Émile Durkheim nel 1888 scrisse: «Non esiste un modo di essere e di vivere che sia il migliore di tutti […] La famiglia di oggi non è né più né meno perfetta di quella di una volta: è diversa, perché le circostanza sono diverse».
Sarà vero?
Fino al 1950 in Italia ha continuato ad esistere una famiglia di tipo “tradizionale”, che prevedeva l’indissolubilità del matrimonio e una precisa divisione dei ruoli tra i coniugi (sbilanciata a danno della donna).
Nei decenni successivi è avvenuto invece un complesso mutamento sociale e culturale: il processo di liberalizzazione della sfera sessuale, che ha portato, almeno sulla carta, alla parificazione tra i coniugi.
La vera rivoluzione si è avuta con l’introduzione del divorzio, che ha culturalmente accolto una nuova concezione della famiglia che fino a quel momento era rimasta ai margini: la famiglia monogenitoriale e, in senso più ampio, quella parentale.
Ma come possono essere definite questi nuovi istituti?
Per famiglia monogenitoriale s’intende il nucleo dove sia presente un solo genitore con almeno un figlio minore convivente o maggiorenne non economicamente autonomo.
Più complesso è la definizione di famiglia monoparentale, mancando una definizione internazionale riconosciuta.
Il Parlamento Europeo, conscio delle diverse realtà degli Stati membri, ha adottato una definizione vincolante per tutti e ha inteso la famiglia monoparentale come la “realtà differenziate quali genitori che vivono soli con uno o più figli,coppie non legalmente coniugate con figli, genitori soli conviventi oltre che con figli con altri parenti, nuclei di persone conviventi senza vincolo di coppia o di filiazione”.
Se si tratta di famiglie monoparentali perché nel testo di legge sono comprese le coppie non legalmente coniugate? Si è trattato di una svista del legislatore o possiamo azzardare delle ipotesi interpretative?
Noi vorremmo proporne un paio, in attesa di ulteriori chiarimenti, magari mediante gli interventi dei lettori:
1) Spesso nei paesi del nord Europa le coppie non coniugate con figli non vivono nella stessa casa, pur mantenendo un rapporto d’amore e di sostegno economico reciproco: sono, pertanto, famiglie monoparentali. Il legislatore ha dato per scontato che le coppie indicate nell’articolo non vivessero insieme ma, visto che si parla di nuclei monoparentali, si può andare solo in questa direzione.
2) Il termine coppia non coniugata con figli è stata introdotta per distinguerla dai genitori (coniugati) con figli; per evitare cioè che alcuni paesi membri ne dessero un’interpretazione restrittiva, non riconoscendo le famiglie di fatto. Questa interpretazione ha un suo valore se si tiene conto della finalità della legge in cui l’articolo è inserito: aiutare questi nuclei (soprattutto le mamme single che sono in maggioranza). In questo senso, nessun paese membro, nell’aiutare le famiglie con un solo genitore e con figli minori a carico, può attuare una politica discriminatoria ai danni del genitore non coniugato.
In Italia i concetti di famiglia monogenitoriale e monoparentale si usano indistintamente per indicare quel nucleo composto dal genitore e figli minori o maggiorenni a carico, dimenticando tutte le altre realtà che la famiglia monoparentale abbraccia: nonna sola con il nipote minorenne; un adulto affidatario di un minore; una sorella maggiorenne che si fa carico della sorellina minorenne, ecc.
L’aspetto più importante di queste realtà è la centralità che ha assunto il figlio nel nostro ordinamento. La legge 219 del 2012 (che avremo modo di approfondire in seguito) è tutta incentrata alla tutela dei minori: parificazione dei figli naturali e legittimi; residenza prevalente del minore per i provvedimenti che lo riguardano; riconoscimento del ruolo dei nonni nella vita del bambino; la responsabilità genitoriale che sostituisce la potestà genitoriale.
La famiglia è sulla via dell’emancipazione, ma è ancora lontana dal raggiungere il traguardo. Penso alle coppie di fatto che non sono ancora famiglie nel nostro ordinamento o ai matrimoni gay; alla possibilità che una single possano adottare un bambino senza passare dal matrimonio o la possibilità che sia un single a farlo.
Occorre un cambiamento culturale, prima che giuridico. Per quanto ci riguarda è solo l’inizio.