La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7100 dello scorso 26 giugno, ha confermato la legittimità dell’adozione da parte di una donna single ed over 60, di un bambino di otto anni, portatore di handicap. La sentenza è stata accolta come una rivoluzione nel mondo delle adozioni, che si sarebbe finalmente aperto ai single, peraltro senza limiti di età; a ben guardare, però, la Suprema Corte non ha fatto altro che applicare e meglio definire una fattispecie adottiva già prevista dalla legge seppur di non frequente applicazione, ed accessibile, oltre che ai coniugi (a cui è e resta riservata l’adozione piena), anche alle coppie di fatto e ai singoli, senza previsione di limiti di età o di altri requisiti. La denominazione corretta è “adozione in casi particolari” o “adozione non legittimante o speciale” ed è prevista dall’art. 44 della legge n. 184/1983, che la prevede anche per i casi in cui il minore non si trovi in stato di abbandono e non sia quindi tecnicamente adottabile.
La vicenda. La storia è quella di un bambino affetto da tetraparesi spastica, abbandonato dopo pochi mesi dalla nascita dai genitori ed affidato ad un’infermiera pediatrica di quasi sessant’anni che da allora lo ha accudito provvedendo a tutte le sue necessità. Nel 2016 il Tribunale di Napoli, rigettando la domanda di revoca della decadenza dalla potestà genitoriale presentata dai genitori del piccolo, ha decretato l’adozione speciale del bambino da parte della signora affidataria ai sensi della lettera d) del citato art. 44, applicabile quando sia accertata l’impossibilità di procedere all’affidamento pre adottivo (anticamera dell’adozione legittimante); i genitori hanno quindi impugnato la sentenza del Tribunale e la successiva della Corte d’Appello di Napoli, contestando l’adozione del figlio sotto svariati profili, dall’età della donna, di oltre 45 anni più grande del minore, alla mancata considerazione delle condizioni di salute del piccolo difficili da gestire per una persona sola, al mancato consenso dei genitori all’adozione.
La decisione. La Cassazione, rigettando tutti i motivi di ricorso proposti dai genitori dell’adottato, ne ha confermato l’adozione speciale come disposta dal Tribunale e confermata in appello, sul presupposto della impossibilità di procedere all’adozione piena sotto il profilo della insussistenza dello stato di abbandono del minore, avendo egli instaurato una relazione affettiva, stabile e consolidata, con l’infermiera che lo aveva accudito per 8 anni. I Giudici hanno quindi tutelato l’interesse del piccolo ad avere una vita familiare individuandola in quella lunga relazione di cura e affetto, ritenuta meritevole di riconoscimento, tanto da accogliere la domanda di adozione dell’affidataria.
E a nulla sono valse le doglianze dei genitori, essendo tale forma di adozione priva di requisiti specifici per l’adottante (non importa se single, anziano o gay), ed insensibile al mancato consenso dei genitori ove questi siano, come nel caso specifico, privati della potestà genitoriale.
Adozione sì, dunque, per i single, ma ancora, almeno per adesso, solo nelle forme dell’adozione non legittimante che, in quanto tale, non recide i rapporti con la famiglia di origine, né da vita a rapporti di parentela con i parenti dell’adottante, il quale però può dare il suo cognome all’adottato.
L’adozione speciale ex art. 44 può essere chiesta anche in altri due casi ovvero quello del minore orfano portatore di handicap, e quello del minore orfano adottabile da parte di persone a lui unite da vincolo di parentela o da preesistente rapporto stabile e duraturo.
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