Corpo Spirito Mente ESPERTI - consigli & convenzioni

Scrivere un diario per essere vigili e vulnerabili nella speranza

scritto da Benedetta Silj

La pace non è anestesia ma intelligenza della tragedia” (A.N. Whitehead)

 

Invito alla scrittura quotidiana del diario personale come possibile atto di cura (tra tanti altri) per l’angoscia del contagio nei giorni del corona virus.

Sono giorni, questi della pandemia da corona virus, che costellano una esperienza a qualche grado inelaborabile per la nostra ricettività psichica, emotiva, affettiva e spirituale.

Il difficilmente elaborabile si presenta sulla terra come evento reale sovraordinato alla fragilità e all’ impotenza umana. Il non elaborabile per eccellenza è la morte. Per morire da vivi, cioè per amare la bellezza della vita pur nell’incognita del tempo assegnatoci, è necessario farsi presenti al non elaborabile. Farsi presenti al non elaborabile è la preghiera.

L’arte. La poesia. La scrittura di un diario è una delle risposte possibili al non elaborabile come atto di preghiera intima, laica se si vuole.

Non occorrono certificazioni o titoli per tenere un diario vigile: “Forget your perfect offering” canta Leonard Cohen in Anthem, inno alla “crepa” da cui entra la luce.

Bisogna tentare di mettere in forma ciò che nel cuore è “conosciuto” ma che stenta a essere “pensato” in parole.

Osiamo tenere un diario affinché l’umile tremore creaturale di ciascuno sia eletto alla dignità del pensiero e della parola sorgiva, della testimonianza finemente ascoltata nel proprio corpo e nella propria fragilità interrelata al tutto.

Proteggiamo il pensiero simbolico, che è ponte di senso tra gli umani e tra le città tutte, al suo sorgere intimo in un laboratorio soggettivo e discreto, accogliente, libero da mimetismi e automatismi, per evitare di naufragare muti nell’onda soverchiante dell’angoscia collettiva e dei suoi derivati.

Oltre alla prodigiosa eroica amicizia del soccorso medico e della responsabilità civile, infatti, occorrono anche atti invisibili di presenza soggettiva all’inelaborabile dell’emergenza collettiva.

Scrivere un diario può significare che diveniamo più capaci di abilitare il pensiero e il sentire soggettivo per armonizzarlo alla collettività in modo delicato, soppesato e non robotico.

Siamo invasi dall’allarme e può diventare difficile riuscire a “pensare” davvero ciò che stiamo registrando.

Possiamo scrivere un diario, giorno per giorno, ciascuno nelle modalità concrete che preferisce? A mano, in un quaderno, in un file, sul pc.

Scrivete ciò che sentite dentro e se non sentite niente descrivete questo niente.

“Amate le domande…”. Giorno, mese, anno. Come mi sento, cosa sento, cosa vedo, cosa intuisco, cosa imparo, cosa temo, in quali modi mi sento di aiuto agli altri, cosa mi conforta, cosa mi stordisce, cosa mi estrania, cosa ho sognato questa notte, cosa ottenebra la mia speranza, cosa la dischiude.

Attenzione: non condividete i contenuti del diario in modo esibizionistico e compulsivo. Non “pubblicateli”!

Tutelate questo laboratorio intimo e semmai descrivete agli altri il processo di scrittura, se per voi funziona, se vi aiuta. Date però ai contenuti, ai vostri più intimi pensieri, un ricovero protetto. Date ai contenuti il tempo di gestazione di cui hanno bisogno i semi sotto la neve.

Rendiamo intellegibile – in un alveo protetto – ciò che non sappiamo ancora di sapere e ciò che non speriamo ancora di saper sperare.

 

NOTA

L’immagine che accompagna questo post è un’opera del pittore inglese Edmund Blair Leighton (1852-1922)

autore

Benedetta Silj

Sono analista biografico a orientamento filosofico (www.sabof.it) e ideatrice, con Carla di Quinzio, dei due Sportelli per "madri sole" e per "padri soli", iniziativa nata in collaborazione tra Philo, Sabof e Smallfamilies aps. Per questo sito scrivo consigli/interventi/risposte/ per l'area "Corpo-Spirito-Mente".

lascia un commento