I dati Istat sulle separazioni e i divorzi in Italia nel 2012 dicono come questo fenomeno, in continua crescita dal 1995, abbia avuto nel 2012 un calo rispetto all’anno precedente. A livello nazionale infatti le separazioni nel 2012 sono state 88.288 e i divorzi 51.319 (rispettivamente -0,6% e -4,6%).
Riporto qui in estrema sintesi alcuni dati emersi dalla ricerca Istat che offrono uno spaccato interessante su ciò che sta accadendo nel nostro Paese, anche se – va sottolineato – si sta parlando solo delle unioni sancite da un matrimonio e sono pertanto escluse le separazioni che provengono da unioni di fatto, scelta quest’ultima che sappiamo coinvolge un numero sempre maggiore di coppie italiane.
Confrontando i matrimoni celebrati nel 1985 con quelli del 2005 emerge come le unioni interrotte dopo sette anni da una separazione siano raddoppiate, passando dal 4,5% al 9,3%. Le nozze religiose rispetto a quelle celebrate con rito civile risultano «essere più stabili».
L’intervallo di tempo intercorso tra la separazione legale e la successiva domanda di divorzio è stato pari o inferiore a cinque anni nel 62,3% dei casi. In altri Paesi europei – si fa notare – come la tempistica sia molto più rapida: «includendo l’intero iter amministrativo e burocratico, la sentenza di divorzio si ottiene in circa sei o sette mesi». Per ridurre i tempi (e generalmente anche i costi) per l’ottenimento del divorzio e senza dover “passare” per la separazione si sta intensificando il ricorso allo scioglimento della propria unione coniugale in altri Paesi dell’Unione europea, in particolare la Spagna, dove i divorzi che hanno riguardato cittadini/cittadine italiani/e sono stati quasi 500 nel 2012 e circa 2.000 nell’ultimo quinquennio.
La durata media del matrimonio al momento dell’iscrizione a ruolo del procedimento risulta pari a 16 anni per le separazioni e a 19 anni per i divorzi.
L’età media alla separazione è di circa 47 anni per i mariti e di 44 per le mogli; in caso di divorzio raggiunge, rispettivamente, 49 e 46 anni. Questi valori sono aumentati negli anni per effetto della posticipazione delle nozze in età più mature e per la crescita delle separazioni con almeno uno sposo ultrasessantenne.
La tipologia di procedimento scelta in prevalenza dai coniugi è quella consensuale: nel 2012 si sono concluse in questo modo l’85,4% delle separazioni e il 77,4% dei divorzi.
I divorzi di “coppie miste” sono in crescita, anche se l’entità del fenomeno è piuttosto contenuta (4.584 nel 2012, pari all’8,9% del totale).
In metà delle separazioni e in un terzo dei divorzi è coinvolto un figlio minorenne. Il 73,3% delle separazioni e il 66,2% dei divorzi riguardano coppie con figli avuti durante il matrimonio. L’89,9% delle separazioni di coppie con figli ha previsto l’affido condiviso, modalità ampiamente prevalente dopo l’introduzione della Legge 54/2006, contro l’8,8% di quelle con figli affidati esclusivamente alla madre. La quota di affidamenti concessi al padre continua a rimanere su livelli molto bassi. L’affidamento dei minori a terzi interessa meno dell’1% dei bambini.
Gli assegni di mantenimento per i figli vengono corrisposti nel 47,3% delle separazioni e nel 64,6% di quelle con figli. Nella quasi totalità dei casi (94%) è il padre a versare gli assegni. La quota di assegni ai figli è maggiormente diffusa nel Nord (66,3% del totale delle separazioni con figli) in contrapposizione alla proporzione più bassa registrata al Centro (62,3%); gli importi medi sono più elevati al Nord e, in particolare, nel Nord-est (645,2 euro mensili).
Nel 2012 il 20,3% delle separazioni si è concluso prevedendo un assegno per il coniuge di un importo medio mensile pari a 496,6 euro (nel 98,4% dei casi l’assegno viene corrisposto dal marito). La quota di separazioni con assegno è più alta nel Sud e nelle Isole (rispettivamente 25,3% e 23,8%), mentre nel Nord si assesta sul 17,4%. La distribuzione territoriale risulta, invece, del tutto rovesciata se si considerano gli importi medi, più elevati nel Centro-Nord.
Le separazioni in cui vengono cumulati gli assegni al coniuge con quelli ai figli sono l’11,8% del totale, il 16,1% delle separazioni con figli. Il 44,2% del totale delle separazioni non prevede alcun tipo di corresponsione economica; tale quota subisce una forte riduzione (28,3%) quando si considerano le sole separazioni con figli.
Nel 58,2% delle separazioni (contro il 37,3% in caso di divorzio) la casa è assegnata alla moglie, nel 20,4% al marito mentre nel 18,4% dei casi si prevedono due abitazioni autonome e distinte e diverse da quella coniugale.
La regione che ha il primato italiano di separazioni é la Valle d’Aosta dove nel 2012 un matrimonio su due si è concluso con una separazione, seguita dalla Liguria. Gli incrementi più consistenti si registrano però nel Mezzogiorno, dove i valori sono più che raddoppiati (ad esempio, si è passati da 70,1 a 270,5 separazioni per 1.000 matrimoni in Campania e da 95,3 a 318,1 in Sardegna). Le regioni del Nord e del Centro – che partivano da livelli sensibilmente più elevati – hanno fatto registrare nello stesso periodo un incremento più contenuto. L’unica eccezione è rappresentata dall’Umbria, dove il valore del tasso è cresciuto di quasi tre volte.
In Lombardia, ci sono state 14.708 separazioni (-2,6% rispetto al 2011) e 10.020 divorzi (-3,6%). Le unioni hanno registrato una durata media di 15 anni nel caso di separazioni e 18 anni per i divorzi.