«Allora, cosa vuoi per cena?»
«…»
«Erika! Ti ho chiesto cosa vuoi per cena.»
[sguardo fisso sullo smartphone] «Mmmh, boh. Cosa c’è?»
«Quello che vuoi. Ti faccio la tagliata con rucola e parmigiano. Va bene?»
«Mmh… Oppure?»
«Oppure tagliatelle al sugo.»
«…»
«O la pasta al tonno, se preferisci. O il branzino al forno. La torta di patate e salsiccia. Gli gnocchi!»
«…»
«Allora? Ti faccio le tagliatelle?»
«Mmh… Si. No, i sofficini.»
«Ma come, i sofficini?!»
«Con le carotine fresche. Con olio e aceto. E mais. Poco, l’aceto.»
Mio marito sparisce in cucina a preparare sofficini e carotine, le sue doti culinarie questa volta sono andate frustrate. Peccato, perché aveva appena comprato un bel pezzo di tagliata apposta per la figlia.
Mio marito è come il dottor Doofenshmirtz.
Chi non ha mai visto Phineas e Ferb non può capire. (Piccola digressione per chi non conosce la serie televisiva. In questo geniale cartone animato il protagonista cattivo è lo scienziato Doofenshmirtz, uomo spietato con un solo punto debole: la figlia Vanessa, sedicenne supponente e malmostosa. Doofenshmirtz cerca disperatamente di conquistare l’amore e la stima di Vanessa, che reagisce agli sforzi del padre con sufficienza. Tutto questo mi ricorda qualcosa. Ma cosa, santo cielo, cosa!)
Io comunque non me ne capacito.
Mio marito fa un lavoro che richiede sangue freddo e nessun coinvolgimento emotivo – ci sto girando intorno: un lavoro per il quale tocca essere un po’ stronzi. Eppure, quando si tratta dei ragazzi, eccolo scodinzolante come un cagnolino.
Davide si limita a sfidarlo nel fare a botte di tanto in tanto, Lara non approfitta della condiscendenza paterna ma Erika – l’adolescente di casa – lo tiranneggia senza pietà. E lui non si ribella.
L’ho visto alzarsi all’alba per farle i boccoli con l’arricciacapelli prima di accompagnarla a scuola, in quinta elementare, quando lei era entrata nella fase riccia.
L’ho visto prendere tre aerei consecutivi per arrivare in tempo ad assistere alle sue gare di ginnastica ritmica – cinque ore col sedere posato sui gradoni in cemento armato del palazzetto dello sport per un minuto e mezzo di esercizi in pedana – e ripartire subito dopo.
L’ho visto girare nei negozi per giorni, lui che odia i centri commerciali, per cercare il cellulare del colore improbabile che piaceva a lei quando non era nemmeno in età da cellulare.
«Erika, quando vuoi andare a letto?» le ha chiesto ieri. Erano quasi le 23.
Come sarebbe a dire, quando vuoi andare a letto? Ma mandala a letto e basta ché è già tardi!
Quello che ne è seguito è stato un litigone sui Massimi Sistemi Educativi, con tanto di recriminazioni, accuse reciproche e minacce di divorzi imminenti.
Succede in tutte le famiglie, lo so, ma se non si è abituati a condividere la quotidianità, se la famiglia è divisa da novemila chilometri, un oceano e due continenti di distanza, succede un po’ più spesso.
Erika nel frattempo ha salutato gli amici che aveva in chat e ha lasciato il divano con tutta la flemma possibile, dando al papà un bacio sulla guancia che lo ha pacificato. Doofenshmirtz e Vanessa.
Posso capirlo: gli mancano i ragazzi – li vede talmente poco! – e vuole rifarsi. Forse sono anche gelosa del fatto che riesca a entrare così bene in contatto con loro, capirli anche più di quanto faccia io che sto con loro sempre.
Solo una cosa che non mi va giù: quando Erika fa qualche cavolata – e io la sgrido minacciando punizioni epocali – è lei a dire: «Quando torna, lo dico a papà!»