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Di che cosa parliamo quando parliamo di famiglia monogenitoriale?

scritto da Gisella Bassanini

Cosa si intende davvero per famiglia monoparentale (o di famiglia monogenitoriale)? Le famiglie dei genitori separati o divorziati rientrano in questa categoria? E se sì, in che modo? Una riflessione necessaria per fare chiarezza.

Lo spunto di partenza ce lo dà la sociologa Chiara Saraceno, che nel suo ultimo libro (Coppie e famiglie. Non è questione di natura, Feltrinelli, 2012) scrive dei cambiamenti demografici e culturali che stanno coinvolgendo la famiglia e che anche in Italia iniziano a essere osservati ed affrontati con l’attenzione che meritano.

All’incrocio tra demografia, storia, cultura e norme, la famiglia si presenta oggi come un “fenomeno cangiante, un caleidoscopio”, che rivela in tutta la sua complessità una tensione (più che una crisi) per le trasformazioni che la attraversano.

Una parte del libro è dedicata alle famiglie monogenitoriali, ai figli/alle figlie con un solo genitore o figli/figlie di genitori soli. In Europa, salvo la parziale eccezione di Inghilterra e Irlanda dove l’incidenza di madri nubili in età molto giovane è relativamente alta (soprattutto nei ceti sociali economicamente più svantaggiati), si tratta perlopiù di nuclei familiari che provengono da una rottura di coppia (si parla del 70-80% dei casi). Una separazione anche fisica (due genitori, due case) che non determina necessariamente l’interruzione dei rapporti e delle responsabilità genitoriali da parte del genitore con il quale i figli e le figlie non vivono più quotidianamente. Ecco perché – evidenzia Saraceno facendo sua l’indicazione di altri studiosi – sarebbe più corretto parlare di “bifamiglia-bigenitore” anziché di “famiglia monogenitoriale”. Ciò è sempre più vero anche sul piano pratico, continua la sociologa, mano a mano che si diffonde l’affido congiunto che in alcuni paesi, per esempio la Francia, si accompagna alla doppia residenza anagrafica.

Seguendo questa linea di pensiero, si dovrebbe allora cominciare a parlare di monogenitorialità solo quando l’altro genitore è davvero assente: per morte o per scelta intenzionale propria, oppure quando la madre decide di fare un figlio da sola, senza coinvolgere nella genitorialità il padre biologico. Tuttavia sappiamo bene, leggendo i dati o semplicemente osservando molte storie familiari anche a noi vicine, che non sono pochi i casi in cui alla genitorialità biologica non si accompagna una genitorialità relazionale (per usare il linguaggio della Saraceno), una assunzione di responsabilità, sebbene questa sia sancita dalle norme. In questi casi si è “bigenitori” sulla carta ma “monogenitori” nella vita vissuta.

Il dibattito su quale espressione sia più corretto utilizzare, a partire dal quadro sociale e familiare che si va sempre più delineando nei numeri come nelle esperienze concrete, è solo all’inizio ma forse, e proprio per questo, vale la pena cominciare a discuterne seriamente: per tentare di districare tutte le diverse dimensioni che coinvolgono ciò che chiamiamo “famiglia”, per far corrispondere alle cose il loro giusto nome.

 

 

Foto di S. Hermann & F. Richter da Pixabay

autore

Gisella Bassanini

Docente e ricercatrice, ho una figlia, Matilde Sofia. Coordino le attività di  Smallfamilies aps di cui sono fondatrice e presidente.  Seguo in particolare  l’area  welfare e policy, le questioni legate all’abitare e per il nostro Osservatorio mi occupo dello sviluppo  di  progetti di ricerca sulle famiglie monogenitoriali e più in generale sulle “famiglie a geometria variabile”.

Abito a Milano (città che amo) e, dopo la laurea in architettura al Politecnico di Milano,  ho trascorso molti anni  impegnata  in università (dottorato di ricerca, docenza, scrittura di libri) e nella libera professione (sviluppo di processi partecipativi,  piani dei tempi e degli orari della città, approccio di genere nella progettazione architettonica e nella pianificazione urbana). Ora insegno materie artistiche nella scuola pubblica e continuo nella mia attività di studio e ricerca in modo indipendente. La nascita di mia figlia nel 2001 ha trasformato profondamente (e in meglio) la mia vita, nonostante la fatica di crescerla da sola. Da allora, il desiderio di fare qualcosa per-e-con chi si trova a vivere una condizione analoga è diventato ogni giorno più forte. Da questa voglia di fare e di condividere, e dall’incontro con Michele Giulini ed Erika Freschi, è nata Smallfamilies aps, sintesi ideale della mia storia personale e del mio percorso professionale.

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