Noi di Smallfamilies osserviamo da anni il complesso, variegato mondo delle separazioni, dei divorzi, degli strappi che parlano, a volte, di scelte serenamente condivise e di consapevolezza di ruolo educativo, ma spesso, di peso, di fatica, di muri invalicabili, di mancanza d’aria, mancanza di spazi, di possibilità di confronto. Un variegato mondo che parla nella maggioranza dei casi di conflitto, di rabbia, di necessità di una mediazione perché non c’è più – o non c’è mai stata – una possibilità alcuna di dialogo, di scambio anche ai minimi termini, di persone devastate, impaurite, impreparate alla mancanza di un presenza altra, persino seppur violenta, persino seppur insopportabile.
Osserviamo da anni un mondo che parla di trasversalità totale, che include socialità disparate, economie, culture, istruzioni, rapporti parentali e amicali distanti se non opposti.
Osserviamo da anni, studiamo, consideriamo. E vediamo molta sofferenza, molta solitudine, molta fragilità.
E sosteniamo da anni quanto sia importante chiedere aiuto e lasciarsi aiutare. Quanto sia fondamentale prendersi cura, prima di tutto di sé. Con l’obiettivo di ricentrarsi. Perché ogni separazione comporta un dolore, una ferita. Nel sé profondo. Da sanare, da curare. Per poter continuare ad occuparsi dei figli in una modalità evidentemente diversa, ma pur sempre ricca di Bene, di quel Bene profondo che può venire soltanto da uno stato il più possibile pacificato.
Ogni separazione comporta un dolore anche quando è la soluzione migliore, necessaria, anche quando convivere è palesemente soltanto causa di malessere, per sé e per i figli.
Che sono sempre i primi a capire tutto e a fare le spese di maldestri tentativi di mettere pezze a rapporti consumati, lacerati, irrecuperabili.
Ogni separazione comporta un dolore anche quando è la soluzione giusta per situazioni limite, di violenza, di disagio estremo.
Osserviamo da anni un mondo di persone che faticano ad affrancarsi, a ricostituirsi in un’identità diversa da quella che avevano immaginato, persone che non si sentono adeguate a un ruolo genitoriale in solitudine, persone irresponsabili che pasticciano, che mettono in atto consapevoli o inconsapevoli strategie affettive ricattatorie, nei confronti dell’ex, o, peggio, nei confronti dei figli.
Abbiamo trascritto tante testimonianze di figli che, pur rimpiangendo un’ideale vita con entrambi i genitori, hanno capito per primi che quella prospettiva è stata ed è utopica. Che il Bene non viene sminuito da una separazione, che il Bene non ha limiti nell’esprimersi. Che l’Amore trova le sue strade. Che si può vivere in due case. Magari con qualche difficoltà, certo, ma chi non le ha? I bambini osservano e, entrando a casa di qualche amica o amico, con i genitori tradizionalmente uniti sotto lo stesso ricco tetto, che però passano il tempo a litigare, che idea possono farsi di come sia meglio vivere?
A valle di tutto questo, e di molto altro non condensabile in poche righe, lo spot in cui una pesca diventa strumento di una possibile riconciliazione non si può proprio vedere. Per numerosi motivi.
I bambini, i figli, si sa, tendono a sentirsi responsabili, e tanto bene si fa loro aiutandoli a liberarsi di pesi e di responsabilità che non devono avere. Ora, questa bambina che zavorra deve avere sul cuore per fare un gesto simile, far credere al padre che il suo pensiero venga invece dalla madre? Perché enfatizzare questo gesto dandogli il nome di “spesa importante”? Laddove bisognerebbe piuttosto far arrivare il concetto opposto. Ossia: questa è la situazione della nostra famiglia, la migliore che possiamo offrire, la migliore in cui noi possiamo farti sentire a tuo agio, protetta, sicura, amata. Senza se e senza ma.
Invece no, sotto sotto, ecco il famigerato messaggio: riunire la famigliola felice, stile Mulino Bianco, rimane sempre la soluzione che sana tutti i mali.
E non si può vedere quella milanesità borghese doc, esibita ed ostentata come se fosse il paradigma portante della società, come se fosse rappresentativa.
Che pensare quindi? Trattasi di operazione altamente inconsapevole? Hanno agito in buona fede? In questo caso consigliamo ai comunicatori esselunghesi di affrontare argomenti così delicati e complessi affidandosi a dei mediatori sociali e interculturali.
Ma il dubbio invece che questa operazione sia solo una furbata molto consapevole, di infima categoria, che strizza l’occhio al concetto di: è una tematica presente, diffusa, cavalchiamo la tigre, badando bene ai nostri interessi commerciali, rimaniamo in una patinata superficie che strapperà magari persino qualche lacrimuccia a qualche nonna ingioiellata.
Il dubbio è che, camuffata da buone intenzioni, venga propinata una storiella poggiando sulla solita litania: purché se ne parli. E tutto passa. Nel grande frullatore della retorica per immagini.