momento lei non lo aveva mai chiesto e io non avevo mai avuto dubbi. Lei avrebbe sempre dormito nel suo letto. E’ giusto, è corretto, è sano. Per tutti. Poi, invece: posso dormire con te?
E va bene, ma solo una volta tanto. Poi: ti prego… Va bene: un giorno sì e due no. Poi: uno sì uno no, quindi… Capitolazione totale. Per anni.
Non è colpa mia se mi ero abituata! Anzi, più che abituata. Assuefatta!
Così, quando l’inizio della scuola media ha portato un inevitabile cambiamento di galassia comportamentale, è arrivata anche la fatidica affermazione: ho deciso di dormire nel mio letto.
Bene, meno male, era ora…
Ma chi ci crede?! Non io, non lei. Che mi guarda ironica, certa del suo potere.
Mamma eccessiva, debordante, un po’ troppo figliadipendente? Imperfetta? Sì. Ammetto.
Farei di tutto per mantenere questa imperfetta complicità.