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Sanremo, vincitori e assenze

Ed eccomi qui, torno tra queste pagine dopo qualche assenza e lo faccio per parlare di assenze, con la scusa della canzone di Alessandro Mahmood, che ha vinto quest’anno il Festival di Sanremo.

“Soldi”

Per me è stata un colpo al cuore.

Non sarei entrata nel dibattito se non fosse stato per il testo: non mi interessano l’origine di questo giovane cantante, né il suo timbro musicale né la sua armonia.

Lui scrive da figlio abbandonato.

E a me viene un nodo alla gola ogni volta che lo ascolto.

Sono la mamma di un bambino italo-senegalese: quella italiana sono io, il papà è senegalese.

Il papà è anche il mio ex marito, amato, sposato e poi lasciato andare, per molti e diversi motivi.

Noi, come coppia, non abbiamo funzionato, più per una questione di carattere che culturale: credo che di base avessimo gli stessi difetti ed è spaventoso specchiarsi ogni giorno in un altro uguale a te.

Così dopo cinque anni ci siamo separati, ma in realtà di tempo insieme ne abbiamo passato davvero poco – un mese quando ci siamo conosciuti, una settimana quando ci siamo sposati, tre mesi quando sono rimasta incinta e un anno e mezzo quando è nato mio figlio.

Poi lui se n’è andato e non c’è più stato tempo di volersi bene.

E io continuo a dire “mio” figlio e non “nostro” figlio, perché le notizie che abbiamo da lui non sono più frequenti di una telefonata una volta al mese quando siamo fortunati.

Ecco, io capisco tutto, perché davvero capisco tutte le sue difficoltà di uomo, immigrato, nero, in un paese faticoso e respingente come l’Italia: è dovuto andare via per poter lavorare e sopravvivere.

Lui non è più un marito.

E che la sua esperienza europea si fosse conclusa, lo sapevo anche prima di sposarlo: l’ha riaperta per me, ma non fa per lui. Lo sapevo e non lo biasimo, anzi gli sono grata per averci provato.

Ma è biologicamente un papà, il papà di un bambino che lo adora e che soffre, perché lo vede una volta all’anno. E un papà non può lasciare solo suo figlio per tutto questo tempo.

Comprendere e dare giudizi netti, è questo lo strappo che tocca a chi resta.

È un dolore enorme, vedere tuo figlio che soffre.

La sofferenza per un padre assente non ha niente che si possa dire simile.

E l’assenza, cari papà tutti, non si misura in ore, ma in gesti: una telefonata è molto meglio, mille volte meglio di nessuna telefonata, anche una telefonata con poche parole, una videochiamata con poca connessione, un regalo scelto e mandato di persona, una lettera scritta a mano che arriva nella cassetta della posta.

Avete l’occasione, nella distanza, di mettere alla prova la vostra creatività.

Quel gesto non sarebbe solo un gesto: quel gesto significa l’autostima e l’amore che i figli nutrono per sé stessi, per la vita, per le relazioni. Quel gesto significa essere papà.

Non fare quei gesti, significa non essere papà.

Gli sono grata per avermi dato un figlio straordinario, non lo perdonerò mai per tutte le volte in cui, anche inconsapevolmente, lo fa sentire abbandonato.

Bene, questa è la mia famiglia.

Mahmood racconta un’esperienza simile, ma diversa.

Ogni singola situazione va analizzata alla luce di un solo giudizio definitivo: un figlio lasciato solo SI SENTE abbandonato. Su questo non si discute e non si scende a compromessi e non si cerca di dire al figlio che non deve sentirsi abbandonato, perché lui ci si sente.

Si cerca di fargli capire, con ogni mezzo possibile, che non è colpa sua.

E lo si ama, tanto.

Poi possiamo valutare le ragioni di un genitore che magari fa sacrifici a distanza e in silenzio, o quelle di chi sparisce del tutto, o quelle di chi torna aggressivamente o subdolamente – valutarle, ma non giustificarle, capirne i meccanismi senza sminuire il male che (volontariamente o meno) quelle scelte hanno fatto.

Infine possiamo valutare se, una volta cambiate le condizioni, quel genitore possa/debba riavvicinarsi al figlio abbandonato.

E per ultimo possiamo stare vicini a quella famiglia perché quel dolore, volontariamente causato o meno, possa restare nell’ombra e lasciare spazio a nuovo amore.

Io credo che convivere con l’abbandono sia una delle cose più difficili che una ragazzina o un ragazzino sia chiamato a fare: non è impossibile vivere bene, anzi! Ne abbiamo mille splendidi esempi. Ma non è negando, né sottovalutando, che li si aiuta.

Li si aiuta amandoli. Tanto.

 

Testo
In periferia fa molto caldo
Mamma stai tranquilla sto arrivando
Te la prenderai per un bugiardo
Ti sembrava amore ma era altro
Beve champagne sotto Ramadan
Alla TV danno Jackie Chan
Fuma narghilè mi chiede come va
Mi chiede come va, come va, come va
Sai già come va, come va, come va
Penso più veloce per capire se domani tu mi fregherai
Non ho tempo per chiarire perché solo ora so cosa sei
È difficile stare al mondo quando perdi l’orgoglio
Lasci casa in un giorno
Tu dimmi se
Pensavi solo ai soldi, soldi
Come se avessi avuto soldi, soldi
Dimmi se ti manco o te ne fotti, fotti
Mi chiedevi come va, come va, come va
Adesso come va, come va, come va
Ciò che devi dire non l’hai detto
Tradire è una pallottola nel petto
Prendi tutta la tua carità
Menti a casa ma lo sai che lo sa
Su una sedia lei mi chiederà
Mi chiede come va, come va, come va
Sai già come va, come va, come va
Penso più veloce per capire se domani tu mi fregherai
Non ho tempo per chiarire perché solo ora so cosa sei
È difficile stare al mondo
Quando perdi l’orgoglio
Ho capito in un secondo che tu da me
Volevi solo soldi
Come se avessi avuto soldi, soldi
Prima mi parlavi fino a tardi, tardi
Mi chiedevi come va, come va, come va
Adesso come va, come va, come va
Waladi waladi habibi ta3ala hina
Mi dicevi giocando giocando con aria fiera
Waladi waladi habibi sembrava vera
La voglia, la voglia di tornare come prima
Io da te non ho voluto soldi
È difficile stare al mondo
Quando perdi l’orgoglio
Lasci casa in un giorno
Tu dimmi se
Volevi solo soldi, soldi
Come se avessi avuto soldi, soldi
Lasci la città ma nessuno lo sa
Ieri eri qua ora dove sei, papà
Mi chiedi come va, come va, come va
Sai già come va, come va, come va
Compositori: Alessandro Mahmoud / Dario Faini

autore

Cristina Sebastiani

Consulente per l’immigrazione e le coppie miste, madre di un bambino, collaboro al sito con interventi mirati sul tema. Ho scritto anche uno dei racconti dell’antologia smALLholidays, secondo titolo della collana smALLbooks per Smallfamilies® (Cinquesensi Editore) e firmo post nella sezione “Diario d’Autori”. Faccio parte della rete dei servizi convenzionati con l’associazione.

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