ATTIVITÀ Riletture in chiave Sf

Riletture in chiave Sf/Regole, istruzioni per non abusarne

scritto da Giuseppe Sparnacci

“Finì che mi addormentai, trasportato, incosciente, nel letto dove proseguii il sonno.

La mattina seguente il mio destino era segnato.

Sarei, a tempo debito e dopo i dovuti studi, diven­tato il ministro della Sanità nel regno delle Tre Mine­stre, e per decreto dello stesso ministro degli Esteri che, in quanto tale, non ammetteva obiezioni, nemmeno da parte mia.

Obiettare non era nel costume dell’epoca, e infatti non lo feci.

Chiesi solamente, sembrandomi una carriera irta di molti ostacoli, quanto tempo ci sarebbe voluto. Ottenni una risposta più che soddisfacente.

«Quello che serve».

Osai anche chiedere chi avrebbe provveduto al mio sostentamento durante gli anni a venire, a chi avrei potuto rivolgermi in caso di difficoltà: avevo la testa piena di domande intricate, dubbi, paure.

«Non preoccuparti, per qualunque cosa ci siamo noi», fu la risposta recitata in coro dalle Tre Minestre poiché la comunicazione mi era stata data davanti al consiglio riunito.

Quindi il ministro degli Esteri riprese la parola per spiegarmi come era addivenuta a quella decisione: un regno terreno, disse, era sempre perfettibile e il loro aveva fatto un passo verso la perfezione acquisendo un ministro del culto. Adesso che potevano contare su qualcuno che avesse cura delle loro anime, proseguì, bisognava pensare a qualcun altro che si prendesse

cura dei corpi: l’equazione non faceva una grinza, impossibile metterla in dubbio anche se, come già detto, all’epoca era impensabile dubitare della parola di un tale ministro degli Esteri. Il fatto che mi avesse visto tagliare con tanta cura e precisione la gallina durante il pranzo per il novello sacerdote era un par­ticolare del tutto secondario, pur avendo avuto la sua importanza nello spingerla alla decisione.

Quella sera ebbi la benedizione delle Tre Minestre e me ne andai a dormire con un certo magone nell’ani­mo poiché sapevo che l’investitura testé ricevuta mi avrebbe allontanato, come in effetti fu, dal loro regno.” pp. 92-93

(Andrea Vitali, Le tre minestre, Mondadori, Milano, 2013 – altro su Andrea Vitali)

Un lungo racconto quello di Andrea Vitali in questo libro, pieno di affetto e ironia, sulla vita di un ragazzo che vive con le tre zie paterne. Si deduce che il ragazzo è orfano di madre e che è stato affidato dal padre alle sorelle. L’età del ragazzo non è precisata, ma dal fatto che il racconto si spinge fino alla frequenza dell’università, si presuppone che prende in esame il periodo dell’adolescenza e, forse, della preadolescenza. Le tre zie sono chiamate dallo scrittore alternativamente le tre minestre o le tre ministre. Nel corso del libro la versione prevalente diventa quella delle tre ministre. Ministre di un regno molto casalingo, nel quale ognuna delle zie gioca un ruolo che viene svolto sul piano organizzativo del regno. C’è una ministra dell’Interno il cui ambito di azione riguarda la conduzione della casa, soprattutto della cucina dove permane per tutto il giorno, all’infuori della eccezione mattutina di uscita per la spesa, per quella parte di alimenti che la zia ministra dell’Agricoltura non riesce a procurarsi (la ministra dell’Agricoltura sovraintende alla cura dei possedimenti agricoli e delle stalle del regno). Una ministra degli Esteri cura le relazioni con l’esterno. Relazioni per la verità accennate più che descritte, perché il ragazzo, che racconta in prima persona, si sofferma piuttosto sul suo ruolo svolto nell’ambito familiare. Un ruolo di Cassandra al contrario: prevedere disastri che non accadono mai.. Le zie, in quanto educatrici, non intervengono mai con particolari ammonimenti. Il loro tratto distintivo è semmai l’applicazione di regole che non prevedono la loro messa in discussione. Anzi, le regole di un buon vecchio mondo sono date al ragazzo con l’evidente immutabilità che non può essere neppure lontanamente discussa. E questo passare le regole senza esplicitarle, non sembra creare conflitti. E’, secondo noi, illuminante un esempio. Il ragazzo si è fatto una fionda, con una forcella di legno di noce ed elastico da vecchie mutande. Fallisce ogni volta che cerca di abbattere passeri. Allora rivolge la sua mira ad una gallina. E questa volta fa centro sulla testa della gallina, che muore. La ministra dell’Interno, addetta al pollaio, fa un solo commento: Desèrt. Evidente che colui che tira alle galline ha deserto nella testa. Tanto basta, come insegnamento potentissimo.

Tutto il racconto è giocato con questa estrema leggerezza. Come se, nonostante che il ragazzo sia in piena adolescenza e in un periodo storico che è presumibilmente quello degli anni Settanta del Novecento, accettasse come dato di fatto ciò che viene a lui trasmesso come regole di comportamento e di vita. Obiettare non era nel costume dell’epoca, e infatti non lo feci: sappiamo bene che la verità, per quel periodo particolare era ben altra. Il protagonista accetta le regole non tanto perché questo faceva parte del costume dell’epoca, ma per il semplice fatto che a lui non faceva fatica accettare quelle regole. Le tre zie/ministre si presentano come sostituti genitoriali sostenuti da queste antiche, imperturbabili, indefettibili e accettate regole. Da queste regole il protagonista ricava una tranquilla e serena sicurezza che, probabilmente, non vorrebbe mai modificare. Ad un certo punto però sono le tre ministre che impongono la rottura di fatto di tutte le regole (mantenendo quella regola dal protagonista esplicitata con obiettare non era nel costume dell’epoca) decidendo che il nipote deve andare a studiare medicina, per diventare un futuro ministro della Sanità. Ministero che certo dovrà in primis esercitarsi nel regno da loro amministrato e sostenuto, ma sicuramente un ministro di Sanità anche per tutto il resto del mondo dove dovrà esercitatore la sua professione. Decidono cioè per una soluzione che appare paradossale: è arrivato quel momento nel quale è necessario allontanare quel nipote troppo osservante delle antiche regole e che, per questo, rischia la non autonomia e la sua dipendenza da quel mondo per sempre. La loro forza educativa è stata quella di capire che questo ragazzo non avrebbe avuto la capacità di fare da sé scelte di autonomia e, poiché è un osservante delle regole senza contrapporvisi, lo mandano di fatto nel mondo dandogli spazio e fiducia nelle sue capacità, sicuramente convinte che un giorno sarà in grado di crearsi a sua volta un proprio sistema di regole altrettanto funzionale al suo sistema di relazioni.

 

Per saperne di più del progetto “Riletture in chiave SF”  clicca qui

autore

Giuseppe Sparnacci

Psicologo e psicoterapeuta, sono padre separato di un figlio e nonno di tre nipoti. Già autore di uno dei racconti di smALLholidays, il secondo titolo della collana smALLbooks per Smallfamilies® (Cinquesensi Editore), sostengo le attività dell’associazione e per il sito mi occupo, insieme con Laura Lombardi, del progetto “Riletture in chiave Sf”.

lascia un commento