STORIE

Architetta, disabile e madre single di una meravigliosa adolescente

scritto da Valia Galdi

Architetta, disabile, single e madre di una meravigliosa fanciulla di diciassette anni: questo il mio identikit.

In questo periodo corre il ricordo alla stagione delle conquiste dei diritti civili, come quella per il divorzio, un clima che ho vissuto, sollecitata dal mondo politico progressista che mi ha circondata sin dall’infanzia. Sono cresciuta così sull’onda dell’emancipazione e della libertà che ho perseguito nella vita anche sostenendone a molti livelli il prezzo.

Vivo una vita a geometria variabile i cui fattori sono dati: dalle molte forme di famiglia in cui ho vissuto (in coppia, single, in coppia, in una tribù, single, in coppia, single); dalle mie condizioni di salute (sono disabile ma autonoma, mi sento bene ma, se questo vale per chiunque a maggior ragione vale per me, non so quanto e come durerà); dalla mia condizione lavorativa (sono una architetta libera professionista, detto così suona bene ma se dico sono una partita Iva, ecco la faccenda assume altri risvolti).

Posso dire che il Covid mi ha reso ancor più chiaro che a cinquantasei anni suonati e con una figlia da far crescere, vivo una condizione sul fil di lama. Non ho usufruito di nessun aiuto che non siano stati 2200 euro di contributo Inarcassa, nessun supporto per affrontare la coda del Covid, la seconda e forse la prossima ondata, quando per chi, come me, vive di indotto e servizi, la crisi si fa durissima.

Il mese scorso ho pagato in tasse molto più di quanto abbia guadagnato nell’autunno, perché la possibilità concessa di dilazionare quanto dovuto e l’anticipo sulle tasse del prossimo anno, aveva come unico parametro di riferimento il confronto tra il fatturato dei primi mesi dell’anno tra l’anno scorso e quello precedente, un parametro che non è correlato agli effetti della situazione Covid ed è troppo parziale se non si tiene conto anche di altri indicatori (famiglia a mono reddito con figlio a carico, persona con disabilità ex L.104/92, invalidità civile 70%, stato di salute negli ultimi mesi, ecc.). In questo periodo, come molti altri, ho accumulato crediti e verifico che i lavori più corposi faticano a decollare. Una parte del mio lavoro in questo periodo riguarda servizi alle imprese turistiche che al momento hanno altro a cui pensare.  Così, pur non essendo toccata direttamente dagli effetti delle restrizioni da pandemia, di fatto perdo possibilità di lavoro e remunerazione nel tempo, diventando più fragile sotto il profilo economico e sociale.

La mia situazione di libera professionista disabile con figlia a carico non è registrata da nessuna parte, perché pare che la geometria famigliare così delineata non esista. Perfino il protocollo ISEE registra il pregiudizio che la disabilità possa essere solo del figlio a carico o di una persona di cui ci si prende cura, e non il contrario. Io e mia figlia siamo a tratti una la caregiver dell’altra, io quando la sostengo nell’attraversare i tumulti dell’adolescenza, lei quando si fa carico di me la sera, quando capita che getto la spugna e smetto di occuparmi di ogni cosa perché le gambe e la schiena non me lo permettono e prevale la stanchezza.

Siamo tutti un po’ “incerottati” e ci si cura di ben altre emergenze in mezzo a questo paesaggio di tante persone che faticano a mettere insieme la sussistenza, perfino in una ricca cittadina rivierasca come quella in cui vivo, e io sono certamente una persona fortunata, ma so anche che posso essere una di quelle in condizioni border line.

Questo naturalmente mi ha portato a riflettere, insieme ad altre amiche, alcune single, sul nostro futuro. In questi anni ho apprezzato la qualità della vita dei piccoli centri in cui abito, eppure insieme so che la mia autonomia a questo punto in prospettiva è insostenibile.

Ho avuto la fortuna di trasferirmi in una bella casa pochi mesi prima del lockdown e questo ci è stato di grande aiuto nella nostra vita distanziata di quest’anno. Ora sto cercando di capire come potrei fare per dividerla con qualcuno, pur sapendo che non sarà un passaggio privo di difficoltà.

Sto cercando insieme ad altre di ragionare su un’ipotesi di rete di vicinato, o forse di cohousing che possa permetterci di affrontare più serenamente gli anni futuri. Al tempo stesso è un percorso tutto da costruire nel trovare il punto di incontro tra le libertà/gli impegni individuali e la condivisione di momenti, spazi, incombenze, mentre siamo ancora tutte in una condizione di impegni lavorativi e scarsità di mezzi.

Ho compilato il questionario Le smallfamilies e la pandemia e solo dopo averlo fatto mi sono accorta di non aver indicato la cosa che per me è più importante recuperare: il tempo.

La vita che conduco è sovraffollata di impegni e mi costringe a dover star bene, essere efficiente, far fronte alle cose e non dimenticarmene nemmeno una. Mia figlia è una persona attenta agli altri, consapevole per la sua età, forse perché ha vissuto  in una famiglia così, in cui bisogna essere responsabili e partecipare alle cose, pur con i propri momenti di svago, pur curando le proprie passioni e mantenendo lo spazio per gli amici e i famigliari.

A volte penso che quella che da giovane perseguivo come libertà sia stata anche la scelta che mi ha più condizionata, perché diventare autonoma in effetti è un gran lavoro. Oggi non desidero particolari tutele se non sapere che nel caso in cui mi trovassi in difficoltà esiste un’organizzazione sociale pronta a sostenermi.

Le principali risposte per me oggi risiedono nei legami famigliari, nel mutuo aiuto tra poche amiche e vicine di casa.

Dal punto di vista sociale vivo una condizione trasparente, che sfugge alle griglie ministeriali, lasciata a sé stessa. Meno male che insieme all’autonomia in me è cresciuta una fede grandissima, come dire che le risorse dei singoli, di qualunque genere, sopperiscono alla mancanza di un’organizzazione sociale capace di corrispondere alla realtà.

 


Le smallfamilies e la pandemia: partecipa alla nostra indagine, compila il questionario anonimo 

Se sei un genitore divorziato, separato, vedovo, un genitore unico oppure un single con un minore in affido per favore contribuisci alla prima indagine  nazionale su fragilità, bisogni, richieste, risorse delle smallfamilies per affrontare i tempi della pandemia

autore

Valia Galdi

Architetta, disabile, madre di una figlia, redigo progetti di architettura naturale e bioclimatica, di accessibilità degli spazi, di arte del Feng Shui, in sintesi di benessere ambientale. Impegnata su questi temi dal 1992, alterno attività professionale e attività di ricerca e didattica all’interno di Enti e Associazioni. Sono socia CERPA (Centro Europeo di Ricerca e Promozione dell’Accessibilità), partecipo a progetti europei sui temi del turismo inclusivo, faccio parte del progetto Plain Green di rete per l’architettura ecologica, ho collaborato con Anidra Università Popolare. Sono velista paralimpica della Classe Hansa 303 e referente dell’Associazione Italiana Classe Hansa per la Liguria. Sono nella rete dei servizi convenzionati con l’associazione Smallfamilies. Per il sito scrivo in merito a queste tematiche. Sono anche autrice di un racconto dell’antologia smALLholidays, secondo titolo della collana smALLbooks per Smallfamilies aps (Cinquesensi Editore).

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