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Curarsi con l’autobiografia

scritto da Lilli Bacci

C’è un momento della nostra vita in cui si desidera fare il punto. Trovare il bandolo di quella matassa, un filo rosso di quel percorso che è la nostra vita, e di mettere a fuoco i ricordi, di prestare attenzione a dettagli che abbiamo trascurato. C’è questo momento, in ognuno di noi. Affiora per una età che avanza, per una esperienza forte vissuta, per un cambiamento, per un gioco, per una curiosità, per un puro esercizio. L’autobiografia del resto è proprio un preciso genere letterario che va da Ovidio a Proust, da S.Agostino a Paul Auster, da Jean Jacques Rousseau a Doris Lessing passando per tantissimi altri illustri, fino a esser divenuta una prassi quasi obbligatoria per personaggi noti anche per altri generi che non sia quello letterario (come politici, sportivi, cantanti, attori…). Sembra essere una terapia benefica, una riappacificazione con sé stessi, una cura che ci dobbiamo, un percorso di autoformazione, una ricerca della propria storia, un momento in cui “rallentare il passo”. Ed esiste una scuola, molto seria e qualificata, oltre ai tanti corsi “territoriali” che non hanno però niente a che fare con la cosiddetta ‘scrittura creativa’: parliamo della Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari (http://www.lua.it). Un’associazione culturale fondata nel 1998 -patrocinata dal comune di Anghiari e dall’Università di Milano-Bicocca- nata dall’incontro felice tra il giornalista Saverio Tutino (scomparso nel novembre 2011) e il professore Duccio Demetrio, docente di Educazione degli adulti e di Filosofia dell’educazione e di Metodologie Autobiografiche all’Università degli Studi di Milano-Bicocca.

La zona della Valtiberina, dove sorge anche il borgo medievale di Anghiari, era stata indicata da Tutino come ‘polo della memoria’. Nel 1984 per “rispondere all’esigenza di memoria di un intero Paese e accogliere le testimonianze autobiografiche di un intero popolo” proprio Tutino creò il fantastico Archivio diaristico nazionale di Pieve S. Stefano -paese completamente raso al suolo dai nazisti- a pochi chilometri da Anghiari: diventato oggi un piccolo museo “vivo” dove il visitatore, grazie ad un allestimento intelligente e tecnologico, scopre le storie in modo coinvolgente, interattivo, emozionale. Un’esperienza di immersione visiva e sonora totale perché i diari bisbigliano, si parlano, generando un fruscio di vite e di memorie. Un vivaio di memorie, confessioni, segreti nascosti in scaffali e cassetti pronti per essere svelati. Spinto dalla curiosità il visitatore viene invitato ad aprire i cassetti e sbirciarne il contenuto. Il cassetto aperto svela un diario in maniera fisica o digitale, visibile e sonora: il diario, prima nascosto nel cassetto, è pronto a liberare, mostrare e raccontare pagine sconosciute vere ed emozionanti.

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Il fulcro e il simbolo dell’Archivio dei diari sta comunque nell’opera straordinaria di Clelia Marchi: il lenzuolo del corredo largo più di 2 metri dove Clelia, contadina della provincia di Mantova, inizia a scrivere nel 1985 la storia della sua vita. Riga per riga racconta il lavoro nei campi e il grande amore per il suo Anteo: “Le lenzuola non le posso più consumare col marito e allora ho pensato di adoperarle per scrivere”… (vedi questo link)

Tutino e Demetrio insieme hanno scelto e voluto andare verso le persone affinché raccontassero la propria storia, “scrivere di sé”, intraprendere un viaggio personale che andasse più in profondità.

Dice Demetrio: “Nella scrittura autobiografica si scrive di realtà e non di finzione. Iniziare a scrivere vuol dire incontrarsi con gli affetti, con gli errori, con gli amori, con le perdite, con la perdita più importante che è rappresentata – anche se si è vissuta una vita sufficientemente gioiosa – dalla perdita di tempo, con le nostalgie dell’infanzia e verso ciò che non siamo riusciti a raggiungere nella vita. Come diceva Rousseau, si tratta di stringere un patto con se stessi, un patto di lucidità e di sincerità. Rimanere aderenti a ciò che la memoria ci restituisce. E sarà la scrittura a lenire, a consolare, a rinnovarci, a non farci accontentare delle verità assolute, da qualunque parte esse arrivino.”

Ho concluso da poco il primo anno denominato “Graphein” e mi sono iscritta ad un secondo corso, “Epimeleia”. Ho appena spedito la mia autobiografia “ai lettori” (alla Lua esiste un gruppo di lettori e lettrici, che sono stati autobiografi, che hanno la responsabilità di leggere la nostra autobiografia per poi restituirci una lettera sul lavoro e sullo stile liberamente scelto), dopo un percorso abbastanza travagliato: momenti di felicità alternati a momenti di profondo disagio o di sconforto nel far emergere ricordi e pensieri sulla mia storia. Già oggi riscriverei alcune parti, altre le cancellerei. Forse aggiungerei qualcosa. Ma questo è il lavoro: insieme groviglio e diradamento della nebbia, insieme caos e riordino. In ogni caso un prendersi cura che arricchisce e che va sperimentato, quello che coloro che scrivono la loro storia qui su Smallfamilies conoscono bene.

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P.S. Nella zona del ‘polo della memoria’ c’è un altro luogo imperdibile da visitare: Monterchi con la magnifica Madonna del parto di Piero della Francesca, una madonna-donna come tutte le altre, incinta, immersa nell’attesa di questo bambino che cambierà la sua vita (vai a questo link).

autore

Lilli Bacci

Lilli Bacci dopo un passato come socioeducatrice, mi sono laureata in Antropologia Sociale con una ricerca sugli spazi abitati, che sono da sempre centro del mio lavoro e del mio interesse. Libera professionista, lavoro da anni come art director e stylist per servizi fotografici, stand, negozi e allestisco mostre ed eventi, portando attenzione e uno sguardo antropologico sull’interno del mondo della “casa”. Collaboro come giornalista freelance con alcune riviste di arredamento e lifestyle. Per il sito Smallfamilies® scrivo intorno all’abitare nelle famiglie a geometria variabile.

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