STORIE

Georgeta e Viviana

scritto da SF storie

Questa è la storia di Georgeta, rumena, e di sua figlia, italiana. Questa è una storia molto difficile e vorremmo non si ripetesse mai più.

Mi chiamo Georgeta sono nata in Romania e sono venuta in Italia 17 anni fa. Ho 44 anni e lavoro come cameriera di sala in un ristorante di Milano. Mi sono sposata con un italiano ma dopo nove mesi ci siamo separati. Durante il periodo della separazione, ho incontrato un altro uomo, il quale mi ha detto solo in un secondo tempo che era sposato. Lui è diventato poco tempo dopo, il padre di mia figlia. Siamo andati da un avvocato il quale mi ha domandato se fossi sicura che il padre del bambino che portavo in grembo non fosse del mio ex marito e non del mio attuale compagno. Ero certa che il bambino non fosse del mio ex marito. Il mio nuovo compagno avrebbe voluto che io abortissi ma essendo di religione ortodossa, non me la sono sentita. Siamo andati insieme al consultorio familiare dove mi hanno detto che avevo solo un mese per poter decidere se tenere o meno il bambino. Lui mi ha detto chiaramente che se avessi deciso di tenere il bambino, l’avrei dovuto crescere da sola. E’ stata una gravidanza difficile, dopo la prima minaccia d’aborto, ho avuto moltissimi problemi ed in seguito, ho avuto una seconda minaccia d’aborto. Il papà della bambina era al corrente della situazione e per un periodo mi ha dato anche una mano, nella speranza che io decidessi di non portare avanti la gravidanza. Ribadiva la sua posizione, lui il bambino non lo voleva e cosi l’ho cacciato di casa. Poco dopo è nata la mia bambina. Il suo papà si è fatto vivo con mia sorella, la quale gli ha detto che se non avesse voluto vedere me, avrebbe comunque potuto vedere la nostra bambina. La bimba non l’ha chiaramente riconosciuta. In accordo con mia sorella, abbiamo deciso di tornare in Romania con la bambina e per un anno siamo rimaste li con la nostra famiglia. Ho deciso un anno dopo di tornare in Italia per cercare un lavoro anche se avrei dovuto lasciare la bambina in Romania. Per tre anni la piccola è rimasta con i nonni. Appena è stato possibile ho portato mia figlia in Italia e l’ho iscritta alla scuola materna.

Chi è mio padre? Crescendo, mia figlia, per altro una bambina molto sveglia, ha iniziato a fare domande sul padre, che nel frattempo era sparito dalla nostra vita. Di fronte alle insistenze della bambina, ho deciso di cercare suo padre. Fin dall’inizio, ho raccontato a mia figlia la verità, dicendole che il suo papà, non se l’era sentita di avere una famiglia e cosi se n’è andato via. Attraverso un avvocato e mille ricerche, molto tempo dopo, sono riuscita a rintracciarlo. Per circa sei mesi, ho temporeggiato ma a seguito dell’insistenza di mia figlia, non ho potuto fare altro che chiedere a lui d’incontrarla, dopo essermi consultata con il mio avvocato. Non avevo voglia di rivedere l’uomo che ci ha abbandonate ma sotto le pressioni di mia figlia, non ho potuto fare altrimenti. Attraverso degli amici, ho saputo che negli ultimi anni, lui si era separato dall’ex moglie e che ora aspettava il secondo bambino dalla sua attuale compagna. Non volevo sconvolgerlo e cosi ho aspettato un po’. Nel 2006, dopo mille telefonate alle quali lui non rispondeva, finalmente ci siamo incontrati. Mi disse che ora ha una nuova famiglia e che nessuno della loro famiglia, a parte la compagna, sapeva dell’esistenza di mia-nostra figlia. La notizia, avrebbe sconvolto la vita di tutti e temeva che prima o poi venisse a galla la verità. Ad ogni modo, decise d’incontrare nostra figlia. L’incontro con la bambina. Quel giorno, non volle salire in casa, ci aspettò fuori, accanto al portone. Presentai mia-nostra figlia a suo padre. La bambina era felice sebbene un po’ intimidita da quell’uomo che doveva essere suo padre. Siamo andati tutti e tre in un bar vicino casa e tra un caffè ed un gelato, lui gli disse che sapeva della sua esistenza e gli disse anche che lei aveva due sorelle più piccole. Gli fece vedere le foto delle sue figlie sul cellulare. Speravo non lo facesse e nemmeno avrei pensato che avrebbe potuto, al primo incontro, dirle della sua famiglia. Ero arrabbiata per questo, come si fa a dire ad una bambina di sei anni che fino al giorno prima non aveva visto il viso di suo padre, che aveva due sorelle? La bambina era contenta dell’esistenza delle due sorelline e ovviamente, spinta dalla curiosità tipica dei bambini, voleva vedere anche loro. “ Non è il momento ora, avrai tempo più avanti, non ti preoccupare”, la liquidò con queste parole. Da quel giorno la bambina lo vide una seconda volta, dopo di che sparì per altri lunghi mesi. Avevo perso il lavoro, sono stata licenziata senza giusta causa e i soldi iniziavano a venire a mancare.

