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La famiglia è una cipolla

scritto da Angela Boccardi

La famiglia è, in senso proprio e in senso lato, il focus del mio lavoro. E ogni volta che mi capita di parlarne (oltre che di occuparmene) penso seriamente alla cipolla, che rimane la mia grande maestra o meglio, quello che simbolicamente suggerisce l’ortaggio: la “multidimensionalità” a spicchi, assunto per me imprescindibile – nella vita come madre e nel lavoro come psicologa – per capire e approfondire ogni cosa, per l’appunto fatta di STRATI, strati interconnessi e fortemente indissolubili tra loro.

La riflessione ad ampio spettro che si apre sulla domanda: “come è cambiata la famiglia?”, è oggi attraversata da fattori differenti, che si possono mettere in correlazione e a fuoco con una lente d‘ingrandimento, senza mai pensare che ciò che vediamo rappresenti a buon diritto l’unica verità.

Per il lavoro che svolgo, per quello che ho letto e studiato, per le persone che ho incontrato, affiancato e ho seguito come modelli, ho imparato che la strada maestra è quella in cui il percorso di affiancamento alla famiglia si sostanzia nel RESTITUIRE potere, inteso come POSSIBILITÀ e dignità, a tutti quei genitori, famiglie, nuclei che dir si voglia in merito al vissuto e ai sentimenti di inadeguatezza, rassegnazione e rinuncia, sperimentati di fronte ai numerosi inciampi della vita.

Considerando anche che chi appartiene a un gruppo familiare, nucleare o allargato, può essere studiato per la sua struttura e per il suo carattere, il mio intento è quello di lasciare da parte ogni definizione nominale di famiglia e concentrarci sul suo reale assetto, riguardante ruoli e funzioni, liberandoci da stereotipi e preconcetti.

È possibile, inoltre, che al di là di ogni possibile teorizzazione raffinata, la famiglia potrà perdere in futuro le sue caratteristiche più evolute, per riprendere quelle più primitive e tribali, sia nel proprio interno che all’interno della comunità.

Ed è proprio sulla comunità che vorrei porre l’accento, come il prodotto di una serie d’interazioni reciproche: Individuo-Gruppo-Comunità.

Nelle comunità si sta facendo strada il “Nuovo” con un vortice incontrollabile di cambiamenti, come già A. Toffler (1984), insieme a cento altri prima di lui, postulava ai tempi di Reagan Presidente USA.

Famiglia oggi è ancora il “mattone” della struttura sociale?

È sicuramente il contenitore delle nostre relazioni più significative e della nostra storia. Nel tempo però la storia cambia, mutano le condizioni economiche e anche, dulcis in fundo, i confini territoriali, figuriamoci quelli familiari! I territori e le varie minacce, l’impossibilità di perimetrarsi e autoperimetrarsi, comportano dei forti squilibri, soprattutto quando il fine ultimo è la sopravvivenza.

Non c’è da meravigliarsi, quindi, che la minaccia di tali cambiamenti, vissuti come incontrollabili, possano far ipotizzare la scomparsa della Famiglia come istituzione. Invece no: è solo che le dimensioni delle famiglie sono state di varia natura; ci si sposava tra cugini, ad esempio, perché era funzionale alla sopravvivenza di territori, interessi economici e quant’altro. La famiglia di fatto, nel tempo accompagna e scandisce il ciclo della vita.

A cosa serve allora la famiglia?

Collocandosi tra l’individuo, l’organizzazione e la comunità cambia a buon diritto – tornando alla metafora della cipolla – il suo modo di svolgere la proprie funzioni.

E ciò parte anche dal riconoscimento che ad essa il mondo dà, sia sotto il profilo legale che sotto quello della dignità etica; a riprova di ciò si pensi a quanto si discute a vari livelli sulle unioni di genere.

Attaccamento, identità e partner costituiscono oggi, insieme ad altro, il faticoso processo di creazione di un legame familiare. Le modificazioni lasciano il segno rispetto alla struttura classica: ci può essere famiglia anche senza la coppia genitoriale (separati, madri e padri soli, vedovi, ecc.).

Famiglie ancora, pur senza figli, nelle quali la proiezione per il futuro è comunque salda, famiglie affidatarie o di bambini adottati. Anche nella migrazione la mancanza di ambiti limitrofi al proprio popolo-terra-parenti produce nella comunità il desiderio e il bisogno di doversi inventare tutto ciò con le reti amicali, che vengono “parentizzate”, ovvero rese analoghe alla famiglia anche nell’ordine del discorso, durante l’eloquio. Non è difficile sentire dei bambini chiamare “zio” delle persone che certo zii non sono!

Oppure famiglie senza coppia: mamme e nonne con quattro figli di età diversa, che danno vita ad organizzazioni ed equilibri in cui i compiti tradizionali trovano una nuova forma e un nuovo ordine.

In tutto ciò non dimentichiamo i “single”, esempio estremo di autonomia, sebbene anche loro s’inventano nel tempo una qualche forma di “famiglia”.

Nel mio lavoro, pertanto, incontro da più di venti anni ogni variegata forma di famiglia “a geometria variabile”, o facenti funzioni di famiglia, in cui sembra che la chiave sia quella di sentirsi di poter dare e chiedere aiuto nella quotidianità, nella ricerca di un equilibrio fatto di reciprocità.

Prendendo a prestito un testo importante, scritto qualche anno fa da Alaine Ehrenberg, La fatica di essere se stessi, oggi la famiglia prende forma da soli o in compagnia! In pratica, sembriamo custodire il piacere della sorpresa, tratteniamo con noi la dote del passato, seguendo e a volte tradendo le molte ideologie, con le quali conviviamo nella contaminazione della vita reale.

autore

Angela Boccardi

Psicologa di comunità, psicoterapeuta e madre di due figli. Lavoro con passione e tenacia da oltre 20 anni in strutture del terzo settore, nella scuola, nella pubblica amministrazione e come docente di formazione. Per dirla con Danilo Dolci: “si cresce solo se sognati”. Per Smallfamilies scrivo riflessioni per la sezione Esperti/Corpo Spirito Mente e come professionista sono parte del circuito Servizi SF.

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