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Usa: i monogenitori hanno il tasso di occupazione sopra la media, ma sono tra i più poveri

scritto da Gisella Bassanini

Abbiamo letto la relazione, pubblicata nel dicembre 2012 da Legal Momentum (Fondo per la difesa legale e l’educazione delle donne, attivo dal 1970), riguardante la situazione delle famiglie monoparentali negli USA analizzata in base alla comparazione con quella delle famiglie monoparentali in altri 16 paesi (Australia, Austria, Belgio Canada, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Spagna, Svezia, Svizzera e Gran Bretagna).

Secondo questa relazione le famiglie monoparentali statunitensi sono quelle con il più alto tasso di povertà nonostante il loro tasso di occupazione sia decisamente sopra la media. Come è possibile?

Spiegano il paradosso alcuni elementi che combinati fra loro producono questo effetto perverso. In sintesi: la presenza maggiore tra le famiglie monogenitoriali di donne capofamiglia con impieghi più precari e comunque meno pagati rispetto agli uomini (divario salariale), sostegno al reddito inadeguato, copertura sanitaria pressoché inesistente, carenza di diritti in materia di ferie, malattia, diritto di accesso ai servizi educativi per i propri figli solo dall’età di 5 anni.

La conclusione cui arriva la relazione è che una risposta adeguata alla povertà del genitore single debba andare oltre la politica del “più posti di lavoro” e invece ampliare il sistema del sostegno al reddito, rendere più accessibile ai genitori single l’assistenza sociale, contrastare l’utilizzo di contratti di lavoro discriminatori (a basso-stipendio).

Ma è la conclusione finale della relazione la parte che più ci colpisce. Il punto in cui è scritto: ‘le politiche più favorevoli, negli altri paesi messi a confronto, non sono mirate specificamente alle famiglie monoparentali, ma sono dirette piuttosto al sostegno della famiglia in genere”. Va da sé che un Paese in cui vi sia una reale estensione a tutte le famiglie di diritti e tutele, lo sviluppo di politiche (occupazionali, di welfare. etc.) consone e una maggiore apertura mentale sul temi che riguardano le famiglie non ha bisogno di interventi ad hoc., di azioni mirate. Ma questo, purtroppo, non è il caso del nostro Paese.

Foto: tratta dal sito di Legal Momentum

autore

Gisella Bassanini

Docente e ricercatrice, ho una figlia, Matilde Sofia. Coordino le attività di  Smallfamilies aps di cui sono fondatrice e presidente.  Seguo in particolare  l’area  welfare e policy, le questioni legate all’abitare e per il nostro Osservatorio mi occupo dello sviluppo  di  progetti di ricerca sulle famiglie monogenitoriali e più in generale sulle “famiglie a geometria variabile”.

Abito a Milano (città che amo) e, dopo la laurea in architettura al Politecnico di Milano,  ho trascorso molti anni  impegnata  in università (dottorato di ricerca, docenza, scrittura di libri) e nella libera professione (sviluppo di processi partecipativi,  piani dei tempi e degli orari della città, approccio di genere nella progettazione architettonica e nella pianificazione urbana). Ora insegno materie artistiche nella scuola pubblica e continuo nella mia attività di studio e ricerca in modo indipendente. La nascita di mia figlia nel 2001 ha trasformato profondamente (e in meglio) la mia vita, nonostante la fatica di crescerla da sola. Da allora, il desiderio di fare qualcosa per-e-con chi si trova a vivere una condizione analoga è diventato ogni giorno più forte. Da questa voglia di fare e di condividere, e dall’incontro con Michele Giulini ed Erika Freschi, è nata Smallfamilies aps, sintesi ideale della mia storia personale e del mio percorso professionale.

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