Il riconoscimento legale della bambina. Quando lui si rifece vivo, gli proposi di riconoscere la bambina e con mia grande sorpresa, accettò, ma a due condizioni: la prima che ci fosse un test del Dna che ne attesti la paternità biologica e la seconda condizione era che una volta stabilità la paternità, avrebbe voluto che la bambina portasse il suo cognome o il cognome di entrambi. Mia figlia non voleva cambiare il suo cognome: per quale ragione avrebbe dovuto portare il cognome di quest’uomo che solo ora, a distanza di sette anni, si è presentato davanti a lei dicendo che era sua padre, senza mai interessarsene prima? Anche una bambina in tenera età, si rende conto di essere stata rifiutata. Il test del Dna confermò che il padre era lui e di comune accordo, anche con mia figlia, decidemmo di lasciare al Giudice, la decisione per il cambio del cognome. Abbiamo preparato le carte necessarie al riconoscimento della bambina e l’avvocato mi consigliò di inserire poche righe, riguardo l’intenzione di chiedere in futuro, il mantenimento della bambina.

Quando fummo convocati dal giudice, mi figlia voleva assolutamente venire in Tribunale e si domandava: “ Perché non mi vogliono ascoltare? I grandi possono essere cattivi, io no”. Era troppo piccola ma alla fine ha voluto accompagnare me e mia sorella alla prima udienza. Durante l’udienza lui disse che sono stata io a sparire dalla sua vita. Incredibile. Sono stata “invitata” a cercarmi un lavoro e il tutto è stato rimandato in una seconda udienza. Il mio ex compagno, ha chiesto la patria potestà e il cambio di cognome della bambina. Ho fatto ricorso, mia figlia il suo cognome, non lo voleva. Posso far valere i diritti di mia figlia, oppure no? Durante la seconda udienza, la patria potestà è stata riconosciuta e il cognome di mia figlia è rimasto il mio ed è stato stabilito un mantenimento per la bambina. Dal momento in cui il mo ex compagno è ricomparso nella nostra vita, ho cercato di farlo avvicinarlo sempre di più a mia figlia e gli ho sempre dato massima disponibilità.

Le due sorelline. Durante gli incontri successivi, suo padre, le parlava spesso delle due sue figlie e cresceva in lei, il desiderio di conoscere le sue nuove sorelle. Speravo che lui facesse incontrare le bambine ma assolutamente non era possibile. Non voleva far sapere a nessuno dell’esistenza di questa bambina che inevitabilmente avrebbe rotto il suo equilibrio familiare. Quando veniva a trovarla, se ne stava in casa con lei, non la portava fuori al parco giochi o a fare una passeggiata. La bambina comunque stava bene, era migliorata a scuola e visibilmente più serena anche se, ora, stava crescendo in lei il forte desiderio di conoscere le due sorelle. Di punto in bianco lui sparì nuovamente. Per altri sette mesi non ho avuto sue notizie e non ho più ricevuto gli assegni di mantenimento. L’ho denunciato. In quel periodo i soldi erano pochissimi e l’assegno era importante per noi. Ricomparve il giorno della festa di fine anno della scuola, la bambina era in quarta elementare. Mia figlia, fino a quel giorno, soffriva molto per l’assenza ingiustificata del padre, si sentì abbandonata una seconda volta. Ho chiesto aiuto alle maestre e ai servizi sociali che però, tutto sommato, non mi hanno aiutato molto.

Suo padre, un uomo assente. Quel giorno ho pregato suo padre di non sparire più e di chiamare nostra figlia ogni tanto, cosi per sapere come sta. Con i pochi soldi che avevo, ho comprato un cellulare a mia figlia per essere contattata direttamente dal papà. Quel cellulare non ha mai squillato. Cresce, ogni giorno, il desiderio di mia figlia di conoscere le sue sorelle. Perché dire alla bambina dell’esistenza di due sorelline, nel momento in cui, non si ha il coraggio di prendersi le proprie responsabilità? L’ho rivisto in tribunale a seguito della denuncia che ho fatto per il mancato mantenimento. Le sue visite sono sempre più sporadiche e non risponde mai alle mie telefonate. La bambina è arrabbiata con lui e ora sto lottando perché mi figlia abbia un papà accanto e se questo non sarà possibile, deve essere lui, a dirle in faccia che suo padre non lo rivedrà più.

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SF storie

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