Diritti e Doveri ESPERTI - consigli & convenzioni

Patto genitoriale

scritto da Cristina Mordiglia

L’idea che di fronte all’impossibilità, vera o presunta, di non riuscire a trovare un accordo per la gestione condivisa dei figli e delle loro problematiche durante la separazione e il divorzio, si debba necessariamente andare davanti ad un Giudice che sostituendosi ai genitori, decida per loro conto, pare fortunatamente essere sempre più messa in discussione.

Ed ora sembra essere finalmente privilegiata anche dagli stessi Giudici, che ben sanno quanto un accordo condiviso e costruito dagli stessi genitori abbia una maggiore solidità e sia più facile da rispettare piuttosto che una decisione imposta dall’esterno.

Vari sono i modi con cui si può arrivare a portare i genitori a collaborare. Non ultimo anche quello di sperimentare quanto gravoso possa essere dare avvio e poi proseguire in un processo giudiziario in cui attacco e difesa si alternano provocatoriamente e circolarmente, senza essere di aiuto alle parti, e soprattutto inasprendo i rapporti tra i genitori e rendendo difficile la possibilità di invertire la marcia, e poi anche il percorso.

Queste difficoltà paiono essere state superate nel caso della coppia di medici di cui al “patto genitoriale” esaminato nell’articolo, raggiunto su espresso invito del Giudice che ha chiesto alle parti, che a loro volta hanno accettato, di farsi affiancare da due esperti, aventi il ruolo di “coordinatori genitoriali”.

Queste figure, debitamente formate ad accompagnare i genitori ad un reciproco ascolto dei bisogni dei figli e dei loro, ad una visione di insieme della nuova famiglia, trasformata dopo il divorzio dei genitori, ma ancora legata nella sua storia, passata e futura, hanno un compito non facile e delicatissimo. I professionisti (due psicologi) inseriti con autorizzazione del Giudice a processo già iniziato e in una situazione di escalation del conflitto, hanno il compito di aiutare i genitori a ricominciare a parlarsi, a deporre le armi ed ad imboccare la nuova strada della collaborazione.

Ma quale sarà allora il ruolo dei legali? Saranno disposti a farsi da parte, favorendo il cambiamento?

Nel caso in esame parrebbe che ci sia stata una delega ai “coordinatori genitoriali” che hanno ben saputo lavorare con le parti e portarle a co-costruire un accordo complessivo condiviso che regoli i rapporti genitoriali nei minimi dettagli.

Diverso è il caso in cui si riesce ad intercettare fin dall’inizio i desideri, più o meno consapevoli, dei genitori per lavorare fin da subito in un’unica direzione, con professionisti formati al metodo collaborativo, in grado di gestire la lite al di fuori delle aule del Tribunale.

Purtroppo la Pratica Collaborativa (www.praticacollaborativa.it) è ancora poco conosciuta, e ancora priva di una specifica legislazione di riferimento ritagliandosi il suo spazio nell’ampia autonomia concessa dalla cornice della “negoziazione assistita”, e il numero dei professionisti formati al nuovo metodo è ancora limitato. Non vi è dubbio tuttavia che l’orientamento ormai favorito anche dall’entrata in vigore della “Legge Cartabia” sia quello di agevolare tutte le modalità per affrontare il conflitto alternative al giudizio, che ormai pare essere diventata l’ultimo percorso da intraprendere, e proprio solo quando tutti gli altri si siano rivelati impossibili da percorrere.

E questo finalmente non più solo con lo scopo dichiarato di alleggerire il fardello dei Giudici ma con la chiara consapevolezza che l’approccio collaborativo sia la via privilegiata da percorrere per aiutare le parti a continuare a mantenere dei legami che non possono e non devono venire interrotti da un conflitto profondo e non risolto, primo tra tutti è quello tra due  genitori.

 

Foto di PublicDomainPictures da Pixabay

autore

Cristina Mordiglia

Curatrice del libro “Pratica collaborativa, approfondiamo il dialogo” di J. Nancy Cameron (Bruno Mondadori 2016), sono avvocato milanese con esperienza trentennale in ambito del diritto di famiglia e civile in generale. Pur utilizzandoanche i metodi tradizionali per affrontare il conflitto familiare, mi sono formata alla Pratica Collaborativa e sono impegnata per la diffusione in Italia di questo metodo innovativo, finalizzato a valorizzare le persone come risorse attive nell'ambito del loro conflitto. Sono mamma di due figli in una famiglia allargata, direi ben riuscita, ed ora nonna di quattro nipoti. Per Smallfamilies@ scrivo nella sezione Diritti e Doveri.

lascia un commento