Diritti e Doveri ESPERTI - consigli & convenzioni

Separazioni: il diritto d’accesso ai dati economici dell’ex coniuge.

scritto da Laura Buzzolani

Uno dei temi caldi e controversi nelle separazioni, nei divorzi e nei procedimenti che riguardano il mantenimento dei figli di coppie non coniugate è quello della determinazione dei redditi e dei patrimoni dei coniugi/genitori. Per poter assumere una decisione ponderata circa eventuali assegni di mantenimento, conoscere l’ammontare delle risorse economiche a disposizione di ciascuno rappresenta, intuitivamente, un dato molto importante. Ed infatti, la legge richiede che entrambi i coniugi producano nelle prime fasi del giudizio le loro ultime dichiarazioni dei redditi (solitamente le ultime tre): si tratta però di una richiesta “timida”, considerato che le dichiarazioni dei redditi non hanno di per sé carattere esaustivo di tutto ciò che un soggetto possiede.

Un semplice esempio? L’ammontare del saldo del conto corrente non figura tra i dati ricavabili dalla dichiarazione dei redditi.

I dati rilevanti e non rilevabili dalle dichiarazioni dei redditi possono essere molteplici ed importanti e la sola analisi del Modello Unico o del 730 (questi i documenti a cui si fa più propriamente riferimento) è destinata a restituire un quadro economico e patrimoniale del  tutto parziale.

Si è, dunque, andato affermando negli anni il principio, confortato da diverse sentenze di Tribunali amministrativi regionali (TAR), che il coniuge abbia diritto, in occasione della separazione e del divorzio, ad avere accesso ai documenti che la Pubblica Amministrazione forma e detiene e che contengono dati economici e patrimoniali dell’altro coniuge.  In effetti il coniuge è portatore di un interesse alla conoscenza di tali dati, al fine di poter al meglio esercitare i propri diritti di difesa in giudizio (dando evidenza, per esempio, di disponibilità economiche superiori rispetto a quanto indicato nella dichiarazione dei redditi).

Per ottenere tali dati e documenti è necessario presentare un’istanza di accesso agli atti, ai sensi della Legge 241/1990,  agli uffici interessati (solitamente l’Agenzia delle Entrate) e la giurisprudenza ha chiarito negli anni che l’istanza deve essere motivata (in modo specifico e non con un generico riferimento alla pendenza del procedimento di separazione o divorzio) e ben determinata nell’oggetto (la richiesta deve indicare di quali documenti e dati si chiede di ottenere copia o prendere visione).

Con due importanti e recenti sentenze del Consiglio di Stato (che è l’organo di vertice della giustizia amministrativa), la numero 5345 e 5347 del 2019, è stata, inoltre,  fatta anche maggior chiarezza in relazione al rapporto che intercorre tra il diritto del coniuge a richiedere l’accesso ai dati dell’altro coniuge (secondo i limiti appena detti: istanza motivata e determinata nell’oggetto) e il potere del Giudice nei procedimenti di famiglia di avere egli accesso agli archivi informatici della Pubblica Amministrazione, al fine, di fatto, di estrarne dati economici e patrimoniali di un determinato soggetto.

Con le due sentenze citate il Consiglio di Stato è, infatti, intervenuto a chiarire che l’ampliamento dei poteri del Giudice di attivarsi (autonomamente o eventualmente su istanza di uno dei coniugi) non fa venire meno l’interesse autonomo e legittimo, come tale tutelato dall’ordinamento, di ciascuno dei coniugi di presentare istanza di accesso agli atti e di ottenere che la Pubblica Amministrazione accolga ed evada la richiesta.

L’interesse del coniuge, chiarisce ulteriormente il Consiglio di Stato, permane anche nell’eventualità che il procedimento di separazione o divorzio, si sia  intanto concluso e ciò perchè il coniuge istante, ricevuta la documentazione richiesta, ben potrebbe, per esempio, farne uso per ottenere una modifica dei provvedimenti del Giudice o utilizzarne il contenuto nella fase del successivo divorzio.

Un chiarimento importante quest’ultimo, perchè dovrebbe scoraggiare i comportamenti di inerzia da parte degli uffici dell’Agenzia delle Entrate.  Accade spesso, infatti, che a fronte di un’istanza di accesso del coniuge, l’Agenzia delle Entrate neghi sbrigativamente l’accesso o non risponda, contando sul fatto che il diniego andrà impugnato avanti al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) con costi  per il coniuge (spesso quello economicamente più debole) e una lunga tempistica di risoluzione: chissà che, sapendo di dover comunque evadere la richiesta quand’anche  il procedimento di separazione o divorzio fosse giunto al termine, il meccanismo di accesso non inizi a funzionare meglio!

 

autore

Laura Buzzolani

Avvocato e formatore, mi occupo in maniera ormai prevalente di diritto della relazioni familiari perchè credo che diritto e relazioni possano davvero dialogare. Mi piace descrivermi come un consulente capace di valorizzare le peculiarità di ogni nucleo familiare e che cerca di superare gli stereotipi e le soluzioni predefinite. Mi sono formata alla Pratica Collaborativa per poter utilizzare, soprattutto nella gestione delle crisi familiari (separazioni, divorzi, rotture di coppie di fatto) un metodo completamente diverso rispetto al binomio giudiziale/consensuale: una terza strada innovativa, centrata sull'individuazione e soddisfazione degli interessi dei soggetti coinvolti.
Non ho figli e provengo da una famiglia “tradizionale” ...ed anche per questo ho deciso di collaborare con Smallfamilies@ che rappresenta un Osservatorio privilegiato del cambiamento in atto. Per il sito di SF scrivo nella sezione Diritti e Doveri.

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